Test extravergini d’oliva: la rivista francese 60 millions fa la classifica dei migliori oli. Primo Monini, delude Carapelli al 14° posto
Test extravergini d’oliva: la rivista francese 60 millions fa la classifica dei migliori oli. Primo Monini, delude Carapelli al 14° posto
Valeria Nardi 15 Giugno 2015La rivista francese 60 millions de consommateurs, ha realizzato un test comparativo su 20 olii d’oliva extravergini di varie marche tra cui le italiane Monini e Carapelli. Il panel ha incluso le referenze più comuni che si trovano sugli scaffali, otto olii biologici, alcune marche delle catene di supermercati, uno di un hard discount e un Dop. Il prezzo al litro varia dai cinque ai nove euro e mezzo, tranne per il prodotto DOP, firmato dalla famosa casa gastronomica Fauchon venduto a 65,40 euro e le cui olive provengono esclusivamente dal distretto di Aix-en-Provence.
Le analisi hanno preso in esame il profilo fisico-chimico valutando l’ossidazione, la degradazione dei trigliceridi e la purezza. Questi parametri rappresentano il 50% del punteggio totale, l’altra metà dipende dai risultati ottenuti nella prova d’assaggio. Se i test fisico-chimici sono stati superati da tutti i campioni senza grande difficoltà, nella degustazione ben 11 extravergini non hanno raggiunto la sufficienza (sei dei quali provenienti da agricoltura biologica). Tra quelli che hanno deluso al gusto troviamo Carapelli Classico con una prova scarsa sull’intensità del fruttato. L’altra referenza dell’azienda presente nel panel, quella biologica, è risultata accettabile sotto l’analisi sensoriale, piazzandosi meglio nella classifica generale. Va detto che entrambi i prodotti della marca italiana sono ricavati da olive provenienti dall’Unione Europea.
In cima alla classifica del test realizzato dalla rivista 60 millions des consommateurs si è piazzata la bottiglia Monini Classico (vedi foto in basso), ottenuta con olive italiane, che oltre ad aver raggiunto il massimo del punteggio per la parte fisico-chimica, ha soddisfatto i giudici all’assaggio meritandosi il primo posto, come del resto è avvenuto nella prova realizzata in Italia un mese fa dalla rivista Test*.
Anche il mensile dell’Unione francese dei consumatori, Que Choisir, ha pubblicato nell’ultimo numero un test comparativo su 28 extravergini. I parametri sono gli stessi usati da 60 millions des consommateurs, a cui va aggiunta una valutazione sulla presenza di tracce di pesticidi. Il vincitore è ancora una volta Monini Classico, spremuto da olive italiane, così come il terzo classificato, Naturalia Bio. Dei 28 campioni esaminati da Que Chosir, otto sono stati declassificati a semplici oli vergini a causa dei risultati negativi ottenuti nell’analisi fisico-chimica o nella prova di degustazione. Tra questi troviamo in ultima posizione Carapelli Bio, e in quartultima Carapelli classico, a riprova che il marchio italiano non soddisfa le aspettative del panel.
Questi due verdetti confermano i risultati pubblicati pochi giorni fa dalla rivista Test, in una prova simile condotta su 20 bottiglie di olio extravergine, conclusa con il declassamento a semplici vergini di quasi la metà dei campioni. Nella lista dei bocciati troviamo tre marchi di proprietà di Carapelli (Bertolli Gentile, Sasso Classico e Carapelli il Frantoio). L’aspetto curioso della vicenda è che l’azienda, aveva contestato i risultati della rivista Test avanzando critiche alla prova di “assaggio” descritta come un “un test soggettivo”, mentre si tratta di un’analisi condotta con rigore scientifico tanto da avere anche valore legale.
*La rivista italiana ha valutato il Monini GranFruttato selezione.
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Giornalista, redattrice de Il Fatto Alimentare, con un master in Storia e Cultura dell’Alimentazione
Visto che ora sono due i test che declassano olio che pretende di essere EV, ma non lo è, qualche autorità italiana ha intenzione di prendere provvedimenti?
Molti i nomi di aziende, produttrici di olio extra vergine, che prima erano italiane, ora non lo sono più perché sono state comprate da OLEA; Una grossa società commerciale spagnola che tratta gli oli d’oliva : Non c’è da meravigliarsi dunque sulla scadente qualità posta in vendita in tutto il mondo come un prodotto italiano, di eccellenza, ma che in realtà potrebbe essere usato per ungere la catena della bicicletta !
Mi meraviglia piuttosto il fatto che lei, sig Fabrizio Giudici, non lo sapesse. Cordiali saluti
Penso che lo sappiano anche i muri, sig. Ottani, che Olea detiene in gran numero di marchi “italiani”. Quello che non capisco è il senso della sua risposta: la questione non è sull’italianità o no dell’olio (quest’anno ce n’è ben poco di olio italiano in circolazione, per i problemi della nostra produzione), ma che cosa è o non è olio EV. Cosa è EV (e tutte le altre denominazioni) è stabilito da una serie di direttive europee: per cui chiunque commercia olio in Europa non può scegliere a capocchia di denominarlo EV se non è EV. O no?
E’ assurda la quantità di bottiglie di olio scadentissimo che si trovano negli scaffali dei supermercati, non solo francesi.
il gusto è un elemento quanto mai soggettivo. A mio parere Carapelli, Bertolli e Sasso sono di gran lunga gli EVO più affidabili.
Mi dispiace contraddirla ma non e proprio così.I panel di degustazioni sono validi a livello internazionale e non sono lasciati certo al gusto dei singoli. Carapelli e sempre in coda nella classifica dei test fatti in vari paesi ci sarà un buon motivo.
Per carità, i gusti sono certamente soggettivi. Però, per quanto mi riguarda, chi è abituato agli oli di marca non ha minimamente idea di cosa sia un olio d’oliva. A me capita (raramente) di assaggiarli nelle mense, e sono una cosa totalmente diversa dagli oli di frantoio (al plurale, perché ce ne sono di sapori molto differenti). Posso anche dire che certi colleghi stranieri (americani e inglesi), abituati a quelli che io chiamo “oli da mensa”, hanno avuto una “rivelazione” quando ho regalato loro qualche bottiglino di olio “vero”.
Non capisco lo stupore di molti. Gli olii in generale sono fin troppo buoni considerato quello che costano aldilà del momento nero che caratterizza la produzione di olio. Un olio di oliva extravergine italiano 100% NON PUO’ COSTARE MENO DI 10,00 €/LT più i costi di imballo confezionamento , logistica , stoccaggio …. ecc
Una cosa molto interessante è che l’olio vincitore valutato, ovvero Monini Classico 100% italiano, nel catalogo italiano NON ESISTE! C’è un Monini Classico ma è “da olive raccolte e frante nell’Unione Europea” e non 100% italiano. A questo punto mi domando e chiedo al dott. La Pira, ma queste aziende che vendono il marchio made in Italy all’estero per farsi belli (e vincere anche) perché hanno l’arroganza di rifilarci un olio che non è il nostro?
Nel nostro articolo diciamo che non sempre gli oli pur avendo lo stesso marchio possono differire come contenuto trattandosi di articoli diversi. Quest’anno l’80% dell’olio confezionato in Italia è importato dall’estero. E quello italiano non era un gran che
È vero stavo comprando Montini classico poi ho notato che non era fatto 100% da olive Italiane e ho cambiato ma sugli scaffali non c’è quasi nulla di 100% italiano purtroppo ! Il meglio va all’estero!
Quest’anno l’80% dell’extra vergine imbottigliato e venduto in Italia è importato dall’estero .IL nostro raccolto è stato disastroso
Personalmente, ad un qualsiasi produttore italiano che utilizza olive di varia origine, preferisco un olio con l’indicazione che le olive sono 100% italiane.
Certo e fa bene ma questo non vuol dire che l’olio sia migliore, soprattutto quest’anno.
In realtà la dicitura 100% di olive italiane (sempre ammesso che sia vero) non mi dice un granché. Esiste una bella differenza tra un cultivar della Puglia e uno del Garda, e non sempre il prezzo alto è sinonimo di garanzia di qualità (del cultivar e del processo). Lasciamo da parte gli sciovinismi e cerchiamo di sapere (o chiediamo che sia possibile sapere) l’origine esatta delle olive, anche di quelle non italiane, perché, ad esempio, i cultivar dell’Istria e della Dalmazia (Slovenia e Croazia quindi) hanno delle peculiarità biologiche e organolettiche eccezionali (provare per credere…).
DA tanti anni ho sempre scelto l’olio extravergine della MONINI e VENTURI,provenenti dalla stessa regione,il gusto che preferisco!
Non mi convincete!!!! Siamo ormai consapevoli che non sappiamo ciò che mangiamo….
E’ interessante confrontare questi test con quelli fatti da” Altroconsumo” del 2013 e di come sostanzialmente siamo difronte ad una profonda crisi delle olive Italiane. Ai primi posti di quella classifica infatti c’era:
1° Olio Coop biologico 100% italiano (che staccava di 4 posizioni il Coop fatto con Olive della CE)
2° Olio Carrefour 100% Italiano (che staccava di ben 11 posizioni il Carrefour classico fatto con olive CE e che oggi è declassato a causa della morchia)
3° Posto Olio Esselunga 100% Italiano
Per trovare il Monini classico occorreva scendere all’8° posizione (il Monini granfruttato non c’era)
Che sia l’inizio del declino anche per l’Olio 100% Italiano (calo di qualità e aumento di prezzo)?
Ci sono classifiche che non convincono affatto. Es. Una grande industria olearia, con ingenti acquisti all’estero – il mio è un esempio in generale e non specifico, ma a buon intenditor… – manda al concorso – o mette in commercio – fra milioni di bottiglie anche una piccola quantità di olio selezionato, acquistato da un produttore serissimo o frutto di una minuscola partita di olivi di proprietà e vince la classifica dei migliori oli evo in commercio. Prendendo un paio di bottiglie dagli scaffali non si può stilare una classifica, serve entrare nel grande oleificio e pescare a caso tra le varie bottiglie e allora si scoprirebbe la veriità e i lettori sarebbero correttamente informati e aiutati a compiere scelte oculate.
Non è proprio così, il prodotto industriale deve essere standardizzato il più possibile.
Signor la Pira, sarei d’accordo con lei se avesse scritto “dovrebbe” e non “deve”, confermando in tal modo – su quali dati reali? – che il prodotto industriale è sempre “sicuramente standardizzato”, ma il “sicuramente”, credo ne convenga, è cosa dubbia.
da molto tempo mi affido all’olio bio coop. non sono un degustatore professionista, ma ne apprezzo sempre molto il gusto e ritengo sufficientemente certa la provenienza da oliveti italiani.
Gentile Direttore La Pira, e gentile redattrice Valeria Nardi.
Condivido il senso dell’articolo, mentre resto perplesso per alcuni commenti (Paolo, Mariagrazia Gozzini, Rorato). I risultati mostrati dalla rivista “TEST” oltre al 1° posto per il “Granfruttato” Monini, premiano anche il “Classico” Monini origine “Unione Europea” con quattro “OK” su cinque. Considerando la 1a posizione conquistata dal Classico Monini “italiano” dei due test francesi, se ne può trarre solo la conclusione che la qualità dipende dalle scelte di un’azienda, piccola o grande che sia, e non è conseguita automaticamente con l’origine. Trovo pertanto singolare l’accusa di “arroganza nel rifilarci un olio che non è il nostro” da parte del sig. Paolo. Trovo altrettanto non condivisibile la posizione della signora Mariagrazia che sceglie di non acquistare più Monini solo per l’origine non italiana. Certo a parità di qualità tutti preferiamo un prodotto italiano ma la Monini quest’anno ha perfino rinunciato a vendere la D.O.P. “Umbria” in quanto, considerando l’annata, non ne avrebbe potuto garantire la qualità: tra l’origine qualunque essa sia, e la qualità io preferisco la qualità.
Infine vorrei dire che un “test” rappresenta sempre una foto istantanea della qualità offerta in quel momento dal mercato, ma quando risultati di più test convergono nei giudizi sia positivi che negativi, occorre prenderne atto.
Michele Labarile