“Stati ricchi di denaro ma in crisi di risorse alimentari, multinazionali che cavalcano il boom dei biocombustibili, società finanziarie a caccia di investimenti sicuri: sono i protagonisti di una corsa all’acquisizione delle terre che sta cambiando il volto del Sud del mondo. Un reportage fra quattro continenti ce lo racconta per la prima volta”: così recita la copertina di Land Grabbing, ultima fatica del giornalista Stefano Liberti.
L’autore ci introduce al fenomeno della rapina delle terre nei paesi in via di sviluppo attraverso il suo vissuto personale. Liberti ha viaggiato per tre anni tra lande depredate e i circoli di investitori senza scrupoli. Ha frequentato i convegni di organizzazioni internazionali che potrebbero, anzi dovrebbero, affrontare la questione. Condivide così quanto ha visto e udito, le sensazioni e impressioni di un reporter col cuore rivolto alle vittime di questi soprusi.
Ci aiuta così a comprendere che il land-grabbing è davvero una delle più gravi minacce al sostentamento delle popolazioni più disperate. Nel mettere assieme i tasselli di questo intricato puzzle, dal Sud al Nord del mondo, Liberti passa per il centro del “Monopoli” terriero, l’Oriente. Il Golfo Persico e l’India soprattutto, dove hanno sede i più incalliti predoni di terre. Senza perdere di vista Wall Street e i suoi spregiudicati operatori che, in nome del profitto, raccolgono enormi somme destinate a moltiplicarsi grazie alla razzia nei paesi in via di sviluppo.
Nel libro non manca la dimensione umana, personale e intima dei rapporti Oxfam, e vengono avvalorate ulteriormente sia le denunce e le proposte di Olivier de Schutter – Relatore speciale Onu per il Diritto al cibo – sia l’Appello di Dakar contro il land-grabbing, nel rumoroso silenzio della politica internazionale, ancora troppo distratta dai bilanci di Stato delle grandi potenze.
Dario Dongo