Mentre 1 italiano su 3 pensa sia dovere delle aziende offrire risposte concrete per la riduzione dell’uso della plastica nelle confezioni dei prodotti, oltre 2 su 3 ritengono che le stesse non stiano facendo abbastanza per la sostenibilità. Questi i risultati di un’indagine IPSOS presentata all’incontro denominato “The third moment of truth: il packaging sostenibile è il nuovo tsunami?”,un evento interamente dedicato alla plastica.
Sebbene la maggior parte dei consumatori si aspetterebbe più reattività da parte delle aziende, qualcosa si sta muovendo e stanno nascendo progetti interessanti che ruotano attorno al più virtuoso dei processi previsti dall’economia circolare: il riutilizzo. Uno su tutti è il progetto denominato “Loop“, avviato a maggio nelle aree di Parigi e New York dalla compagnia TerraCycle, e che si espanderà a Londra nel 2019 e a Toronto, Tokyo e San Francisco nel 2020. Se il riutilizzo di imballaggi, soprattutto alimentari, fino a poco tempo fa sarebbe stato impensabile, il progetto rappresenta una risposta concreta a eventuali dubbi.
Si tratta di un nuovo modo di acquistare online, che prevede oltre al costo del normale articolo, un versamento da parte del consumatore di un deposito, completamente rimborsabile, per ogni imballaggio. Il deposito, per avere un’idea, corrisponde a circa 25 centesimi per una bottiglia di Coca-Cola ma si tratterebbe di imballaggi progettati per durare per almeno 100 cicli di utilizzo. Una volta che il prodotto è stato consumato, l’imballaggio viene ritirato gratuitamente da un corriere UPS, che collabora da anni con Terracycle. I clienti possono però scegliere di ordinare di nuovo il prodotto senza pagare l’imballo oppure chiedere la restituzione del deposito. I soldi si perdono solo quando l’imballo non viene restituito.
A questo punto i contenitori prelevati vengono puliti, disinfettati e riempiti nuovamente con il prodotto originale e rispediti. L’aspetto vantaggioso è che le spedizioni diventano gratuite dopo l’acquisto di cinque o sette articoli, a seconda della dimensione dei prodotti. Il ritiro del prodotto e la riconsegna del vuoto sono operazioni che i consumatori possono eseguire autonomamente anche presso rivenditori autorizzati. Ed è proprio in questa fase che entrano in gioco marchi come Kroger (la più grande catena di negozi di alimentari e la seconda più grande catena al dettaglio per fatturato degli Stati Uniti e del mondo) e Walgreens (la seconda catena più grande di farmacie degli Stati Uniti).
I prodotti provengono da oltre 70 marchi di fama mondiale tra cui Nestlé, Unilever, Procter & Gamble, Mars, Coca-Cola e PepsiCo, Mondelēz e Danone e il progetto ha debuttato al World Economic Forum di Davos, in Svizzera, a gennaio. Per ora i clienti devono iscriversi al programma pilota per ottenere l’accesso ai 300 prodotti disponibili in confezioni riutilizzabili. Nella lista troviamo articoli che vanno dal detergente Tide allo shampoo Pantene, dal gelato Häagen-Dazs al colluttorio Crest, e persino i vasetti in vetro per muesli Nature’s Path anche se l’intenzione è di estendere la partecipazione a tutti i consumatori.
Grazie a grandi rivenditori come Carrefour in Francia e Tesco nel Regno Unito, partner del progetto Loop, l’ambizione è arrivare a un sistema simile anche per i prodotti presenti sugli scaffali dei negozi. In sostanza il contenitore non viene più acquistato dal consumatore ma preso in prestito: assume quindi un valore sia per l’azienda che lo commercializza sia per il consumatore.
Terracycle assicura che il programma riduce gli sprechi, pur considerando l’energia necessaria per trasportare e preparare le confezioni per i riutilizzi. Ovviamente tutto dipenderà dal numero dei cicli a cui l’imballaggio resisterà e su questo parametro si gioca buona parte del progetto. Si stima che i costi di imballaggio siano raddoppiati per i produttori ma quest’ultimo viene compensato ammortizzando la spesa per usura.
Si tratta di un progetto innovativo che però potrebbe facilmente fallire per alcune semplici ragioni. Si chiede ai consumatori di ripensare completamente il modo in cui acquistano i prodotti, di versare in anticipo i depositi e molte persone potrebbero non aderire. Si presume che a parità di condizioni, la gente preferisca avere contenitori più resistenti ed eleganti di cui si devono fare carico fino alla riconsegna. Loop potrebbe essere un castello di carte. O forse no. La fattibilità passa dagli investimenti necessari all’inizio e dalla collaborazione con aziende che hanno un peso rilevante sull’economia globale, ma il successo passerà soprattutto della risposta da parte dei consumatori.
Lo stesso studio IPSOS di cui si è parlato all’inizio sostiene che i consumatori sono sempre più attenti all’impatto delle loro scelte sull’ambiente e che le aziende spesso sono valutate in base ai loro comportamenti e alle prese di posizione su questioni legate alla sostenibilità. Tra l’altro il packaging è ritenuto il primo fattore di sostenibilità su cui viene valutato un brand (dal 41% degli italiani). Le premesse per avviare concretamente l’economia circolare, quella vera, sembrano esistere: Loop potrebbe anche essere vincente.
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Esperto di Food Contact –
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Non ha nulla.di ecologico….è semplicemente folle.
Ricordatevi!!!! Unico prodotto riciclabile e” il VETRO non danneggia l”ambiente non fa infezioni al corpo umano,pesa un pochino ma”….con tutta la ginnastica che facciamo…..dai !!!!
Non è esatto. È un ottimo prodotto, ma anche dal punto di vista ambientale ha dei limiti. Il riciclo del vetro richiede energia ( non poca) e quindi si inquina. Poi ha il grosso difetto che fa trasportato vuoto ….e si inquina anche lì.
A me non sembra una cattiva idea. Si ridurrebbe di molto plastica e carta. Poi sicuramente si inquina sempre. Ma in attesa che qualcuno abbia di noi abbia un’idea migliore, io ci proverei. Già acquisto tutto ciò che posso sfuso, ma spesso si paga molto di più che non nel super… al mercato riuso i sacchetti di carta e gli imballaggi di plastica della frutta…ben vengano nuove idee. Grazie, buona giornata.
Caro Federico,
dire che è folle può anche essere accettabile, a patto che tu spieghi perchè l’dea è folle e magari proponi un’idea per te migliore. Altrimenti contribuisci involontariamente all’imperante scetticismo da bar che poi è un modo come un altro per giustificare l’immobilismo. Io credo che sicuramente queste idee siano un segnale positivo che va analizzato con attenzione per mantenere pressione sulle case produttrici, che sono sensibili ai riflessi sulla loro reputazione di contestazioni legate ad eventuale green washing. Poi magari tu ne sai più di me di LCA e misurazone della sostenibilità; alla luce delle mie conoscenze questo è un terreno di dibattito infinito (es. la consequential LCA amplia di molto l’analisi dell’impatto ambientale di un prodotto) e si rischia di arrivare alla analisi paralisi se non accettiamo di adottare soluzioni, seppur consci della loro perfettibilità. Sperando che in questo sito si voglia veramente contribuire ad una costruttiva discussione ti mando i miei più cordiali saluti,
Cesare
Anche in un progetto che concettualmente può essere giusto, si tuffano le multinazionali che impediscono al consumatore di scegliere in maniera indipendente. Io boicotto da anni i prodotti delle multinazionali, eppure se volessi in futuro (mi sembra d’aver capito che se ne parlerà dal 2020 in poi) aderire alla proposta del riuso dei contenitori, devo acquistare da loro. Da bambina mi ricordo che le bottiglie di vetro del latte, della birra e dell’acqua avevano il reso in qualsiasi negozio di alimentari, si anche la botteguccia sotto casa l’applicava, è così difficile ripristinare un’abitudine che per molti di noi dai 50 in su era un gesto scontato?