Dalla trafilatura al bronzo alla lievitazione lenta, in etichetta crescono le indicazioni del metodo di produzione. I numeri dell’Osservatorio Immagino
Dalla trafilatura al bronzo alla lievitazione lenta, in etichetta crescono le indicazioni del metodo di produzione. I numeri dell’Osservatorio Immagino
Giulia Crepaldi 5 Agosto 2019“A lunga lievitazione”, “lavorato a mano”, “trafilato al bronzo”. Le tecniche di produzione fanno capolino sempre più spesso sulle etichette del cibo che compriamo al supermercato. Per avere un’idea chiara delle dimensioni del fenomeno l’Osservatorio Immagino ha esaminato le confezioni di oltre 72 mila prodotti, scoprendo che il 3% di essi – cioè 2.138 – riporta in etichetta i processi produttivi con cui sono stati realizzati, per un giro d’affari di oltre 645 milioni di euro.
I prodotti che evidenziano il metodo di produzione nel 2018 hanno fatto registrare un aumento delle vendite del 6,4% rispetto all’anno precedente. Crescono anche l’assortimento (+5,2%) e la domanda dei consumatori (+1,2%). Sono otto i claim che compaiono più spesso sulle etichette e che trainano le vendite: “trafilato al bronzo”, “lievitazione lenta, “lievitazione naturale”, “a lunga lievitazione”, “non filtrato”, “lavorato a mano”, “artigianale” ed “essiccato”.
“Trafilato al bronzo” è l’indicazione che compare più spesso sulle etichette: sono ben 824 le confezioni di pasta che la riportano, poco meno del 40% dei 2,138 alimenti che evidenziano le tecniche di produzione, con un giro d’affari di oltre 142 milioni di euro, in crescita del 5,2% nell’ultimo anno.
Il trio di claim legati alla lievitazione – lenta, naturale e lunga – complessivamente si ritrova su 288 alimenti, dai prodotti da forno alle pizze surgelate, in aumento del 5% rispetto all’anno precedente. Il volume delle vendite nel 2018 ha toccato i 130 milioni di euro, in crescita del 7,9%.
Ma a far registrare un vero e proprio boom è stato il claim “non filtrato”, il cui giro d’affari in un solo anno ha segnato un balzo in avanti del 47,4%. È la birra a fare la parte del leone in questo settore, contribuendo, da sola, a oltre il 50% delle vendite. In continua crescita anche le indicazioni “lavorato a mano” (+3,4%) e “artigianale” (+2,5%), mentre resta stabile il claim “essiccato”, che campeggia soprattutto sui pacchi di pasta.
Non tutti i prodotti che evidenziano il metodo di lavorazione stanno crescendo. L’Osservatorio Immagino ha rilevato un calo nelle vendite del 5,3% dei prodotti con il claim “estratto a freddo” che compare su poco più di 200 bottiglie di olio extravergine di oliva. Si restringe anche il giro d’affari dei prodotti “affumicati’, che cala del 3,4%.
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Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.
E in tv io ho sentito un tecnologo alimentare dire che in realtà la trafilatura al bronzo non è migliore di quella normale
Tutto marketing, come si deduce dalle cifre esposte. Poi sarebbe importante verificare se corrisponde effettivamente a quanto dichiarato ad esempio la lievitazione lenta, o peggio gli effetti disastrosi di non filtrare prodotti che si conservano per mesi, rilasciando sostanze non proprio innocue. Non filtrare va benissimo se consumo subito e la tecnologia lo permette ed ha senso.
Immagino per pudore non è stato censito il termine “non pastorizzato”….si sa Pasteur fu noto esponente delle Elite antibatteriche illuministe pre-cialtronevo
La trafilatura al bronzo consente alla pasta di semola di assorbire più i condimenti perché consente di avere una superficie più porosa. La trafilatura al teflon non consente ai condimenti di amalgamarsi con la pasta. Personalmente preferisco di gran lunga la pasta di semola trafilata al bronzo ed essiccata lentamente a basse temperature.
Patrizia Cristallo