La lista dei falsi test per intolleranze e allergie alimentari. La denuncia dei medici. Il decalogo da seguire e i consigli degli esperti
La lista dei falsi test per intolleranze e allergie alimentari. La denuncia dei medici. Il decalogo da seguire e i consigli degli esperti
Redazione 14 Febbraio 2018Il proliferare di falsi test diagnostici per individuare intolleranza o allergie alimentari ha generato negli ultimi anni molta confusione e false aspettative di dimagrimento nei soggetti in sovrappeso. Per aiutare i cittadini a riconoscere le bufale nascoste dietro al business dei falsi test, valutato in circa 3 milioni di euro, l’Associazione italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica – ADI, in collaborazione con le maggiori Società scientifiche (AAIITO, AIGO, AMD, ANDID, SIAAIC, SIAIP, SID, SINU, SINUPE e SIO) ha elaborato un decalogo (*) validato dal Ministero della salute, che sarà consultabile nei prossimi giorni sul sito anti-bufale della Fnomceo (www.dottoremaeveroche.it).
L’iniziativa si è resa necessaria per l’aumento delle persone che si presentano dai medici accusando gonfiore addominale e difficoltà nella digestione dopo avere seguito cure basate su risultati di test non validati (basati su eseguiti su campioni biologici come sangue, saliva, capelli) o dopo aver seguito diete assolutamente prive di efficacia e dannose non prescritte da medici. Le diete che escludono determinati alimenti, se non adeguatamente gestite e monitorate da un professionista sanitario competente, possono comportare un rischio nutrizionale non trascurabile soprattutto nei bambini. I medici sottolineano che non è una buona idea escludere dalla dieta dei bambini alimenti come latte o grano dalla dieta del bambino sulla base dell’esito di questi test, visto che la diffusione delle diverse intolleranze alimentari è legata in gran parte alle abitudini di vita. Non a caso in Italia le reazioni più diffuse sono quelle legate a: latte, grano, uova e soia.
Il decalogo
1. Le intolleranze alimentari non sono responsabili di sovrappeso e obesità, che sono condizioni causate prevalentemente da uno stile di vita inadeguato. Le intolleranze alimentari “vere” sono poche e possono indurre disturbi gastrointestinali o di altro genere.
2. No all’autodiagnosi ed ai test effettuati direttamente presso i centri laboratoristici senza prescrizione medica. Se si sospetta una reazione indesiderata a seguito dell’ingestione di uno o più alimenti è necessario rivolgersi al proprio medico, che valuterà l’invio allo specialista medico competente. Lo specialista è in grado di valutare quali indagini prescrivere per formulare la diagnosi più corretta.
3. Non rivolgersi a personale non sanitario e attenzione a coloro che praticano professioni sanitarie senza averne alcun titolo. Spesso i test non validati per la diagnosi di intolleranza alimentare, vengono proposti da figure professionali eterogenee, non competenti, non abilitate e non autorizzate, anche non sanitarie. Non effettuare test per intolleranze alimentari non validati scientificamente in centri estetici, palestre, farmacie, laboratori o in altre strutture non specificatamente sanitarie. Solo il medico può fare diagnosi.
4. Diffidare da chiunque proponga test di diagnosi di intolleranza alimentare per i quali manca evidenza scientifica di attendibilità. I test non validati sono: dosaggio IGg4, test citotossico, Alcat test, test elettrici (vegan\test, elettroagopuntura di Voll, bioscreening, biostrengt test, sarm test, moratest), test kinesiologico, dria test, analisi del capello iridologia, biorisonanza, pulse test, riflesso cardiaco auricolare.
5. Non escludere nessun alimento dalla dieta senza una diagnosi ed una prescrizione medica. Le diete di esclusione autogestite, inappropriate e restrittive possono comportare un rischio nutrizionale non trascurabile e, nei bambini, scarsa crescita e malnutrizione. Possono, inoltre, slatentizzare disturbi alimentari. Quando si intraprende una dieta di esclusione, anche per un solo alimento o gruppo alimentare, devono essere fornite specifiche indicazioni nutrizionali, per assicurare un adeguato apporto calorico e, di macro e micronutrienti.
6. La dieta è una terapia e pertanto deve essere prescritta dal medico (*). La dieta deve essere gestita e monitorata da un professionista competente (dietologo, biologo nutrizionista o dietista) per individuare precocemente i deficit nutrizionali e, nei bambini, verificare che l’accrescimento sia regolare.
7. Non eliminare il glutine dalla dieta senza una diagnosi certa di patologia glutine correlata. La diagnosi di tali condizioni deve essere effettuata in ambito sanitario specialistico e competente, seguendo le linee guida diagnostiche.
8. Non eliminare latte e derivati dalla dieta senza una diagnosi certa di intolleranza al lattosio o di allergie alle proteine del latte. La diagnosi di intolleranza al lattosio o allergie alle proteine del latte deve essere effettuata in ambito sanitario specialistico e competente, tramite test specifici e validati.
9. Per una corretta diagnosi rivolgersi a un medico (dietologo, medico di medicina generale, pediatra di libera scelta, allergologo, diabetologo, endocrinologo, gastroenterologo, internista, pediatra).
10. Non utilizzare internet per diagnosi e terapia. Il web, i social network ed i mass media hanno un compito informativo e divulgativo e non possono sostituire la competenza e la responsabilità del medico nella diagnosi e prescrizione medica.
Firmatari del decalogo: Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica (ADI); Federazione Nazionale Ordine Medici Chirurghi e Odontoiatri (FNOMCeO);Associazione Allergologi Immunologi Italiani Territoriali e Ospedalieri (AAIITO); Associazione Italiana Gastroenterologi ed Endoscopisti Ospedalieri (AIGO); Associazione Medici Diabetologi (AMD); Associazione Nazionale Dietisti (ANDID); Società Italiana Allergologia, Asma e Immunologia Clinica (SIAAIC); Società Italiana di Allergologia e Immunologia Pediatrica (SIAIP); Società Italiana di Diabetologia (SID); Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU), Società Italiana di Nutrizione Pediatrica (SINUPE)
(*) La dieta, come terapia in stati patologici, può essere prescritta solo da un medico, proprio come un farmaco. Una volta prescritta da un medico, la dieta può essere elaborata anche dai dietisti e dai biologi nutrizionisti.
Buongiorno, grazie dell’articolo. Purtroppo moltissime persone che effettuano i test menzionati li esegue in base alle indicazioni di un medico (con varia specialità) e questo rende difficile, a livello di azienda sanitaria, contrastare il fenomeno. Buon lavoro
trovo che l’articolo, nonostante sottolinea giustamente la non validità di questi test dal punto di vista scientifico, sia un po’ viziato. La dieta non è atto prettamente medico, ci sono altri professionisti che PER LEGGE possono consigliare piani alimentari e sono i dietisti, su prescrizione medica, e i biologi, in completa autonomia. Un professionista abilitato per legge a consigliare una strategia nutrizionale può certamente valutare di fare diete ad esclusione a seconda della situazione e della eventuale patologia, se lo ritiene opportuno, senza per questo sostituirsi al medico o voler fare una diagnosi… questo anche alla luce del fatto che molte delle persone che si rivolgono con disperazione altrove (erboristerie, farmacie, naturopati, centri estetici, iridologi, riflessologi ecc), si sono già rivolte al medico senza ottenere consigli validi e spesso nemmeno una prescrizione per visita specialistica. C’è poi da dire che a volte, purtroppo, questi test sono proposti proprio dai professionisti abilitati, ho visto gastroenterologi proporre test delle intolleranze a 250 euro…. e mica uno solo, anche se l’ordine dei medici si è espresso da tempo in merito alla questione.
il succo è che se si vuole fare informazione e divulgazione (e non mi riferisco al fattoalimentare, ma alla classe medica) è meglio farla in maniera chiara, non sibillina, non sempre impregnata da questa paura che altre figure possano “rubare il lavoro” travestita da preoccupazione per il paziente (che tante volte non c’è proprio…)…e in primis è meglio epurare il campo da tutti quei professionisti abilitati per legge a fare questo lavoro che propongono in prima persona i test.
“7. Non eliminare il glutine dalla dieta senza una diagnosi certa di patologia glutine correlata. La diagnosi di tali condizioni deve essere effettuata in ambito sanitario specialistico e competente, seguendo le linee guida diagnostiche.”
Ormai è troppo tardi, il business marchettaro mondiale sulla glutine-fobia ignoranza-correlata non si ferma più…
La glutine-fobia è chiara sintesi di questo fenomeno inizialmente marginale, non a caso poi sdoganato ed esaltato non da rigorosi personalità scientifiche, ma da testimonial di Hollywood che grazie ad un web disinformato e permeabile è dilagato, degenerato meglio, infine in vero e proprio preoccupante fenomeno sociale di costume.
Intolleranze, allergie, difficoltà digestive per assenza/presenza di enzimi non sono esclusiva dei cereali e del glutine, ma riguardano tutti i cibi e in particolare i LEGUMI che tutti oggi invece esaltano con pericolosa faciloneria dimenticando o sottovalutando nell’ardore delle crociate ideologiche, o, peggio, del prezzolato marketing allarmista, i gravissimi rischi del favismo, del latirismo, dell’acido fitico, delle saponine ecc.
Massima attenzione e rispetto ai veri affetti da patologie vere e studiate solo recentemente (meno di 50 anni) come la celiachia e, fortunatamente, in poderoso aumento non dei casi ma delle conoscenze, ma , ripeto nessuna strumentalizzazione marchettara per imporre subdolamente ad es. taumaturgici grani antichi-vintage. Del resto solo recentemente, e grazie alle proteste di pochi coraggiosi scienziati, finalmente dichiarati con ferma chiarezza altrettanto pericolosi e proibiti per il celiaco.
Sempre più forte comunque l’ipotesi “virus” scatenante celiachia
http://science.sciencemag.org/content/356/6333/44.abstract
Reovirus infection triggers inflammatory responses to dietary antigens and development of celiac disease
R Bouziat, R Hinterleitner, JJ Brown… – …, 2017 – science.sciencemag.org
http://www.ilfattoalimentare.it/celiachia-virus-glutine-vaccino.html
“… In entrambi i casi i topi hanno eliminato senza problemi il reovirus. Tuttavia dopo l’infezione i topi attaccati da una delle due varianti, se nutriti con cibo contenente glutine, sviluppavano una risposta infiammatoria del sistema immunitario
… bambini con un sistema immunitario ancora immaturo sono molto suscettibili alle infezioni virali. Quando il glutine viene introdotto per la prima volta nella dieta, proprio mentre è in atto un’infezione da reovirus, quest’ultimo in qualche modo potrebbe confondere il sistema immunitario…”
“…ulteriore indizio di essere sulla strada giusta viene dal fatto che gli studiosi hanno anche riscontrato come i celiaci abbiano mediamente livelli più alti di anticorpi contro i reovirus rispetto ai non celiaci…”
Ma il furore ideologico non si quieta certo così facilmente e allora ecco spuntare il lucrevole tarlo della “GLUTEN SENSITIVITY” certo un problema esiste, s’intravvede, ma è artificialmente GONFIATO, sovrastimato, assolutamente lontano da quanto desidererebbe il marketing che auspica il trasloco da pasta-pane a cibi più elaborati e soprattutto REMUNERATIVI
Nonceliac gluten sensitivity or wheat intolerance syndrome?
S Guandalini, I Polanco – The Journal of pediatrics, 2015 – jpeds.com
“…How common is NCGS?…As a result, various estimates ranging from 0.6 % based on rigorous national US surveys to around 6% to a WHOPPING 50% of the general population in some popular WEBSITES (ma guarda un pò….)
La tanto sbandierata “gluten sensitivity” o meglio ridefinita in ambito medico NCGS (sensibilità al glutine non celiaca) e più recentemente Wheat Intolerance Syndrome (“ more honest term” sempre secondo Guandalini 2015) è argomento assolutamente non definito in ambito scientifico internazionale…. (Gibson et al 2012, Biesiekierski et al. 2011). Da studi recenti inoltre emerge che ad incidere in maniera importante sullo sviluppo dei sintomi sembrano essere anche i conservanti e gli addittivi alimentari come glutammato, benzoato, solfiti, nitrati e i coloranti. Recente è anche l’ipotesi che trova sempre più riscontri che a scatenare i disturbi gastrointestinali non sia il glutine ma un gruppo di carboidrati, i cosiddetti FODMAPS ossia «Oligosaccaridi, Disaccaridi, Monosaccaridi e Polioli Fermentabili», presenti si nei cereali, ma anche in alimenti come il latte, le mele, le cipolle e molti altri. “Graditi” alla flora intestinale, con conseguente fermentazione, produzione di gas e di acidi grassi.
http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0016508513007026
No effects of gluten in patients with self-reported non-celiac gluten sensitivity after dietary reduction of fermentable, poorly absorbed, short-chain carbohydrates
JR Biesiekierski, SL Peters, ED Newnham, O Rosella… – Gastroenterology, 2013 – Elsevier
Una dieta che escluda questi carboidrati, sviluppata per la prima volta nel 2008 (Shepherd, Susan J., et al., Dietary Triggers of Abdominal Symptoms in Patients With Irritable Bowel Syndrome: Randomized Placebo-Controlled Evidence, in «Clinical Gastroenterology and Hepatology», 6.7, 2008, pp. 765-771.) ,
riesce ad alleviare i sintomi di chi soffre di sindrome del colon irritabile, cosa che invece non può fare totalmente una dieta senza glutine perché non esclude altre possibili fonti che scatenano la reazione.
“Uno dei problemi è che se un paziente ha un miglioramento, anche parziale, a seguito di una dieta senza glutine, non è necessariamente detto che il problema sia proprio il glutine, dato che nel frumento sono presenti molte altre sostanze. Concentrarsi troppo sul glutine e accusarlo definitivamente in questa fase ancora esplorativa potrebbe essere controproducente, ma se la ricerca scientifica ha i suoi tempi, in questo regno di incertezza il marketing alimentare è invece entrato a gamba tesa, grazie agli enormi interessi economici in gioco”
http://bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2015/05/08/vade-retro-glutine/?refresh_ce
http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/apt.13372/full
Randomised clinical study: gluten challenge induces symptom recurrence in only a minority of patients who meet clinical criteria for non‐coeliac gluten …
B Zanini, R Baschè, A Ferraresi, C Ricci… – Alimentary …, 2015 – Wiley Online Library
Nell’esperimento in doppio cieco su pazienti autodiagnosticati NCGS,
il 17% non ha evidenziato nessun sintomo e il 67% non è stato capace di identificare esattamente quando veniva somministrato glutine.
Si confermano le conclusioni di altri lavori che evidenziano il probabile effetto scatenante dei FODMAPS (oligosaccaridi fermentabili) più che del glutine, contenuti oltre che nel grano anche in altri alimenti (NCSG rinominata WIS)
E sempre più evidente il ruolo dell’effetto NOCEBO (contrario di placebo) in cui lo stesso paziente fa scatenare la reazione perché percepisce in anticipo come nocive le caratteristiche del farmaco o alimento che sta assumendo
http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1542356515001536
Small amounts of gluten in subjects with suspected nonceliac gluten sensitivity: a randomized, double-blind, placebo-controlled, cross-over trial
A Di Sabatino, U Volta, C Salvatore, P Biancheri… – Clinical …, 2015 – Elsevier (univ Pavia, Gastroenterologia)
…in altre parole, forse la sensibilità al glutine esiste, ma riguarda una piccola percentuale di persone, mentre il 95% dei soggetti che sostengono di essere sensibili sono probabilmente vittime dell’effetto nocebo.
La maggior parte dei pazienti, infatti, mostra gli stessi sintomi sia assumendo il glutine sia il placebo, che nel caso specifico era amido di riso…
Tutte indicazioni legittime ma solamente in negativo assoluto.
Difficile per cotante associazioni associate nell’iniziativa, fare anche un’undicesima raccomandazione, con un piccolo elenco in positivo dei test d’intolleranza validati ed affidabili maggiormente richiesti?
Per le allergie ci sono test validati che ogni medico o pediatra prescrive senza troppe complicazioni, per un primo intervento mirato ed eventualmente da approfondire con visita specialistica allergologica.
Ma per le intolleranze più comuni agli alimenti maggiormente consumati e sensibili di causare difficoltà digestive e metaboliche, la strada non è semplice, come annunciato nel decalogo e qualche indicazione positiva dirimente, potrebbe essere molto utile.
Non basta prescrivere divieti, occorre dare giuste indicazioni ed utili consigli in positivo, per prevenire i tanti comportamenti sbagliati segnalati, perché serve di più un contributo di cento divieti.
Ezio parole sante
“La dieta è una terapia e pertanto deve essere prescritta dal medico. La dieta deve essere gestita e monitorata da un professionista competente per individuare precocemente i deficit nutrizionali e, nei bambini, verificare che l’accrescimento sia regolare”.
Una precisazione, le diete alimentari, intese come regime alimentare, possono esser prescritte anche dal BIOLOGO NUTRIZIONISTA, una volta che le è stata accertata dal medico una patologia.
Nell’articolo si parla esclusivamente di test non validi, ma non si fa alcuna menzione agli esami che invece lo sono. Sarebbe utile qualche indicazione in più e meno imparziale. Che ne dite?
Infatti !!
E’ notorio che agli autoritari viene meglio vietare, mentre gli autorevoli preferiscono istruire.
“La dieta è una terapia” – non necessariamente deve sussistere una patologia per poter consigliare una dieta. Un professionista come dietologo o biologo nutrizionista può considerare di consigliare una dieta a un individuo che pur essendo sano necessita di un ribilanciamento dei principi funzionali. In sintesi: una dieta non si segue solo per “curare” qualcosa ma si può seguire anche per assicurarsi semplicemente di “mangiar bene ed equilibrato”. Non bisogna aspettare di esser malati per migliorare la propria dieta!
Buongiorno,
riprovo a scrivere perché il mio commento dell’altro giorno non è andato a buon fine.
D’accordo su tutto ma riguardo i punti 5 e 6 e in particolar modo l’asterisco: il medico NON è un esperto in nutrizione in quanto tale, deve aver seguito un percorso di studi appropriato altrimenti può fare tanti danni quanti uno pseudo-nutrizionista da strapazzo. Conoscere il corpo umano come è fatto e come funziona non significa conoscere l’interazione dei cibi con esso, ad esempio porto l’immenso lavoro del dottor Paolo Mainardi (chimico, non medico e non nutrizionista) che ha studiato l’asse intestino-cervello dal 1981 a tutt’oggi. Alle sue conferenze ci sono non a caso molti medici che vogliono saperne di più su come funziona l’intestino in interazione con il cervello (e il resto del corpo) in quanto alla facoltà di Medicina, con un corso di laurea standard di Medico-Chirurgo, non si studia nutrizione.
Il decalogo riportato nell’articolo è quindi chiaramente orientato e di parte, molto probabilmente la preoccupazione è di tipo commerciale e non della salute delle persone.
Buona salute a tutti.
Il termine dieta è percepito ed usato prevalentemente come terapia che rimedia un problema medico patologico o metabolico, mentre avrebbe un’accezione molto più ampia ed inclusiva.
Giustamente per i dietologi e nutrizionisti la dieta va prescritta se c’è una diagnosi medica, mentre se non c’è patologia ma solo prevenzione, siamo in un campo poco definibile perché gli stili di vita sono di libera scelta e le intolleranze intese come difficoltà digestive, sono ancora indefinite se escludiamo il lattosio.
Ecco perché non è corretto vietare ciò che non è ancora definito scientificamente, ma serve molta disponibilità, ricerca ed apertura mentale.
La “prevenzione” è un vasto campo che impatta in molti aspetti della vita e non solamente quello biologico-chimico dietetico.
Basti pensare al mondo vegano, vegetariano, macrobiotico, paleolitico, gluten-free, ecologista biologico, ecc… che seguono una “dieta” certamente non prescritta ne terapeutica, ma solamente idealistica/etica ed energetica molto particolari ad esclusione di molti alimenti comunemente usati.
Tratto dal punto 3: “…Non effettuare test per intolleranze alimentari non validati scientificamente in centri estetici, palestre, farmacie, laboratori o in altre strutture non specificatamente sanitarie…” Noto che la farmacia viene menzionata insieme a centri estetici e palestre, benché vi operi il farmacista, che è una figura sanitaria. Puó darsi che anche in farmacia vengano effettuare analisi non scientificamente validate, ma a questo punto io dico: dato che il farmacista è un professionista con laurea quinquennale ed abilitazione, iscritto ad uno specifico ordine professionale, e non un naturopata, nè un istruttore di palestra, nè un estetista, mi sarei aspettata un comportamento differente dalla FNOMCEO. La federazione sa che nelle farmacie territoriali, da qualche anno, i pazienti possono effettuare analisi di prima istanza (auto-analisi, senza prelievo venoso etc.) Dunque, molto prima di divulgare questo decalogo, la FNOMCEO avrebbe dovuto comunicare alla Federazione nazionale degli Ordini dei Farmacisti quali tipi di analisi e metodi non abbiano validità scientifica, quali tipi di apparecchiature non acquistare e quindi quali tipi di test non effettuare in farmacia. È così che bisognerebbe comunicare tra operatori sanitari, di certo non invitando il cittadino a diffidare dai test che si effettuano in farmacia, la quale peraltro rappresenta un presidio sanitario. Stride molto il suo accostamento a palestre e centri estetici…