Nonostante l’etichetta di origine obbligatoria, un italiano su cinque sbaglia ancora a identificare la provenienza dell’olio extravergine che acquista. Gli errori sono più frequenti tra i consumatori convinti di aver comprato un prodotto 100% italiano. Lo rivela uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Nutrients dai ricercatori dell’Università di Bari, che hanno indagato gli effetti dell’etichettatura di origine dell’olio extravergine sulla consapevolezza dei consumatori.
Allo studio hanno partecipato 982 persone che avevano appena comprato un extravergine, a cui è stato sottoposto un questionario direttamente alla cassa del supermercato. Ai consumatori è stato chiesto di indicare quale fosse l’origine dell’olio acquistato, e la risposta è stata confrontata con i dati presenti sulle bottiglie raccolti dai ricercatoriSi è così scoperto che, nonostante l’etichetta di origine introdotta dal Regolamento UE 29/2012, una quota rilevante di persone fa confusione sulla provenienza.
In generale, il 67,8% dei consumatori ha correttamente identificato la provenienza dell’olio acquistato, mentre il 13% non ha saputo dare una risposta. Il 19,1% dei partecipanti ha indicato un’origine errata. Il dato più interessante è che la maggior parte di essi era convinto di aver acquistato un extravergine italiano, quando in realtà era un prodotto di origine europea. Si tratta di circa un terzo delle 576 persone che hanno dichiarato di aver comprato un olio 100% italiano. Per fare un paragone, dei 275 consumatori che hanno affermato di aver acquistato un extravergine di origine europea, solo 20 hanno sbagliato: in realtà avevano scelto un olio italiano.
Se la provenienza deve essere chiaramente indicata in etichetta, perché i consumatori fanno ancora confusione? E soprattutto perché così tante persone sono convinte di acquistare prodotti italiani anche quando non lo sono? Secondo gli autori potrebbero essere diverse le ragioni. Per esempio i consumatori potrebbero erroneamente associare la nazionalità del marchio con l’origine dell’olio, convincendosi che acquistare un brand italiano equivalga a comprare un extravergine italiano. Ma non è così, soprattutto ora che alcuni noti marchi italiani – come Bertolli, Carapelli, Sasso e Filippo Berio – sono di proprietà di grandi gruppi stranieri che commercializzano anche oli di provenienza estera.
Altri errori potrebbero essere causati dal fatto che molte aziende, con l’obiettivo di ampliare la propria offerta, vendono con lo stesso marchio oli di provenienza diversa, che così vengono confusi l’uno con l’altro. Infine è anche possibile che una parte dei consumatori non sia consapevole della presenza dell’origine in etichetta oppure non la utilizzi per scegliere quale olio comprare: una possibilità che tutt’al più può spiegare la quota di partecipanti che ha risposto “non lo so” al questionario, ma solo una minima parte degli errori.
Educazione e genere giocano un ruolo importante nella tendenza a identificare correttamente l’origine del prodotto. Per esempio, i consumatori che non hanno saputo indicare la provenienza dell’extravergine acquistato erano soprattutto uomini e con un basso livello di istruzione. Erano prevalentemente maschi, ma con un livello di istruzione più alto e un maggiore interesse per i marchi, anche i consumatori del gruppo che ha sbagliato provenienza. Al contrario tra i partecipanti che hanno identificato correttamente l’origine ci sono più donne e persone con un più alto livello di istruzione, che esprimono un maggiore interesse per le etichette. E si vede.
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Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.
Buongiorno, io ho la risposta e basta guardarsi intorno.
Perché la gente guarda continuamente le stelle, cadendo poi nel pozzo…
vuol dire che è inutile continuare a difendere l’EVO italiano. BASTA!!!!!
il 90% della gente si beve la qualsiasi senza accorgersi della differenza. Che senso ha difendere l’indifendibile. Produciamo solo per le nicchie e per gli alto spendenti, meno quantità e più qualità.
perché le stelle sono meravigliose e non si vedono tanto perché le luci della città ne tolgono la luminosità. Io che abito molto in alto le vedo spesso anche se non sempre le riconosco, purtroppo. E non cado nel pozzo
Per quanto riguarda l’olio di oliva le etichette che vedo alla Coop e Esselunga sono chiare, e indicano tipo, provenienza e stabilimento di lavorazione e DOP. Se poi uno vuol bersi la birra con la lattina gialla “smile” è libero di farlo 😉
Ma che risposta è? Se la maggioranza sono capre non vuol dire che siamo tutti capre e perciò meritiamo di essere penalizzati!
La gente compra olio extravergine a 2,90 al litro. Ma cosa si pretende ? Poi sull’italiano ce n’é per tutti i gusti. Da quello eccezionale a tipo olio da macchina. C’è dell’olio greco fantastico. Bisogna leggere e guardarsi attorno.
Eccone un altro che ce l’ha con l’olio a 3 euro delle offerte! Ma lo vogliamo capire che questi oli di marca preparati con olive CE una volta terminata l’offerta tornano a costare 5/6 euro? E poi chi l’ha detto che le olive CE sono cattive? Provato sul pane quest’olio purchè di marca è ottimo! Molto sapore amaro piccante tipico del buon olio EVO. E la pasta con grano americano? bona pure quella! E basta con queste olive italiane. Ci sono olive buone ed olive cattive. Basta non distinguere quelle CE e quelle ITA. Cambia poco! Giusto il prezzo!