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La presenza di troppi zuccheri negli alimenti per bambini è un problema globale, e non è l’unico di questi alimenti. Uno degli ultimi allarmi in questo senso è arrivato a fine giugno con la pubblicazione dei risultati di un’indagine portata avanti nel Regno Unito dall’agenzia sanitaria governativa Public Health England. I dati raccolti rivelano che molti tra i 1120 prodotti per la prima infanzia analizzati (alimenti e bevande) contengono una quantità eccessiva di zucchero.

Sotto accusa soprattutto prodotti a base di frutta (ma anche verdura), che dichiarano fino a 47,5 grammi di zucchero per 100 grammi di prodotto e, più in generale, la continua proliferazione di snack dolci indicati anche per bambini sotto i tre anni.

Non solo: il rapporto sottolinea che più di un prodotto su quattro (il 28,4%) viene espressamente presentato come alimento adatto a bambini a partire dai quattro mesi d’età, nonostante un rapporto dello Scientific Advisory Committee on Nutrition sull’alimentazione nel primo anno di vita raccomandi di non introdurre altri alimenti oltre al latte fino a circa sei mesi.

Ma alle stesse conclusioni è giunta anche un’indagine dell’Ufficio regionale europeo dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), pubblicata a metà luglio: pochi giorni dopo che Il Fatto Alimentare stesso puntava il dito (leggi approfondimento) contro l’eccesso di zuccheri in una serie di prodotti alimentari per la prima infanzia, tra biscotti, omogeneizzati di frutta e succhi di frutta. “È vero che la composizione degli alimenti per l’infanzia deve attenersi per legge a certi criteri” si legge nel documento Oms. “Tuttavia, c’è la fondata preoccupazione che anche prodotti che rispettano di questi standard legali abbiano contenuti troppo elevati di grassi saturi, zuccheri o sale per poter essere considerati salutari per il bambino e la sua vita futura”. Da qui l’idea di un’analisi a tappeto di poco meno di 2.000 alimenti per bambini (biscotti, cereali, puree di frutta o verdura, succhi di frutta, tè o altre bevande, yogurt, budini, omogeneizzati di carne o pesce e altro) recuperati in vari punti vendita di 4 città della regione europea dell’Oms: Vienna, Budapest, Sofia e Haifa (in Israele). In effetti, i risultati non sono molto positivi.

Intorno ai due anni i bambini dovrebbero ricavare solo il 30-35% del loro apporto energetico dai grassi

La criticità maggiore degli alimenti per bambini riguarda gli zuccheri, troppo elevati in molti alimenti. In Austria, Bulgaria e Ungheria, gli zuccheri costituiscono più del 30% dell’apporto energetico totale nella metà o più dei prodotti (e oltre il 40% dell’apporto energetico totale in quattro prodotti su 10). I livelli sono un po’ più bassi in Israele, dove comunque quasi un prodotto su cinque ha il 30% di calorie derivanti da zuccheri. E ancora: circa un terzo dei prodotti presenta l’aggiunta di zuccheri (come tali o come succo di frutta concentrato). “I sapori dolci sono predominanti – commenta il rapporto – e questo può incoraggiare una preferenza a lungo termine per cibi dolci, indebolendo la rilevanza di campagne sulla sana alimentazione”.

Un altro aspetto critico riguarda l’apporto energetico: troppo basso in alcuni casi (molte zuppe, yogurt, omogeneizzati di carne o pesce e circa la metà delle puree di frutta e verdura) e troppo alto in altri (biscotti e cereali). “Una bassa densità calorica può essere problematica perché i bambini, che hanno uno stomaco di piccole dimensione, possono consumare solo piccole quantità di cibo a ogni pasto. Per questo è importante che i pasti siano ben bilanciati dal punto di vista energetico e nutrizionale”. Viceversa, un’elevata densità energetica può portare a un apporto calorico eccessivo, con rischio di sovrappeso e obesità.

Meno problematico, in generale, il contenuto di sodio e sale: sembra che non ci sia un’elevata diffusione di alte concentrazioni di sale, ma alcuni prodotti presenti sul mercato sono effettivamente salati (gli alimenti per bambini sotto i due anni non dovrebbero contenerne) e possono incoraggiare una preferenza per questo tipo di sapore. Per quanto riguarda i grassi, infine, l’osservazione riportata è che il contenuto totale tende ad aumentare via via che sale l’età dei bambini ai quali sono proposti i vari alimenti, mentre dovrebbe accadere il contrario: “Intorno ai sei mesi i bambini dovrebbero ricavare il 40-60% del loro apporto energetico dai grassi, ma intorno ai due anni questo apporto dovrebbe scendere al 30-35%”

Alimenti per bambini
Gli alimenti per bambini sotto i due anni non dovrebbero contenere sale

Come nel caso dell’indagine inglese, anche quella europea non si limita a mettere sotto accusa la composizione nutrizionale degli alimenti esaminati. Di nuovo, emerge il fatto che dal 28% al 60% dei prodotti viene commercializzato con un’etichetta che li indica come adatti al consumo da parte di bambini sotto i sei mesi d’età. Questo è in esplicita violazione di quanto previsto sia dal Codice internazionale sulla commercializzazione dei sostituti del latte materno, varato da Oms e Unicef nel 1981, sia dalla Guida pubblicata sempre dall’Oms nel 2016 per porre fine alla promozione inappropriata degli alimenti per l’infanzia. Entrambi i documenti, emanati a tutela dell’allattamento al seno e della nutrizione ottimale dei bambini sotto i tre anni, dichiarano che nessun alimento per l’infanzia dovrebbe essere indicato come adatto a bambini con meno di sei mesi, e invitano produttori e distributori ad attenersi a questa indicazione, anche nel caso in cui singole leggi nazionali permettano diversamente. Ma è chiaro che si tratta di un invito disatteso. Proprio come lo è quello a non riportare in etichetta claim salutistici o riferiti allo sviluppo dei bambini, presenti invece nel 13-35% dei prodotti. Infine, l’indagine riferisce che il 16-53% degli alimenti analizzati  propone sul packaging immagini di personggi di cartoni animati: “Una scelta che può essere vista come parte di una più ampia tendenza a rendere “divertente” il cibo per bambini, incoraggiando il cosiddetto pester power (la richiesta insistente da parte dei bambini di acquistare certi prodotti, generalmente associati a un bombardamento di marketing, NdR)”

La conclusione del documento è amara: “Nonostante siano passati 40 anni dall’introduzione del Codice e ci siano regole globali condivise sulla corretta promozione degli alimenti per l’infanzia, molte aziende produttrici continuano a non seguirle”. E sicuramente questo non vale solo per i pochi paesi presi in considerazione da queste ultime indagini: “Il fatto di aver ottenuto risultati molto simili soprattutto in Austria, Bulgaria e Ungheria suggerisce che il problema sia diffuso in tutta la Regione europea dell’Oms” sottolinea il documento. Che fare, dunque? Poche ma rivoluzionarie le indicazioni dell’Oms per il settore: ridurre il contenuto di zuccheri totali e zuccheri liberi presenti negli alimenti per l’infanzia, evitare l’aggiunta di zuccheri o dolcificanti, limitare la produzione di dessert e dolcetti vari, non proporre alcun alimento come adatto anche sotto i sei mesi e possibilmente indicare anche limiti superiori di età, per incoraggiare la transizione agli alimenti “da grandi” e all’alimentazione della famiglia. Infine, secondo l’Oms sarebbe il caso di rivedere e aggiornare, in alcuni paesi, le indicazioni sull’alimentazione complementare (lo svezzamento), tenendo conto di un contesto attuale in cui i prodotti industriali costituiscono un’elevata proporzione dell’alimentazione dei bambini nei primissimi anni di vita.

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gianni
gianni
1 Agosto 2019 14:46

La conclusione dell’articolo esprime amarezza e amari saranno anche i commenti a queste realta’. Questa è una delle tante giuste battaglie da combattere per far si che i legislatori si muovano nella direzione di regolare chiaramente le materie relative alla salute.
Mi sembra che il ministero della salute dovrebbe essere in realta’ chiamato ministero della malattia tanto sono impegnati a inseguire le malattie , peraltro giustamente , ma dimenticando clamorosamente di dare pareri chiari e vincolanti ai produttori e ai distributori o volendo essere molto diplomatici ci mettono secoli a decidere cio’ che in maniera elementare potrebbe aiutare a mantenere la salute.
C’e’ inoltre un risvolto assai antipatico a questa lentezza e assenza di chiare indicazioni : tra cartelli di produttori organizzati , distributori (GDO) che hanno interesse a vendere il massimo e sanno benissimo come gestire gli spazi e le debolezze dei consumatori e controllori e ricercatori che temono cause legali e sono a caccia di finanziatori si è creato un ambiente in cui regna la legge del piu’ forte ma non del piu’ giusto pur in presenza di evidenze , una volta tanto non è colpa dei complottisti.
Gli slogan e la pubblicita’ costituiscono la quasi esclusiva fonte di informazione , tra la gran parte dei consumatori regna la parzialita’ di informazione l’indecisione e in ultima analisi il pessimismo rassegnato.
Inoltre dato che qualcosa bisogna pur mangiare , poi tantissima gente si autoassolve anche se sa di fare la scelta sbagliata e ci si abitua.
E’ un circuito perverso in cui il consumatore dovrà scegliere l’informazione giusta finche’ ci sara’ qualcuno che la pubblica e cercare di modificare faticosamente alcune abitudini molto di moda.
Con la costrizione ormai non si convince piu’ nessuno , solo lo studio e l’educazione fin da piccoli possono mettere una pezza su questo casino.

Gesualdo
Gesualdo
5 Agosto 2019 06:24

Cari consumatori sopratutto genitori ,i vs bambini e anche noi grandi siamo in mano alle multinazionali .Nessuno va contro di loro perché foraggiano tutti con la pubblicità ingannevole.Noj utenti siamo padroni del mercato quindi leggiamo bene le etichette e lasciamo nei scaffali succhi di frutta merendine marmellate gelati ovetti ecc.ecc.Certo ci sono anche dei buoni prodotti e quelli dobbiamo scegliere.Questo si può fare tranquillamente e non costa niente.