Il Ministero della salute ha diffuso l’avviso di richiamo di un lotto di fette di tonno pinne gialle (Thunnus albacares) congelato distribuito dall’azienda Melega & Prini Srl, per la presenza di elevati livelli di istamina (3.035 ppm). Il prodotto interessato dal provvedimento è venduto in confezioni sottovuoto da 175 a 225 grammi contenenti 2-3 fette ciascuna, che fanno parte del lotto BMI 18/02 (Item No 2451410) con data di scadenza 10/11/2019.
Il tonno pinne gialle richiamato è stato pescato nella zona FAO71 (Oceano Pacifico centro-occidentale) in Indonesia, importato da Nordic Seafood A/S e commercializzato in Italia da Melega & Prini Srl, di via Macello 29 a Bolzano (CE IT 1346).
L’azienda precisa di aver già effettuato il richiamo presso i due distributori all’ingrosso del prodotto e di aver apposto due avvisi per i consumatori nel negozio al dettaglio presso il Mercato Generale di Bolzano. Si raccomanda di non consumare il tonno coinvolto dal richiamo, che può essere restituito al punto vendita.
L’istamina si forma naturalmente in seguito alla degradazione dell’istidina, un aminoacido presente in alcuni pesci in grandi quantità, soprattutto quando le condizioni di conservazione non sono adeguate e la catena del freddo non viene rispettata. L’eccesso di istamina può causare sintomi come mal di testa, arrossamenti, prurito, nausea e vomito.
Dal 1° gennaio 2018, Il Fatto Alimentare ha segnalato 78 richiami, per un totale di 142 prodotti. Per vedere tutte le notifiche clicca qui.
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Troppo frequenti e diffusi negli ultimi anni i richiami di tonno per troppa istamina.
Non bastano più le segnalazioni, ma servono controlli preventivi a tappeto, in special modo su tutti i lotti importati ed a carico del grossista prima della distribuzione capillare.
Gentile Ezio, evidentemente non conosce il costo dell’analisi, l’analisi accreditata che prevede il saggio su 9 U.C. costa mediamente 450 euro. L’Italia non importa grandi quantitativi di congelato da paesi terzi, acquista soprattutto il decongelato, lavorato e additivato, che vende sui banchi di tutte le pescherie e supermercati. L’importazione è storicamente appannaggio della Spagna, li si c’è la responsabilità del controllo del carico dell’IMPORTATORE poichè primo acquirente nell’unione europea, se un GROSSISTA italiano lo acquista da un paese UE (Spagna), non ha l’obbligo di analisi su ogni lotto, ma le esegue a campione, assicurandosi di ricevere le analisi accompagnatorie del prodotto dal fornitore (questo poichè avviene il mutuo riconoscimento dell’operato di controllo fra i paesi membri, che rientra nel più ampio concetto di libera circolazione delle merci, che sposta i confini dei singoli stati a quelli dell’unione intera).
Detto ciò, il problema dell’istamina non è banale da dirimere: un lotto di tonni (ma anche di altri pesci con alto tenore di istidina) è composto normalmente da molti esemplari (potrebbero essere ad esempio quelli pescati in giornata, o di un unica sessione di pesca), l’istamina potrebbe svilupparsi solo in una parte dei pesci (e questo per la cascata di eventi che necessitano di verificarsi affinchè si arrivi all’istamina) ed ecco che l’analisi su ogni lotto sarebbe probabilmente una misura non esaustiva e insostenibile economicamente.
A titolo di informazione, si sta attualmente rivalutando l’intero processo di formazione ddi questa molecola, poichè sono sempre più le segnalazioni di presenza di istamina anche su acciughe campionate allo sbarco, fatto che sovverte lo schema canonico finora accettato.
Non contesto le argomentazioni su chi debba eseguire i controlli, ma non condivido la resa ad una situazione da sanare e prevenire e non da oggi, ma da parecchi anni.
Il problema istamina è trasversale e coinvolge molti alimenti, ma continuo a ripetere che è un problema sottovalutato soprattutto nel pesce importato e prevalentemente nel tonno, dovuta sicuramente ad una lavorazione e conservazione non idonea.
Serve una soluzione radicale, decisa e preventiva, senza attendere le segnalazioni a livello del commerciante o ristoratore finale.