Tagliere di legno chiaro con salamini, fette di salame e prosciutto crudo; concept: salumi, affettati

Da consumare con moderazione: potrebbe essere scritto alla voce “segni particolari” della carta d’identità dei salumi. Ancora oggi, infatti, questi prodotti sono considerati più un piacere che un reale “alimento”, dalla gente e anche dai medici. Almeno in teoria, perché nella pratica – siamo un popolo di edonisti – i salumi sono tra i prodotti di origine animale più consumati dopo latte e derivati.

La tradizione e la storia che rendono i prosciutti, i salami e gli insaccati italiani famosi nel mondo, in un certo senso sono anche la loro condanna. Oggi  l’attenzione è sempre di più spostata sugli aspetti salutistici,  e questi prodotti un pò cristallizzati in un tempo lontano sono un pò cambiati, anche se questo rinnovamento non viene sempre percepito dai consumatori.

Le ultime analisi sui valori nutrizionali dei salumi italiani risalgono al 1993 anche se in quasi vent’anni molte cose sono cambiate. L’industria alimentare si è impegnata nel miglioramento delle tecniche di produzione per soddisfare meglio le esigenze dietetiche moderne, senza  penalizzare il risultato sotto il profilo del gusto. Per questo motivo è migliorato il contenuto di grassi, vitamine e minerali, ed è stato ridotto il contenuto di sale.

Lo studio sui salumi

È quanto emerge da un lavoro condotto insieme da l’Istituto salumi italiani tutelati, l’Istituto valorizzazione dei salumi italiani, l’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (Inran) e la Stazione sperimentale per l’industria della conserve alimentari di Parma che hanno presentato i risultati delle nuove analisi sui salumi italiani.

Secondo il materiale informativo, dal 1993 a oggi il sale nei salumi si è molto ridotto grazie all’evoluzione dei sistemi di produzione, al controllo dei periodi di asciugatura e stagionatura e alla maggiore attenzione nella quantità e qualità delle spezie. Il contenuto di sale è diminuito in una percentuale che va dal 4% circa della coppa, fino a oltre il 45% del prosciutto cotto. Dalle analisi condotte, anche i nitrati, usati come conservante, sono diminuiti, mentre i nitriti risultano praticamente assenti. La ricerca ricorda che oggi la fonte più importante di sale nell’alimentazione non è il companatico, ma il pane e gli altri derivati dai cereali consumati quotidianamente dagli italiani.

I grassi

Sotto il profilo dei grassi, già ridotti nei decenni precedenti, c’è stato un ulteriore calo del contenuto lipidico ed è migliorata la composizione, in particolare per gli insaccati cotti (cotechino, prosciutto cotto, zampone), dove gli acidi grassi saturi sono diminuiti fino a quasi il 40%, mentre quelli insaturi sono passati dal 30% a oltre il 60% dei grassi totali. È diminuito un po’ anche il colesterolo, soprattutto in prosciutto cotto, pancetta, cotechino e sono cresciute le proteine. Il merito è dei mangimi per i suini a base di mais, orzo e soia.

Lo stesso è successo alle vitamine del gruppo B: già i dati del 1993 mostravano un elevato contenuto in particolare di B1, B2 e B3; dalle analisi attuali emerge una presenza significativa di vitamina B6 e di vitamina B12, di cui prima non erano disponibili dati. Per quanto riguarda i sali minerali, è soprattutto il livello di potassio a risultare particolarmente elevato rispetto alle quantità emerse dalle analisi del 1993: diversi salumi, con una sola porzione da 50 g. possono arrivare a coprirne in media più del 15% del fabbisogno giornaliero di un adulto (3.500 mg)

L’indagine nei supermercati

Se l’aggiornamento dei valori nutrizionali sottoscritto dall’Inran porta buone notizie nella teoria, il blogger Günther Karl Fuchs di Papille vagabonde si è preso la briga di andare a controllare come stanno le cose quando andiamo al supermercato.

Per prima cosa, l’autore nota una stranezza: e cioè l’assenza del Prosciutto  crudo di Parma nel dossier dei prodotti esaminati. Il salume più consumato in Italia non c’è ,mentre troviamo nella tabelle del dossier il prosciutto crudo di Modena e un generico “prosciutto crudo nazionale”.

L’autore sottolinea che l’indicazione del contenuto di  sale in etichetta è al momento è facoltativo: e forse per questo motivo quasi tutti i salumi osservati nei supermercati non riportano  il dato, a eccezione di Esselunga e Coop che nei salumi con il loro marchio indicano sia il contenuto di sale sia quello di di grassi saturi.

Günther Karl Fuchs ha visitato i supermercati situati nell’area Lugano, Chiasso, Como, Lecco  (Migros, Coop, Pam, Esselunga) – prendendo nota dei valori nutrizionali dei salumi venduti in vaschetta (gli unici che li riportano) vedi tabella.

Differenze elevate tra salumi

Risultato: rispetto ai valori messi a punto nella recente revisione, le differenze riscontrate tra  salumi della stessa tipologia  sono elevate. Per esempio per la Bresaola, l’Inran indica 2 g di grassi, mentre la maggior parte dei prodotti dei supermercati hanno valori superiori, compreso la Bresaola IGP con un valore doppio  rispetto ai dati dell’Inran ufficiali. Allo stesso modo, nel salame le calorie vanno dai 222 ai 415 (in quelli presi in esame dall’Inran da 384 a 411), nella Bologna i valori calorici sono inferiori al dato Inran: vanno da 256 a 276 calorie contro 288 per 100 g.

Orientarsi è quindi pò complicato – sottolinea il sito Papille Vagabonde – soprattutto  quando il salume è firmato da un’azienda che non riporta la tabella nutrizionale, come Ferrarini, Dal Zoppo e Rosa dell’angelo .

Günther Karl Fuchs conclude ricordando che nella piramide alimentare – pure avallata dall’Inran – i salumi sono nella parte alta, cioè fra i prodotti da consumare ogni tanto. E aggiunge: «È vero che contengono vitamine e sali minerali, ma sicuramente ci sono gruppi di alimenti che ne contengono in proporzione maggiore e hanno meno grassi e un costo minore per il consumatore (i salumi saranno buoni ma sono anche cari)».

Mariateresa Truncellito

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