Neanche la pandemia ha fermato la classifica dei panettoni di Altroconsumo, che come ogni anno è arrivata puntuale, accompagnata per la prima volta anche da quella dei rivali pandori. Questa volta sono stati portati in laboratorio 12 prodotti, tra grandi firme e marchi del supermercato, di cui sono stati valutati etichetta, la qualità degli ingredienti e la sicurezza microbiologica. Un buon panettone deve contenere la giusta quantità di uvette e canditi, che devono rappresentare il 20% del peso totale del prodotto, mentre l’unico grasso ammesso è il burro.
Non poteva mancare il test di assaggio, affidato a un panel di esperti pasticceri e a un gruppo di consumatori, che hanno giudicato aspetto, aroma, gusto e piacevolezza dei panettoni. Per non influenzare gli assaggiatori, i prodotti sono stati presentati senza la confezione, in modo da non renderli riconoscibili.
Quest’anno si aggiudica la prima posizione il panettone basso ricetta classica a marchio Le Grazie di Esselunga, che riceve quindi il titolo di “Migliore del Test”. Il prodotto ottiene anche il titolo di “Miglior Acquisto”, condiviso però con il panettone Carrefour Extra. Al secondo posto troviamo il panettone basso ricetta classica Fior Fiore Coop, che era stato il vincitore del test del 2019. In terza posizione, chiude il podio e la rassegna dei prodotti con un giudizio di qualità ottimo il panettone milanese a marchio Le Tre Marie. In generale, tutti gli altri dolci testati sono risultati di buona qualità. Solo due – il panettone soffice ricetta classica Paluani e il Duca Moscati di Eurospin – hanno ottenuto un giudizio medio.
Variano molto i prezzi, che tra i panettoni presi in considerazione oscillano dai 3 € circa del panettone a marchio Carrefour Extra, agli oltre 14 del dolce premium a marchio Vergani. Tuttavia, le numerose offerte, promozioni e svendite in sottocosto fanno sì che i prezzi del panettone al supermercato cambino da una settimana all’altra e spesso siano poco indicativi della reale qualità del prodotto e dei suoi costi di produzione. Questo perché il panettone, infatti, è usato abitualmente come prodotto civetta per attirare i consumatori dalle pagine del volantino promozionale.
I parametri che sono stati presi in considerazione per la valutazione sono stati: 1) etichetta; 2) analisi di laboratorio (frutta, peso, tuorlo d’uovo, burro, presenza di lieviti e muffe, conservazione); 3) assaggio dei consumatori (aspetto, odore, consistenza, piacevolezza, aroma); 4) assaggio degli esperti (aroma e gusto, aspetto esterno, aspetto interno, presentazione). Di seguito la tabella con i tre dolci natalizi che hanno conquistato la vetta della classifica di Altroconsumo.
Per vedere la classifica integrale dei panettoni di Altroconsumo clicca qui.
© Riproduzione riservata
Buongiorno, alla luce di queste classifiche, mi pongo una domanda.
Posto che l’industria alimentare ha tra i suoi obiettivi la standardizzazione di un prodotto in modo che il consumatore ritrovi a ogni acquisto il medesimo gusto, come può una classifica variare di anno in anno? Non è che magari i panettoni sono uguali e allora ogni anno premiano una “marca” diversa?
Perché mi immagino che la posizione in classifica assuma una valenza economica.
Gran bella domanda…
Direi che il presupposto è un po’ diverso.
L’industria alimentare, come tutte le altre, investe in Ricerca e Sviluppo con due obiettivi principali: Saving e adeguamento alle norme o alle mode. Cito solo i casi dell olio di palma e dei grassi idrogenati. Se confrontassimo la lista ingredienti o tabella nutrizionale di un qualunque alimento di 10 anni fa, non sarebbe certo identica a quella di oggi.
Condivido comunque che da qui, alle “annate” dei panettoni, ce ne passa
Da anni compro il panettone “dolci frutti” fior fior della coop per me,e ‘il migliore confrontandolo anche con panettoni artigianali acquistati da conoscenti in pasticcerie del centro di Milano
Solo panettoni ad 1.90 da CONAD. La settiman scorsa il MAINA. La prossima il PALUANI. Ormai sono tutti uguali e buoni. Variano solo prezzo e offerte!
Leggo Altroconsumo da quando esiste, e ogni volta trovo interessanti queste valutazioni finché si analizzano gli ingredienti, il valore nutrizionale, la corretta panificazione, l’assenza di muffe o inquinanti, insomma dati oggettivi,la classifica che stilano è utilissima e ci aiuta a districarci tra prodotti dalla composizione simile ma dal valore nutrizionale diverso e con prezzi che differiscono (spesso senza relazione col contenuto) sino a cinque volte.
Ma quando si va sull’assaggio si entra in un campo estremamente aleatorio, e come dice Rolando si può trovare migliore il panettone di una catena di super rispetto a quello blasonato di una pasticceria… a volte basta un poco di aroma in più o in meno per declassare nella nostra valutazione a dolce comune il panettone, che non mangiamo certo per necessità ma per poter tornare un poco bambini.
Probabilmente a Milano ci sarà una maggioranza che trova “vero panettone” quello che gli ricorda di più il Motta che mangiava da piccolo, e chi a Genova non lo vuole neppure in tavola perché allevato con il “Pandùse” che è abissalmente diverso, mentre i torinesi cresciuti col Galùp non sanno che farsene dei panettoni alti e senza la glassa di mandorle, e ha chi lo ha sempre comprato in pasticceria quelli industriali non piaceranno in blocco.
Condivido appieno questo giudizio di Mauro. Benché da anni lègga Altroconsumo, ritengo che alcuni parametri applicati nei test vadano ridimensionati. A me interessano le caratteristiche qualitative ed organolettiche del prodotto, e quindi delle materie di cui è composto; il criterio del gusto è oggi molto soggettivo e legato a fattori che c’entrano poco con il livello di qualità. Mi piacerebbe piuttosto saperne di più sulla provenienza degli alimenti, sull’impatto ambientale della produzione e del confezionamento. Si tratta pur sempre di prodotti di fattura industriale la quale non sempre garantisce quei controlli e quelle peculiarità che la marca o la casa produttrice vanta. Il test, a mio avviso, dovrebbe servire a mettere in luce soprattutto questi aspetti.
Buongiorno, i vostri commenti sono poco convincenti. I parametri oggettivi non servono a molto se poi vengono maltrattati, col risultato di avere un prodotto di pessimo gusto al palato. Certamente avere una filiera controllata aiuta, ma non è abbastanza.
Poi il panel test non penso sia composto da un solo critico…
Le varianti di panettone non fanno parte del panettone tradizionale: tutto il resto non è panettone. Altrimenti si rischia di fare come il pesto: chiamato genovese, ma fatto con surrogati o varianti.
Non capisco di cosa parli, Isabelle e Mauro hanno fatto osservazioni interessanti sul fatto che ognuno è condizionato dai gusti che ha imparato a conoscere da bambino e che non sono mica legati alla qualità, ci sono un sacco di cose buone di qualità non eccellente, invece Altroconsumo si affida ad assaggiatori di varia provenienza e alla fine il loro giudizio non significa niente mentre le analisi dei componenti ti dicono cosa ci hanno meso dentro, pretendere che il panettone sia uno solo in Italia è un’assurdità come pretendere che il pesto sia unico in Italia, il pesto siciliano è un pesto buono tanto come il genovese e c’è scritto sul barattolo che pesto è, e panettoni più antichi del milanese sono panettoni come e più del milanese!
Riccardo, la tua pretesa che esista un solo panettone e che gli altri siano delle sue sottospecie non ha alcun senso, come ha scritto Maria ci sono panettoni storici molto più antichi del milanese, con buona pace della leggenda sul “pan del Toni” (e anche se fosse vera non è che “Toni” sia un diminutivo inesistente fuori Milano), il quale è solo la più nota e commercializzata, grazie a Motta e Alemagna, delle tante varianti regionali di un dolce antico quanto la panificazione, o davvero credi che a nessuno prima dei milanesi sia mai venuto in mente di aggiungere zucchero e uvette alla farina?
Se poi leggi l’articolo, “prima posizione il panettone basso (…) Al secondo posto troviamo il panettone basso (…) In terza posizione (…) il panettone milanese”, ossia lo stesso Altroconsumo inserisce il panettone milanese tra “i panettoni” in genere, non lo pone a metro di paragone verso prodotti “imitazione” come sembri credere tu.
E dovresti spiegare meglio cosa intendi con “I parametri oggettivi non servono a molto se poi vengono maltrattati, col risultato di avere un prodotto di pessimo gusto al palato.”, perché i parametri oggettivi in un’analisi sono essenziali per capire di cosa si stia parlando in termini di qualità e quantità (cosa che tra l’altro aiuta anche a risolvere il dubbio di Antonio su come si possano vendere panettoni a prezzi così differenti) ed è abbastanza ovvio che se poi sono lavorati male daranno un prodotto di gusto infelice, ma questo serve a escludere i prodotti scadenti (che sono tali per qualunque palato) e certamente non a dichiarare un vincitore.
Alla luce dei prezzi incredibili che si vedono con oscillazioni enormi, nessuno si pone la domanda di quanto debba onestamente costare il re dei dolci classici Italico il più difficile da realizzare se fatto a regola d’arte e con gli ingredienti di origine Italiana ?
forse è il caso di porsi la domanda.