Bisfenolo A e analoghi, ftalati, ritardanti di fiamma, per- e polifluoroalchili (Pfas), diossine, stabilizzanti UV e metalli pesanti come cadmio e piombo: è lunga la lista delle classi di sostanze, ciascuna delle quali contiene decine di composti, presenti nelle plastiche. E praticamente tutte hanno un impatto sulla salute umana. Conseguenze di cui a volte si sa molto, in altri casi molto meno, ma che dovrebbero essere tenute in maggiore considerazione. Così almeno la pensa la Endocrine Society, una società scientifica che riunisce decine di esperti di tutto il mondo, i quali hanno appena pubblicato insieme con i colleghi della Ipen (International pollutants elimination network) un dettagliato rapporto su quanto accertato finora.
Nel documento si legge che molti di questi composti sono interferenti endocrini (Edc), e possono causare cancro, diabete, disordini del sistema riproduttivo, danni allo sviluppo neurologico dei feti e dei bambini. Nonostante ciò, sono ubiquitari e sono presenti nel packaging, nei giocattoli, nei cosmetici, nelle auto, nei materiali per la casa, sono usati nella preparazione di alimenti industriali, oppure si sviluppano nella cottura: è praticamente impossibile non incontrarli nella vita di tutti i giorni.
Ecco allora le principali conclusioni su di essi e sulle altre sostanze contenute nel rapporto, in estrema sintesi:
- Oltre 140 tra sostanze o classi di sostanze la cui pericolosità per la salute umana è accertata sono normalmente utilizzate nelle plastiche come antimicrobici, coloranti, ritardanti di fiamma, solventi, stabilizzatori UV e plastificanti;
- L’esposizione può avvenire in tutte le fasi del ciclo vitale delle plastiche, dalla sintesi industriale (per chi ci lavora) al contatto e allo smaltimento o riciclo (per chi li usa da consumatore);
- Gli interferenti endocrini sono ubiquitari e diversi studi hanno dimostrato che virtualmente ogni abitante della terra ne ha quantità più o meno rilevanti nel proprio organismo;
- Le microplastiche contengono additivi che possono essere rilasciati ed entrare in contatto con la popolazione. Inoltre possono formare composti tossici con altre sostanze chimiche presenti nell’ambiente, per esempio nei sedimenti o negli scarichi delle fogne, trasformandosi in vettori di composti tossici;
- Le plastiche biodegradabili e le bioplastiche, pubblicizzate come più ecologiche di quelle convenzionali, spesso contengono additivi molto simili, a loro volta interferenti endocrini.
Uno dei problemi più gravi, riguarda l’effetto cocktail, perché ogni giorno siamo tutti esposti a decine di queste sostanze, ma le combinazioni porrebbero avere effetti sconosciuti e determinare comunque il raggiungimento di valori soglia molto prima di quanto si immagini. È quindi indispensabile, secondo gli autori, determinare nuovi limiti di esposizione tenendo conto di questo.
I governi dovrebbero essere più attivi, e come esempio di questo, il rapporto cita l’iniziativa della Svizzera, che nello scorso mese di maggio ha chiesto l’inclusione dell’UV-328, uno stabilizzante usato nelle plastiche per proteggerle dagli effetti appunto dei raggi UV, nella Convenzione di Stoccolma, cioè nell’elenco internazionale di sostanze che vanno valutate, monitorate e quando è il caso vietate perché potenziali o certi pericoli per la salute.
Secondo alcuni degli autori, inoltre, particolare attenzione andrebbe posta alle sostanze plastiche usate nei processi industriali, visto che si prevede una continua crescita del loro utilizzo (del 30-36% nei prossimi sei anni a livello mondiale).
È imperativo – concludono – adottare politiche globali il più possibile standardizzate e omogenee finalizzate all’eliminazione degli interferenti endocrini dalle materie plastiche nelle sintesi, così come al riciclo o all’incenerimento di quanto resta dopo l’utilizzo. Anche perché gli Edc e le altre sostanze pericolose pongono interrogativi molto pesanti sulla salute delle future generazioni, visto che iniziano ad avere effetto già sullo sviluppo fetale e dato che restano nell’ambiente a tempo indeterminato. Ne sanno qualcosa i Paesi più poveri, che pagano il prezzo dell’assenza di regole internazionali stringenti: è lì che molti altri Paesi, più ricchi e industrializzati, trasportano i loro rifiuti dannosi, senza preoccuparsi delle conseguenze sull’ambiente e sulla salute di chi ci abita.
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Giornalista scientifica