Agricoltura biologica in evidenza nell’Annuario dei dati ambientali 2019 dell’Ispra. Benefici per biodiversità, riduzione inquinamento e degrado
Agricoltura biologica in evidenza nell’Annuario dei dati ambientali 2019 dell’Ispra. Benefici per biodiversità, riduzione inquinamento e degrado
Giulia Crepaldi 29 Giugno 2020L’Ispra – Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale – ha presentato l’Annuario dei dati ambientali 2019, un documento che fa il punto sullo stato di salute dell’ambiente del nostro paese, confrontando, per la prima volta, la situazione italiana con le tendenze europee delineate nello State of the Environment Report 2020 dell’Agenzia europea dell’ambiente.
Tra le venti tematiche analizzate nell’Annuario, un capitolo è dedicato interamente all’agricoltura (insieme alla selvicoltura). Come ricorda il Sinab, proprio in questa sezione viene evidenziato il ruolo positivo dei sistemi produttivi alternativi (diversified farming systems), come l’agricoltura biologica e l’agro-ecologia, nella riduzione dell’inquinamento e del degrado ambientale e nella tutela della biodiversità. Sistemi che hanno anche il pregio di produrre beni e servizi, dal turismo alla mitigazione degli effetti del cambiamento climatico.
E proprio l’agricoltura biologica è considerata nel rapporto come uno dei principali strumenti per l’integrazione della biodiversità nel settore agricolo, con il supporto di una larga evidenza scientifica sugli effetti positivi di questi sistemi a livello di diversità genetica e di specie e di conservazione di ambiente e paesaggi, oltre ai benefici sociali ed economici dati dalla produzione di beni e servizi nel rispetto dei sistemi ecologici e ambientali.
L’Italia, infatti, è uno dei paesi europei più ricchi di biodiversità. Una ricchezza che però è fortemente minacciata: tra le 60 mila specie animali censite nel nostro paese, sono i pesci d’acqua dolce i più a rischio (48%), seguiti da anfibi (36%) e mammiferi (23%). È in pericolo anche il 42% delle specie vegetali tutelate dalle norme europee. A minacciare la biodiversità italiana sono soprattutto le specie esotiche (oltre 3.300 introdotte nell’ultimo secolo), il degrado ambientale, l’inquinamento e la frammentazione degli habitat.
È poco rosea anche la situazione dei fiumi e dei laghi del nostro paese: solo il 43% dei corsi d’acqua e appena il 20% dei laghi ha uno stato ecologico buono o elevato. Un po’ più positivi i dati sullo stato chimico, risultato buono per il 48% dei laghi e per tre fiumi su quattro (75%). Preoccupano però i pesticidi: il 24,4 % delle acque superficiali monitorate e il 6% di quelle sotterranee ha concentrazioni superiori ai limiti di qualità ambientale.
Per quanto riguarda il consumo di suolo, è andata persa un’area da 23 mila km quadrati. Nel 2018, dopo anni di rallentamento dovuto alla crisi economica, si è registrata un’accelerazione nel consumo del terreno, che ha intaccato anche il 2% delle aree protette. Il consumo di suolo, oltre ad essere un fattore di perdita di biodiversità, si intreccia strettamente con il dissesto idrogeologico, che interessa gran parte del territorio italiano: il 2,2% della popolazione, oltre un milione di persone, vive infatti in aree classificate a “pericolosità elevata o molto elevata” per frane e smottamenti.
Passando al capitolo “economia verde”, ci sono alcune buone notizie: l’Italia risulta terza in Europa per “produttività delle risorse”, un indice che in buona sostanza misura l’uso circolare dei materiali, mentre la produzione di rifiuti solidi urbani è rimasta stabile negli ultimi anni. Le emissioni di gas serra scendono complessivamente del 17,2% tra il 1990 e il 2018, mentre l’energia ottenuta da fonti rinnovabili è pari al 18,3% del consumo, una quota che permette al nostro paese di raggiungere l’obiettivo del 17% entro il 2020.
Dal punto di vista della crisi climatica, invece, i dati non sono altrettanto buoni. La temperatura in Italia cresce più che altrove: nel 2018 nel nostro paese è stato registrato un aumento medio di 1,71°C, contro i +0,98°C di media globale. Record anche per la temperatura dei mari, che nel 2018 ha segnato un picco di 1,08°C. Il bacino padano, invece, risulta un hotspot europeo di inquinamento atmosferico, con il limite giornaliero delle polveri PM10 superato nel 21% delle stazioni di monitoraggio.
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Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.