Il 3 febbraio, il nuovo direttore generale della Fao José Graziano da Silva, appena rientrato dalla Somalia, ha chiarito che «The crisis is not over». La crisi non è finita, sebbene l’Onu abbia appena dichiarato la cessazione dello stato di “famine”, carestia: basandosi su un criterio meramente contabile, ricavato con cinici conteggi di vittime e bisognosi.

Nel 2011 le Nazioni Unite avevano qualificato la carestia in Corno d’Africa come la peggiore crisi umanitaria nel millennio appena cominciato: la più grave siccità degli ultimi 60 anni in quella regione ha trasformato la terra in deserto e sterminato gli animali da pascolo. L’assenza di cibo e acqua potabile ha ucciso centinaia di migliaia di bambini. Ma la risposta della comunità internazionale è stata tardiva e inadeguata, le risorse assai inferiori al necessario, l’informazione scarsa.

Ilfattoalimentare.it ha seguito gli eventi, fornito dati sulle donazioni pubbliche che hanno visto l’Italia agli ultimi posti, lanciato un’iniziativa di solidarietà per promuovere contributi agli aiuti organizzati in loco da Agire, Oxfam, Medici Senza Frontiere. Grazie all’ebook L’etichetta che ha consentito la raccolta di poco più 100 mila euro. Poca cosa, rispetto ai bisogni di un’intera popolazione, ma comunque un risultato.

Secondo gli ultimi rapporti la situazione è lievemente migliorata. Grazie alle piogge soprattutto, che hanno riportato in vita le sterpaglie e abbeverato uomini e bestiame. Ancora oggi tuttavia due milioni di esseri umani hanno urgente necessità di razioni alimentari d’emergenza per non venire falcidiati dalla fame. Altre risorse di cibo sono necessarie a scongiurare la malnutrizione cronica di milioni di bimbi, altrimenti condannati alla disabilità.

Soprattutto è ora il caso di sviluppare e attuare una strategia volta a interrompere il ciclico ripetersi di questo tipo di crisi in quella zona. «Non possiamo evitare le siccità, ma possiamo organizzare misure per prevenire che a essa conseguano le carestie», ha ricordato Graziano da Silva. Le Nazioni Unite hanno coordinato la raccolta di circa 1 miliardo di dollari per gli aiuti, le organizzazioni umanitarie hanno avuto accesso ad aree controllate dalle milizie islamiche, non senza incidenti costati la vita a diversi volontari. È stata avviata la distribuzione di sementi, si è iniziato a lavorare ai canali di irrigazione. Ma tutto ciò, è evidente, non basta.

La situazione politica locale non è di aiuto, la guerra civile in Somalia è iniziata il 30 dicembre 1990 e non ha ancora avuto fine. Il territorio e le popolazioni da 21 anni sono nelle mani di milizie disorganizzate, shebab e predoni. Tutti fuori dal controllo delle poche forze internazionali di pace che si sono avvicendate, da ultimo sotto l’egida dell’Unione Africana. «È ancora in corso l’agonia di una delle peggiori crisi umanitarie delle ultime decadi, spiega la responsabile per le operazioni in Somalia di Oxfam International, Senait Gebregziabher. I progressi ottenuti potrebbero essere vani, se il conflitto peggiorera. Il mondo non dovrebbe voltare le spalle alla Somalia, solo perché secondo le statistiche (Onu, ndr) la carestia sarebbe cessata».

Le istituzioni Ue potrebbero fare la loro parte. Anzitutto traducendo in azione politica le brillanti iniziative proposte l’estate scorsa dall’onorevole Gabriele Zimmer al Parlamento europeo nella propria relazione per gli aiuti all’agricoltura nei Paesi in via di sviluppo.

 

Dario Dongo

Per maggiori informazioni:

Somalia famine ends, but situation still dire

The New York Times: “U.N. Says Somalia Famine Has Ended, but Warns That Crisis Isn’t Over”