Nel mondo dei dolcificanti è in arrivo una vera e propria rivoluzione: dallo scorso novembre è stato ammesso in Europa l’uso della Stevia, una pianta della famiglia dei crisantemi originaria del Sudamerica, dove è utilizzata da secoli per il suo potere dolcificante, molto superiore rispetto a quello dello zucchero ma senza calorie e privo di potere cariogeno. Insomma i glucosidi steviolici – questo il nome delle sostanze attive estratte dalla pianta – sono il vero sogno dei golosi. Sogno proibito fino a poco tempo fa per gli europei, dove la commercializzazione della Stevia è stata a lungo ostacolata, suscitando non poche polemiche.
Negli Stati Uniti gli estratti di Stevia sono strati autorizzati dalla Food and Drug Administration nel 2008, rivoluzionando il mercato dei dolcificanti, la stessa cosa si è verificata in Francia dove la Stevia è commercializzata dal 2010 grazie a una deroga.
Ora però la Stevia – finora accessibile semi clandestinamente su internet – è commercializzata in Europa e quindi anche nel nostro paese, dove è già arrivato sugli scaffali dei supermercati Dietor Cuore naturale, «primo dolcificante ipocalorico davvero naturale» a base di Stevia e Fruttosio disponibile in bustine e compresse. Ed è probabile che il dolcificante faccia presto la sua comparsa anche come dolcificante in bibite e dolciumi. È quanto sembra annunciare un entusiastico comunicato della Coca-Cola Europe, che punta ad aggiungere la stevia alla gamma di edulcoranti già utilizzati.
Con quali effetti sulla salute dei consumatori? È forse il caso di partire da una considerazione di base: un costante consumo di dolcificanti può essere diseducativo, specie per bambini e ragazzi perché abitua a sapori artificiosamente dolci. E non solo: secondo alcuni studi recenti, finirebbe con l’interferire sui meccanismi regolatori dell’appetito inducendo a mangiare di più.
Detto questo però, in linea di massima la Stevia è un prodotto sicuro: «la pianta non ha dimostrato effetti tossici, neppure rischi dal punto di vista cancerogeno. L’Autorità per la sicurezza alimentare ne ha concesso l’uso dopo una valutazione del profilo di sicurezza, e come tale non ci sono dubbi» osserva Fabio Firenzuoli docente di Fitoterapia clinica presso l’Università di Firenze. Dubbi che potrebbero nascere però «qualora le piante utilizzate fossero OGM, oppure se non fosse garantita la purezza delle sostanze utilizzate, come ad esempio circa i residui di solventi usati, o la presenza di principi attivi della pianta diversi dai glucosidi». Oppure se non fossero rispettate le dosi raccomandate pari, per gli adulti, a 4 mg per chilo di peso corporeo al giorno: una dose, avverte una nota dell’Efsa che potrebbe essere facilmente superata nei bambini, forti consumatori soprattutto di bevande gassate.
Secondo Catherine Leclercq, ricercatrice presso l’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (Inran), la cautela è comunque d’obbligo, così come per gli altri edulcoranti intensi. “Le linee guida dell’Inran sconsigliano gli edulcoranti nei bambini fino a 3 anni e non c’è motivo di trattare la Stevia in modo diverso dagli altri: naturale non significa meno dannoso. Secondo le stesse linee guida anche chi è a dieta o soffre di diabete non deve rinunciare allo zucchero, ma ridurne il consumo. Non c’è quindi bisogno di consumare edulcoranti e ancor meno bibite edulcorate”.
Per quanto riguarda le incertezze tossicologiche, il Panel incaricato dall’Efsa di valutare la sicurezza d’uso degli steviosidi estratti dalla pianta ha sottolineato che ci potrebbe essere una preoccupazione circa il loro uso in alcuni gruppi di popolazione e nei soggetti colpiti da malattie autoimmuni o infiammazioni del tratto gastrointestinale. «Questa preoccupazione deriva dai risultati di sperimentazioni animali che secondo il Panel dell’Efsa sono ancora da confermare», osserva la ricercatrice. «La Commissione Europea non ha quindi probabilmente ritenuto necessario che vengano identificati sull’etichetta dei prodotti contenenti Stevia questi gruppi a rischio, così come invece avviene per altri edulcoranti». Nel caso dell’aspartame ad esempio i prodotti devono riportare la dicitura «Contiene una fonte di fenil-alanina» per proteggere i soggetti affetti da fenilchetonuria. «Visto il successo commerciale della Stevia nei paesi dov’è stato autorizzato, è auspicabile che quest’aspetto venga chiarito nel più breve tempo possibile» conclude Leclercq.
Da questo punto di vista, potrebbe essere inopportuno riportare tra le proprietà della pianta (come fa la Dietor sul suo sito) «un’interessante attività antiinfiammatoria e lievemente antiipertensiva» che al momento non sembra suffragata da sufficienti conferme.
Paola Emilia Cicerone
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