Dopo un nostro articolo sulla sicurezza alimentare dei germogli, abbiamo ricevuto una lettera da parte di un produttore, con alcune precisazioni, che pubblichiamo.
Sono uno dei pochissimi produttori di germogli italiani, l’unico sul territorio nazionale a produrre oltre 50 varietà di germogli diversi.
Un mio cliente mi ha inviato copia del vostro articolo pubblicato il 22 maggio inerente i problemi di sicurezza alimentare dei germogli freschi. Questo testo potrebbe essere considerato un allarme in negativo. A mio modo di vedere invece è da intendersi in positivo. Cercherò di spiegare la mia opinione nella maniera più chiara possibile.
Siamo proprio noi produttori, i primi a non volere che si verifichino problematiche come quelle successe in Germania un anno fa.Per questo ci siamo riuniti in un’associazione europea, ESGA (European Sprout Grower Association), di cui fa parte anche la nostra azienda come unica rappresentanza italiana. In questo nuovo contesto stiamo prendendo delle importanti decisioni che porteranno ad una legge ad hoc per garantire ai consumatori la salubrità del prodotto.
Sono ovviamente d’accordo con quanto afferma il dott Caprioli, intervistato in un altro vostro articolo sulle insalate IV gamma, che un lavaggio con acqua e bicarbonato prima dell’uso non sia sufficiente a garantire l’eliminazione dei batteri patogeni, ma il problema è a monte: i patogeni non devono essere presenti nella confezione. Per raggiungere questo obbiettivo stiamo studiando tutta una serie di misure precauzionali che eliminino i rischi alimentari dalle vaschette che escono dai nostri stabilimenti.
Nel suo articolo, la contaminazione dei germogli è un problema che può essere eliminato solo cuocendoli. Ma questo significherebbe far perdere loro tutte quelle proprietà che ne fanno un cibo vitale; non dimentichiamo che vengono ingeriti crudi proprio per preservare le attività enzimatiche ed il loro potere antiossidante. Mi sembra che lei dia troppa poca fiducia ai controlli che i produttori fanno sui propri prodotti e a quelli eseguiti dagli organismi di vigilanza. Quando fa riferimento alle etichette povere di informazioni, non so esattamente a quali si riferisca, forse a quelle che accompagnano i germogli importati dal nord Europa: in effetti hanno nome, data di scadenza e luogo di produzione, scritti in un carattere piccolo.
Chi vende germogli coltivati in Italia da seme italiano lo indica in modo evidente in etichetta. Noi produttori certificati, siamo in grado in pochissimo tempo (questione di alcuni minuti) di risalire dal numero di lotto di una nostra vaschetta al fornitore ed alla bolla di consegna relativa al seme utilizzato per i germogli di quella stessa confezione. In allegato trova una delle mie etichette (foto a lato). Produciamo oltre 50 varietà e non solo le classiche 15 olandesi alle quali probabilmente lei fa riferimento nel suo articolo.
I germogli prodotti “industrialmente” sono certamente molto più sicuri di quelli “fatti in casa” che non vengono mai sottoposti a controlli e crescono in un ambiente, di solito la cucina, non proprio ideale per quanto riguarda l’assenza di germi dove è possibile una contaminazione con prodotti crudi quali uova o carne.
Molto meno facile è che ciò avvenga nei nostri laboratori. Infatti qui le norme igieniche ed il rispetto delle regole HACCP sono attentamente seguite, ed i controlli effettuati tramite analisi sul prodotto finale, sui semi e sui tamponi ambientali sono molto frequenti e gli addetti adoperano tutti gli accorgimenti necessari al mantenimento di un ottimo livello di igiene.
I germogli “industriali” sono da considerarsi a tutti gli effetti come un prodotto di IV gamma che infatti fa riferimento alla legislazione di questa tipologia: E-coli = 0 positivi su 5 campioni, lo stesso per Listeria e Salmonella. Come vede gli obblighi per noi produttori sono esattamente gli stessi. Nel suo articolo sulle insalate pronte ho notato che lei ha estrema fiducia nella IV gamma, i germogli vengono trattati alla stessa maniera! Sono solo un po’ più a rischio durante la produzione, ma con i normali controlli i problemi dovrebbero essere evitati abbastanza facilmente o per lo meno il rischio dovrebbe essere molto basso. Come lei ben sa annullare il rischio al 100% è impossibile.
Alcuni giorni fa a Bologna è stato scoperto un laboratorio clandestino di produzione di germogli di soia senza alcuna autorizzazione e senza le più elementari norme igieniche, completamente sconosciuto al fisco. Quelli sono i veri nemici, sia delle aziende che dei consumatori. Ritengo il suo avviso un’allerta verso chi non lavora bene e non è in grado di dare garanzia di sufficienti controlli, e uno stimolo a chi cerca di operare nel pieno rispetto delle regole.
Pietro Farnedi (produttore di germogli freschi, Vivo Srl Soc. Agr)
Foto: Photos.com
premesso che condivido quanto scrive il Sig. Farnedi sull’igienicità di questi prodotto, quando questi vengono prodotti in stabilimenti autorizzati e appositamente strutturati. Non sono assolutamente convinto che questi prodotti vannno consuamti crudi (se non per il piacere organolettico) perchè contengono maggiore proprietà nutrive. Mi potete indicare un pò di documentazione scentifica (seria) in merito? tale da dimostrare che la cottura di questi prodotti (come di tutta la verdura) implichi la "distruzione" di vitamine, enzimi, coenzimi, ecc. ecc. Grazie
E’ giusto che il Sig. Farnedi tuteli il proprio lavoro e sia orgoglioso dei propri prodotti, ma non ci avete sempre insegnato che la IV gamma è quel prodotto "lavato e pronto per il consumo" o per l’utilizzo immediato, ma comunque "lavato"? Sulla etichetta che compare sull’articolo si legge chiaramente "lavare prima dell’uso"!
Quelli che il Sig. Farnedi afferma essere prodotti di IV gamma, quindi, tali non sono e, pertanto, non capisco perchè tanto accanimento per una assimilazione da lui pretesa…..ma non dovuta. Come giustamente è stato fatto notare dal Fatto Alimentare, bisogna stare attenti e cogliere la differenza tra prodotto lavato e prodotto non lavato!
Serena mi dispiace contraddirla, ma per me rimane un "mistero", perchè dalla mia piccola ricerca (su documenti scientifici) risulta che l’unica vitamina che subisce un importante e segnificativo depauperamento con la cottura è la vitamina C. Le altre, soprattutto le vitamine idrosolubile, subiscono una varianzione non signfiicativa, tale da essere compensata da altri alimenti che si assumano giornalmente (con tutta l’alimentazione che facciamo. Infatti nei paesi occidentali i casi di carenza vitaminica, per problemi legati all’alimentazione non esistono). Ecco il motivo per cui ho chiesto se esistono pubblicazioni scentifiche che avvalorano questa moda (perchè è solo una moda, a mio modestissimo parere) del mangiare crudo.
Sono d’accordo con lei nell’apprezzare i produttori (come il sig. FArnedi) che accettano di dare risposte a problematiche (o presupposte tali) e non andrebbero mai demonizzati.
saluti
Io invece mi sento di ringraziare un produttore che con tutta la cortesia necessaria ha dedicato tempo ai chiarimenti piuttosto interessanti che lui sentiva doverosi rispetto al prodotto che produce. A Rocco dico che non è un mistero che la cottura ad alte temperature distrugge molte delle vitamine, e la bollitura le disperde in acqua, per questo si consiglia spesso di cuocere le verdure al vapore. Sugli antiossidanti sembra di no.
Quando un produttore accetta un dialogo sarebbe meglio cercare di non demonizzarlo sapendo poco e nulla di quanto impegno mette nel suo lavoro e nella sua azienda. Non sempre abbiamo a che fare solo con furbacchioni e arrivisti… 🙂
Salve Rocco 🙂
Mi spiego meglio anche io, le vitamine non si distruggono certamente tutte con la cottura, ma si dividono in liposolubili, idrosolubili (e qui perdiamo con l’acqua della bollitura parte delle idrosolubili) termostabili e termolabili che sono la C e numerose del gruppo B:
Tiamina (vitamina B1)
Riboflavina (vitamina B2)
Acido pantotenico (vitamina B5)
Acido folico (vitamina B9)
Acido ascorbico (vitamina C)
Retinolo (o vitamina A) e beta-carotene (precursore della vitamina A)
Tocoferolo (vitamina E)
Se si chiamano termolabili, credo sia proprio eprchè il calore le deteriora… che poi la popolazione non si ammali di scorbuto non è di per sè prova scientifica che le vitamine di certi gruppi non perdano efficacia col calore (credo).
Egr. Sig. DOMENICO : Io ho scritto: "I germogli â
Un breve approfondimento tecnico per correggere il Sig. Farnedi, che di legislazione a quanto pare non è particolarmente avvezzoI limiti del Reg. 2073/2005 per la salmonella fanno riferimento alla macro-area degli "alimenti pronti che non costituiscono terreno favorevole alla crescita di Lysteria Monocitogenes, diversi da quelli destinati ai lattanti e a fini medici speciali", tra cui le merendine…ma non mi sembra sostenibile che per tale motivo i germogli siano merendine. Per la Salmonella, nel Regolamento citato i germogli sono differenziati rispetto alla categoria di appartenenza della IV gamma: infatti ai germogli si applica il punto 1.18 (semi germogliati) e non il punto 1.19 (frutta e ortaggi pretagliati), sebbene i valori siano i medesimi. Infine, il fatto che i produttori di germogli applichino il criterio di igiene di processo dell’E. Coli previsto dal Regolamento per frutta e ortaggi pretagliati è, lo ammetterà , una forzatura in quanto i germogli non sono frutta e ortaggi pretagliati. Ben venga la buona volontà dei produttori di germogli a tal proposito, ma comunque mi pare di ricordare che i loro problemi riguardino l’E. Coli patogena, non quella da verificare relativamente all’igiene di processo! Non si tratta solo del fatto che, diversamente da quanto fa Lei, la IV gamma non va lavata, mentre i germogli devono essere lavati.
Anche dal punto di vista delle norme, i germogli sono diversi e distinti dai prodotti di IV gamma e non sono a mio parere in nulla assimilabili.
Volevo rispondere al signor Rocco,che la questione sulle proprietà nutrizionali degli alimenti di origine vegetale prima e dopo la cottura,la quale ricordiamo può avvenire con diverse modalità ,non è di semplice soluzione.Detto questo in qualsiasi libro di Chimica degli alimenti sono riportate in maniera esauriente le informazioni da lei richieste e che in piccola parte qui le riporterò.Durante la cottura degli alimenti, non solo vegetali, si ha una perdita del contenuto vitaminico, che tuttavia varia in base al tipo di vitamina, al tipo di alimento e al tipo di cottura. La vit. A e il B-carotene non subiscono diminuzioni rilevanti con i più comuni metodi di cottura, piccole quantità si perdono con la frittura, la vit. D viene distrutta dall’aumento di temperatura quando all’acqua viene addizionato bicarbonato di sodio(variazione di pH).Tra le idrosolubili la tiamina è instabile a tutti i trattamenti termici, più resistente la riboflavina.La niacina è una delle vitamine più stabili al calore ma si perde facilmente se la cottura avviene in acqua.La vitamina C è sensibile al calore all’umidità , all’aria e agli agenti ossidanti.Spero di esserle stata di aiuto.