Cucchiaio di legno con sugo all'amatriciana e basilico; concept: sugo, salsa

pomodoriDue mesi fa sono morti 16 braccianti agricoli immigrati addetti alla raccolta del pomodoro in provincia di Foggia, a causa di incidenti avvenuti nel tragitto casa-lavoro. La triste vicenda ha fatto discutere per giorni e dopo circa un mese è stato avviato un tavolo di trattative tra governo, produttori, aziende di trasformazione e catene di supermercati per cercare di risolvere i problemi. L’elemento che emerge da questa storia è la realtà del caporalato ancora presente nel mondo agricolo. Uno dei motivi che può influenzare la situazione è l’abitudine di alcune catene della distribuzione come Eurospin, di acquistare milioni di bottiglie di passata di pomodoro attraverso le aste al doppio ribasso, aggiudicandosi i lotti a prezzi stracciati che non possono garantire la regolarità della  filiera.

In questa vicenda Coldiretti, in qualità di principale associazione del settore e quindi in prima fila nella vicenda delle aziende agricole che sfruttano illegalmente i lavoratori immigrati, anziché essere chiamata in causa è riuscita a  scaricare le responsabilità sui supermercati, chiamandosi fuori. Coldiretti attacca giustamente lo sfruttamento “che alimenta distorsioni lungo la filiera dalla distribuzione all’industria fino alle campagne”, ma assolve gli associati perché “i prodotti agricoli pagati sottocosto pochi centesimi spingono le imprese oneste a chiudere e a lasciare spazio all’illegalità”. Insomma la responsabilità non è delle aziende ma degli altri.

pomodoro coop origine
Coldiretti dimentica che Coop e Conad (le principali catene di supermercati italiane) nei contratti garantiscono un prezzo minimo e non comprano attraverso aste al ribasso

Roberto Moncalvo, presidente di Coldiretti, dimentica che Coop e Conad (le principali catene di supermercati italiane) nei contratti per il pomodoro garantiscono un prezzo minimo e non comprano prodotti attraverso aste al ribasso. La stessa cosa fanno anche le grandi aziende del settore come Mutti, con contratti di filiera a prezzi corretti. Il problema riguarda soprattutto una fetta minoritaria del mercato. Questo concetto è stato ribadito il 6 settembre dal presidente di Coop Italia Marco Pedroni, ricordando che le responsabilità non riguardano tutta la distribuzione, come ha lasciato intendere Coldiretti, ma solo alcune catene. Le politiche di Eurospine di altre catene discount che comprano sottocosto rappresentano il 20% circa del mercato.

Ci sono cose che non sono state dette in questa storia. La prima è che il 90% circa del pomodoro viene raccolto attraverso macchine. A testimonianza di ciò, consultando i registri UMA, in provincia di Foggia, dove si coltiva il 30% del pomodoro da industria italiano, risultano circa 500 macchine raccoglitrici. Per capire meglio basta dire che una macchina raccoglitrice necessita di tre/quattro addetti e fa il lavoro di circa 40 braccianti. Si ricorre alla raccolta manuale soltanto in campi con alta presenza di pietrisco di grosse dimensioni e campi collinari con forte pendenza dove le macchine non possono arrivare. Situazione che viene amplificata a seguito di forti piogge, allorquando l’agricoltore si vede costretto a raccogliere il pomodoro ormai maturo.

La raccolta a mano è ancora utilizzata per alcune specifiche produzioni, come ad esempio il pomodoro San Marzano Dop e per gran parte del pomodorino, per il quale, tuttavia, è in corso un importante processo di conversione a raccolta meccanica. C’è da specificare che al termine del periodo della raccolta dei pomodori (che ha una durata media per zona di coltivazione di 15/20 giorni massimo), questi lavoratori restano nella stessa area dove vengono chiamati per la raccolta degli asparagi, delle patate, agrumi e di altri prodotti. Le aziende di trasformazione preferiscono la raccolta meccanica – che, a partire dalla campagna 2016, nel Bacino Centro Sud è prevista nei contratti di fornitura come unica forma di raccolta del pomodoro – in quanto garantisce una migliore qualità del prodotto.

cesto pomodori
Le aziende di trasformazione preferiscono la raccolta meccanica del pomodoro

“Si è parlato di prezzi stracciati – spiega Giovanni De Angelis direttore generale Anicav – ma è utile ricordare, senza alcuna possibilità di essere smentiti, che il prezzo del pomodoro pagato dalle aziende italiane di trasformazione, in particolare del Bacino Centro Sud, agli agricoltori è il più alto al mondo, naturalmente tenendo conto del più elevato livello qualitativo della materia prima rispetto a quella degli altri Paesi produttori, e oscilla tra 90/100 euro a tonnellata, mentre in Spagna, che è il nostro principale competitor, i listini superano di poco i 70 euro/ton. Chi oggi vuole ancora teorizzare l’applicazione di un processo automatico che vede l’industria ribaltare sui fornitori di pomodoro le proprie “perdite” e di conseguenza “costringere” a ricorrere a forme di “lavoro irregolare” e di “sottosalario”, non conosce (o fa finta di non conoscere), evidentemente, le “regole d’ingaggio” della nostra filiera. Le aste online, di cui da qualche tempo si dibatte, rappresentano un elemento di grande criticità in particolare per le aziende di trasformazione, che si vedono costrette a pagare gli effetti negativi della pressione sui prezzi. Anche se non tutta la Grande distribuzione fa ricorso a queste pratiche di acquisto, gli effetti che ne derivano si ripercuotono sull’intero sistema: il prezzo che viene fuori dall’asta diventa, infatti, prezzo di riferimento, configurandosi come pratica sleale che favorisce fenomeni speculativi. Sarebbe, quindi, necessario intervenire a livello normativo.”

Per fornire un utile strumento di gestione nei rapporti tra aziende e supermercati, Anicav ha commissionato al Dipartimento di Economia della seconda Università Luigi Vanvitelli di Napoli uno studio finalizzato allo sviluppo di un modello di analisi dei costi ( industriali, di produzione ) di pelati, polpa e passata, che verrà presentato a fine novembre.

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