Da un’indagine condotta da Altroconsumo insieme alle associazioni di consumatori di Austria, Belgio, Danimarca e Spagna, più di due terzi dei campioni di cozze, gamberi e sale analizzati sono risultati contaminati dalle microplastiche. Le analisi di laboratorio hanno riguardato 102 campioni: 38 di sale marino, 35 di cozze e 29 di gamberi. Di questi, ben 70 contenevano microplastiche, anche di tipi differenti (film, granuli e fibre). In 39 casi si trattava di una presenza giudicata dagli esperti “significativa”.
Per quanto concerne il sale, la presenza di microplastiche in quantità significativa è stata rilevata nel 39% dei campioni, mentre tracce (cioè solo alcune specifiche particelle) sono state riscontrate nel 29%. Per le cozze la presenza è stata rilevata nel 40% dei campioni e le tracce nel 31%. Infine, nei crostacei come gamberi, mazzancolle e scampi surgelati, le microplastiche erano presenti nel 34,5% dei campioni e le tracce nel 31%.
Tra i vari prodotti analizzati, le cozze sono risultate quelle con una percentuale più alta di contaminanti. Se nel 31% dei campioni ne sono state riscontrate solo tracce, nel 40% si trattava di una presenza significativa. Ciò è dovuto al fatto che le cozze, come le vongole o le ostriche, sono organismi filtratori, particolarmente esposti alla contaminazione perché si nutrono filtrando l’acqua.
Dei 102 campioni, 30 sono stati acquistati in Italia e Altroconsumo indica anche il nome dei produttori e dei punti vendita, specificando che l’indicazione è stta diffusa riportata per trasparenza “non per consigliare o sconsigliare le aziende: il problema delle microplastiche non dipende da come sono condotti gli allevamenti né dalle zone di pesca. Molluschi derivanti da una stessa zona possono o non possono essere contaminati. Solo le analisi riescono a stabilirlo”.
L’indagine si è concentrata su sale da cucina, cozze e crostacei. Non sono stati scelti pesci, perché le microplastiche rimangono circoscritte al tratto intestinale, che è una parte che normalmente non si consuma.
Compagnia Italiana Sali (CIS), in un comunicato a Il Fatto Alimentare, risponde ai timori sollevati dalle analisi di Altroconsumo, spiegando che l’azienda “Dal 2006 periodicamente analizza l’indice di idrocarburi per cromatografia in fase gassosa di tutti i suoi sali marini. Questo metodo consente di verificare il tasso di composti con catene di carbonio, tra cui la plastica, che durante tutte le rilevazioni è sempre stato al di sotto del limite di 0,5 mg/kg. Inoltre, vengono analizzati regolarmente gli insolubili del sale marino. Il tasso è tipicamente intorno allo 0,03% e si tratta essenzialmente di piccoli sassi e/o frammenti di conchiglie, presenti nel mare che sono di dimensione identica o più piccoli dei cristalli di sale. Durante le analisi non sono mai state trovate particelle di plastica.”
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a parte il lavoro di prevenzione sui mercati internazionali, su cui impegnarsi a fondo e subito, per ridurre e, magari, sostituire la produzione di plastiche immesse nel ciclo dei consumi, vorrei sperare che le ricerche siano finanziate e volte alla graduale eliminazione della loro presenza nei luoghi più inquinati (ma, oramai, un po’ dappertutto) della terra (intesa come pianeta).