“Abbiamo deciso di fare una settimana di sciopero, dal 29 agosto al 5 settembre, contro le catene di supermercati, l’industria di marca e gli operatori dell’e-commerce come Amazon per protestare contro il mancato decollo delle politiche di sostenibilità ambientale e sociale”. Sono queste le parole scelte da Luigi Rubinelli direttore di RetailWatch, per annunciare la singolare forma di protesta del sito più autorevole e probabilmente più seguito dai direttori marketing e dagli amministratori delegati di queste società.
“Scioperiamo perché i cambiamenti climatici globali sono fin troppo visibili e le aziende devono intervenire incisivamente. La velocità del cambiamento è di gran lunga superiore alle decisioni delle imprese per limitare i danni”. Per questo ReailWatch chiede impegni precisi sulla riduzione dei rifiuti da imballo, degli sprechi alimentari, delle emissioni di CO2, del consumo energetico, dell’acqua e della plastica monouso. A tutto ciò si aggiunge la necessità del rispetto dei diritti umani nell’approvvigionamento del prodotto, dalla materia prima fino allo scaffale.
L’appello può risultare generico, ma non lo è affatto. È vero che singolarmente le catene di supermercati e anche le industrie di marca da tempo adottano iniziative in questa direzione, ma si tratta spesso di azioni poco incisive, occasionali a volte dettate più dalla convenienza economica che da una precisa strategia eco-ambientale. Il pianeta sta cambiando troppo in fretta, le aziende che operano nel settore dei consumi e del commercio hanno una grande responsabilità e per questo devono farsi carico dei problemi evitando iniziative marginali che non incidono in modo significativo sull’ambiente e sul sistema. La redazione di RetailWatch si impegna a raccogliere e a rilanciare sul sito i casi di sostenibilità.
Il Fatto Alimentare condivide l’appello di Rubinelli e si associa alla richiesta di un salto di qualità e di una forte accelerazione nelle scelte dei supermercati e delle aziende.
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[sostieni]
Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Spiegatemi un po’ …. perché dovrebbero essere le aziende? Sciopero ridicoli nella sostanza, è chiaramente una manovra di marketing estremo. Ovviamente
Perché se aspetti che si sensibilizzi la popolazione nel 2089 sei ancora fermo (se ci saremo ancora).
Se non si muove la GDO non se ne fa di nulla, come sperare che le pecore vadano a destra quando il cane e/o il pastore sono seduti a sinistra (rileggi bene la metafora che forse mi è venuta proprio bene).
Piccolo esempio: vado al supermercato a comprare le forchette monouso e le trovo solo compostabili. Che faccio? O tiro una bestemmia e le compro lì oppure cambio supermercato. Però se non le trovo più di plastica le compro compostabili e dopo 6 mesi mi sono anche dimenticato che un tempo erano di plastica.
PUNTO.
Vivendo in una piccola città posso ancora evitare la Gdo e rivolgermi ai piccoli negozi, conducendo cosí la mia minima manifestazione anti Gdo, la quale è uno degli aspetti del consumismo capitalistico. Contenta di sapere allora che finalmente qualcosa si muove anche da parte di chi può qualcosa di piú.
Grazie.
EGM – Macerata
@Matteo
continuo a non essere d’accordo. Non è una attività che riguarda le aziende. Ognuno deve fare il proprio e in questo ambito. Si devono fare leggi e norme per i cittadini e per le aziende e ognuno le deve rispettare.
Ok però lo “Sciopero” fa riferimento anche a:
“impegni precisi sulla riduzione dei rifiuti da imballo, delle emissioni di CO2, del consumo energetico, dell’acqua e della plastica monouso. A tutto ciò si aggiunge la necessità del rispetto dei diritti umani nell’approvvigionamento del prodotto, dalla materia prima fino allo scaffale.”
Capirai bene che qui devi parlare con le aziende.
E’ vero che anche un cittadino deve capire (ed essere educato già all’asilo) che è uno spreco una luce accesa, un rubinetto aperto, un frigo aperto etc. e su questo mi trovi d’accordo.
Però aggiungo: obbliga una GDO a dimezzare gli imballi. Secondo te che impatto può avere per una nazione? Quanti cittadini ben educati ci vorrebbero per ottenere lo stesso risultato?
L’educazione deve partire dal basso, ok, ma va indirizzata per non dare la possibilità su larga scala di fare azioni dannose (in sostanza il discorso di prima: non produco bicchieri di plastica, il consumatore non li trova più e se ne fa una ragione e se è educato lo capisce anche al volo!).
Ancora una volta no. Le aziende fanno le aziende , devono rispettare le leggi ( senza ombra di dubbio) , ma non devono sostituirsi ad altri soggetti. Non è il loro compito.
Il compito delle aziende è anche quello di venire incontro alle esigenze collettive dei consumatori compreso quelle di tipo ambientale
Scusa Federico, non ho capito il tuo punto di vista: chi sono i soggetti di cui parli? In sostanza chi dovrebbe affrontare in modo netto questo problema?
Le aziende produttrici si stanno muovendo su pressione dei distributori più illuminati, che tuttavia sono pochi, quindi il processo è lento.
Se poi consideriamo che ormai il 20% ed oltre del mercato della GDO è in mano ai discount, che anche qui, tranne rare eccezioni, badano unicamente al prezzo, ecco che si rende necessari stringenti provvedimenti legislativi dei governi per velocizzare il processo in modo significativo.
Sull’efficacia e visibilità dello sciopero in questione, lasciamo perdere…
La lotta x difendere l’ambiente va fatta in tutti i campi e con visione globale, perché tutto è collegato e tutto deve cambiare : i nostri comportamenti, le nostre priorità, i nostri acquisti e dove acquistiamo. È una lotta che parte con forze piccole e non appariscenti. Ma bisogna farla, perché grande è la motivazione e doverosa è la speranza di vincere : lo dobbiamo fare per noi e per ciò che è prima e dopo di noi
Marino concordo sulla valenza educativa di certe cose e anche il doveroso cambio di mentalità. Ma se continui a trovare plasticaccia ovunque purtroppo non riuscirai a smuovere le masse.
Anche sale, zucchero, droga, tabacco, alcol etc. fanno male e tutti sanno che non è un bene per le generazioni future, però si continuano a trovare dappertutto e a buon mercato….
E se il cittadino specialmente italiano continua a buttare per strada plastica e non? Di qui si dovrebbe partire…forse