Il 6 novembre 2012 è una data storica negli Stati Uniti e nel mondo per l’esito delle elezioni che hanno confermato il presidente in chief. Senza indulgere sui meriti del primo mandato, tra i quali c’è senza dubbio la riforma sanitaria nazionale, è doveroso un tributo a Barack Obama per le coraggiose food policies sostenute in questi anni e di cui tentiamo un bilancio.

 

Sicurezza degli alimenti

Il 4 gennaio 2011 l’Amministrazione Obama dà il via alla prima indispensabile riforma, dopo 73 anni, sulla disciplina igienico-sanitaria dei processi e dei prodotti agro-alimentari. Il “Food Safety Modernization Act” (si vedano anche il “Food Safety Bill” e le nuove norme sulla sicurezza alimentare USA) tiene conto delle innovazioni tecnologiche e delle più efficaci regole in altre aree del globo, Unione Europea in primis, per garantire ai cittadini la disponibilità di cibi sicuri. Vengono così introdotti gli obblighi di registrazione per gli stabilimenti, le regole di autocontrollo e Haccp per tutti gli operatori, il ritiro dei prodotti a rischio, un sistema di allerta rapida, il rafforzamento dei poteri di ispezione e vigilanza della Food Standards Agency e persino la protezione di chi testimonia su attività illecite in ambito alimentare.

 

Lotta alla fame

La presidenza Obama si distingue dalle precedenti e da quelle di altri paesi occidentali per aver dato seguito agli impegni assunti nei vari contesti internazionali in ambito di food security.

– Nel 2010, grazie al “Dodd-Frank Act”, duramente combattuto dalle lobby dei grandi speculatori di Wall Street, introduce una regolazione degli scambi sulle commodities agricole che hanno contribuito allo straordinario aumento dei listini alimentari negli ultimi anni.

– Nel 2011, gli Stati Uniti sono l’unico Paese ad assumersi l’impegno di stabilire “i limiti di posizione” (una soglia massima di investimenti su derrate agricole per ogni operatore) già concordati nella sede del G20. 

– Nel 2012, nel meeting G8 di Camp David, Obama è l’unico leader ad affermare che «è cruciale e urgente focalizzarsi sull’ingiustizia della malnutrizione cronica con la quale si confrontano circa un miliardo di uomini, donne e bambini nel mondo». E soprattutto è l’unico ad aprire il portafoglio, mettendo a disposizione 3 miliardi di dollari per investire sulla produttività agricola in Africa.

 

Nutrizione

Nel marzo 2010 Michelle Obama lancia la campagna Let’s Move! per incoraggiare i cittadini a migliorare il loro stile di vita, con un’alimentazione più equilibrata e maggiore esercizio fisico. Nel maggio dello stesso anno é raggiunto un accordo con la Healthy Weight Commitment Foundation, sottoscritto dai 16 principali gruppi alimentari operanti in USA, per ridurre il menù dei cittadini americani di mille miliardi di calorie entro il 2012 (1.500 entro il 2015)ò. Per le catene di ristoranti con più di 20 locali (circa 200mila esercizi di fast-food) viene introdotto l’obbligo di fornire le informazioni nutrizionali sui pasti serviti, secondo lo schema predisposto dalla Food and Drug Administration.

 

Il 13 dicembre 2010 Obama adotta il “Nutrition Bill”, noto anche come “Healthy, Hunger-Free Kids Act” (Legge per i bambini in salute, liberi dalla fame), con un duplice obiettivo: migliorare le caratteristiche nutrizionali dei menu di tutte le scuole e fornire un maggior numero di pasti gratuiti. Dalle parole ai fatti: per la prima volta in trent’anni verngono stanziate risorse federali a favore delle mense scolastiche (4,5 miliardi di dollari). Nel gennaio 2011 Walmart, colosso mondiale della distribuzione, annuncia una strategia quinquennale, concordata con la first lady Obama, per ridurre sale, grassi e zuccheri nei propri prodotti e abbassare drasticamente i prezzi di frutta e verdura. Nella stessa direzione si muovono anche altri, come ConAgra Foods che si assume l’impegno di ridurre il tenore di sodio dei propri cibi fino al 20% entro il 2015. Nel febbraio 2011 la first lady avvia un’iniziativa per promuovere l’allattamento al seno presso ospedali e medici di base. Già lo “Special Supplemental Nutrition Program for Women, Infants, and Children”, nel “Nutrition Bill”, prevedeva di fornire assistenza e sostegno economico per l’allattamento al seno. La riforma sanitaria (il cosiddetto “Affordable Care Act”, noto anche come “Obama-care”) frattanto impone ai datori di lavoro di riconoscere tempi e spazi appropriati alle madri che allattano, almeno per il primo anno di età delle creature.

 

Nel giugno 2011, messa da parte la tradizionale piramide alimentare, Michelle Obama introduce “My Plate” (si veda anche il sito ufficiale governativo). Una sola e semplice immagine comunica in un batter d’occhio la corretta composizione di un pasto equilibrato: per metà frutta e verdura e per metà cereali, proteine (carni, pesce, uova), latte e derivati. Nel gennaio 2012 l’Amministrazione USA vara infine le nuove linee guida per la ristorazione scolastica allo scopo di ridurre l’incidenza di sovrappeso e obesità (un bambino su tre): drastica riduzione di sodio e grassi saturi, razioni doppie di frutta e verdura, cereali integrali per tutti, porzioni e apporti energetici misurati all’età e ai relativi fabbisogni.

 

Scambi internazionali USA-UE

Nel 2009 gli Stati Uniti finalmente definiscono un accordo con la Commissione europea per risolvere il contenzioso WTO, durato un ventennio e legato ai divieti UE di commercializzare carni da animali trattati con ormoni della crescita. A partire dal 1° giugno 2012 le certificazioni di produzioni biologiche rilasciate in USA e UE sono vicendevolmente riconosciute dalle rispettive autorità, grazie all’intesa del 15 febbraio tra il vice-segretario USA all’agricoltura Kathleen Merrigan e il commissario europeo Dacian Ciolos. Si tratta di una considerevole semplificazione delle procedure per riconoscere i prodotti bio e poterli promuovere senza farraginose burocrazie.

 

Già dal 1° luglio 2012, inoltre, è in atto l’accordo del 4 maggio tra le autorità doganali europee e quelle statunitensi (“Customs and Border Protection”) per il mutuo riconoscimento dei rispettivi programmi di verifica e certificazione degli operatori commerciali e dei carichi (rispettivamente “Authorised Economic Operator programme” per la UE e “Customs-Trade Partnership Against Terrorism cargo security programme” per gli USA).

 

C’è altro da chiedere? Sì, senza dubbio.

 

In primo luogo, lo stop al land-grabbing, la rapina delle terre. Il 9 marzo sono state definite le linee guida volontarie della FAO per una gestione responsabile di terre, foreste e bacini di pesca. Le “Voluntary Guidelines on Sustainable Tenure of Land, Forests and Fisheries”, emanate dal World Committee on Food Security, costituiscono il primo strumento normativo per prevenire e ostacolare il land-grabbing, barbare usurpazioni di terra e altre risorse primarie di produzione alimentare a danno delle popolazioni più deboli. Si tratta di un documento prezioso, il preludio all’affermazione del diritto alla sovranità alimentare quale corollario del diritto fondamentale al cibo, che rischia nondimeno di restare lettera morta sino a quando le grandi potenze del pianeta non ne decideranno l’applicazione obbligatoria sui propri territori. Sarebbe anche apprezzabile che Obama rispondesse all’appello della società civile affinché si faccia luce e si metta fine alla rapina delle terre in Etiopia. La richiesta era stata rivolta anche a Catherine Ashton, alto rappresentante UE che tuttavia ha prestato ben poca attenzione alla vicenda.

 

In secondo luogo, c’è ancora da fare in tema di politiche commerciali internazionali e divieti alle esportazioni. Al G20 del 2011 si è riflettuto sulla proposta di limitare i divieti nazionali all’esportazione di derrate alimentari da parte dei grandi esportatori (USA, Russia) in caso di crisi dei prezzi alimentari. Il confronto su questo tema, avviato in sede WTO, è stato però bloccato sul nascere proprio dai big delle esportazioni. È giunta l’ora di tornare a discuterne.

 

In terzo luogo, resta aperta la questione delle scorte alimentari. Il ministro dell’agricoltura francese Stephane Le Foll, nell’ultima riunione del comitato FAO sulla sicurezza alimentare, ha provato a proporre un nuovo sistema di scorte inter-regionali, condivise tra i paesi di ogni area, cui fare ricorso in caso di crisi per calmierare i prezzi. Anche in questo caso i grandi esportatori hanno subito bloccato il dialogo.

L’augurio a Barack Obama è quello di riuscire ad ammorbidire la posizione del suo paese su entrambi le questioni o quantomeno di riuscire a discutere la sfida posta dalla sicurezza alimentare non solo sul piano della trasparenza dei mercati, ma anche su quella delle politiche commerciali.

 

Yes We Can, once again!

 

Dario Dongo

Foto: Photos.com

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Roberto Giomi
Roberto Giomi
15 Novembre 2012 14:19

Mi complimento anche io per l’articolo, denso di notizie buone in merito alle azioni buonbe e concrete messe in campo per la tutela della salute dei consumatori. Capisco che sono notizie " che non fanno notizia ", ma è giusto evidenziarle. Anche in Italia, paese della famosa dieta mediterranea,i nostri bambini non stanno molto meglio dei coetanei americani!

giorgia
giorgia
14 Novembre 2012 17:20

Grazie, Dario Dongo, per le notiziole molto interessanti e per i link ! Non avevo letto quasi nulla di esse sui quotidiani nostri…….
Sì, anch’io mi auguro che questo presidente degli SUA riesca a stabilizzare queste novità ; l’America è tantissimo sviluppata, ma deve fare ancora tanta strada sulla via del progresso …..Mi auguro che la Camera del Congresso non ponga difficoltà insormontabili ……