È ancora un po’ presto per tirare bilanci di fine anno, ma i dati del Rasff (Sistema di allerta rapido europeo) sulla sicurezza alimentare meritano di essere studiati nel dettaglio, soprattutto per quanto riguarda gli articoli da cucina (pentole, coltelli, utensili) provenienti dalla Cina e da Hong Kong, rilevati come non conformi alle disposizione vigenti in Italia e nei vari Stati Europei.
Innanzitutto, sono preoccupanti le percentuali dei ritiri sul totale: gli articoli da cucina provenienti dalla Cina costituiscono circa il 70% del totale dei ritiri/notifiche avvenute nel 2011 in Europa (134 su 203). E l’Italia, con 57 notifiche da inizio anno, è fortemente interessata al fenomeno.
Le cause più frequenti sono due: l’eccessivo rilascio di metalli pesanti (cromo, nichel, manganese, presenti nell’acciaio inossidabile e in altri metalli usati per pentole e utensili) e la “migrazione globale” (un parametro che misura in modo aspecifico ciò che viene ceduto all’alimento), con valori spesso molto superiori ai limiti consentiti.
Il caso più clamoroso registrato in Italia riguarda una pentola per friggere proveniente da Hong Kong in cui è stata evidenziata una migrazione di sostanze pari a 1000 mg/Kg: ciò significa che per ogni chilo di alimento cucinato in quella pentola, 1 grammo di sostanze potenzialmente nocive cedute al cibo e quindi ingerite dal consumatore.
Anche il manganese, uno dei parametri inserito di recente nelle valutazioni di tossicità, risulta molto segnalato dal sistema di alerta. Quando la cessione è elevata si verificano problemi di salute, tanto che esiste una tipologia di avvelenamento cronico, derivante da esposizione prolungata a quantità consistenti.
Il cromo è uno dei costituenti principali degli acciai di molti utensili, ed è impiegato in leghe di ferro, nichel e cobalto. Anche per questo materiale si trovano talvolta risultati sbalorditivi: in alcuni casi si è rilevata migrazione di cromo pari a 50 milligrami per chilo di alimento, contro un limite ammesso di 0.1 mg/Kg (500 volte sopra il limite previsto). In questo caso si tratta di coltelli e forbici in acciaio per alimenti, sempre di di provenienza cinese.
Bisogna allora guardare con sospetto le stoviglie e le pentole di tutti i giorni? Assolutamente no, come spiega a Ilfattoalimentare.it Sara Coluccia, ricercatrice del Laboratorio di analisi del Polo Alimenti dell’Arpa Piemonte, uno dei laboratori pubblici che esegue regolarmente test sulle migrazioni di metalli dagli utensili.
«L’Italia è all’avanguardia nei controlli. Nel nostro paese esiste una legislazione specifica del 1962 (la legge 283, che parlava di sicurezza degli alimenti e dei materiali a contatto con gli alimenti), e nel 1973 è stato emesso un decreto che ancora oggi viene aggiornato e sul quale è stata modellata anche la normativa europea. I controlli ci sono sempre stati e si fanno regolarmente su molti materiali, anche se non è possibile verificare tutto: si pensi, per esempio, alle confezioni artigianali.
Quanto all’aumento delle segnalazioni – prosegue Coluccia – il motivo è duplice: il mercato è globale, e ogni giorno ci troviamo a utilizzare materiali non necessariamente dannosi, ma prodotti o assemblati in paesi che hanno normative diverse dalle nostre, e che una volta giunti da noi risultano perciò non conformi. Inoltre, rispetto al passato sono aumentati i controlli a livello nazionale ed europeo alle frontiere, ed è più probabile trovare oggetti che non rispondono in pieno alle regole europee».
La legislazione specifica è in continuo divenire, come dimostrano i casi delle stoviglie alla melammina, regolata dalla legislazione solo di recente perché in Europa quasi nessuno le produce. Questi materiali sono realizzati polimerizzando dei monomeri con catalizzatori che possono favorire il rilascio di formaldeide, una sostanza tossica. Continua la ricercatrice: «I questo caso, si analizza la documentazione di tutte le partite in arrivo e si compiono test sul dieci per cento dei lotti».
Un altro caso è quello dell’acciao inox: in Europa si possono vendere utensili da cucina preparati solo con alcune leghe che rilasciano solo minime quantità di metallo, naturalmente, trattandosi di leghe, i controlli non sono sempre facili. Allo stesso modo, non sono semplici i controlli delle plastiche alimentari perchè la composizione è in continua trasformazione (si cerca di usare meno derivati del petrolio e più plastiche verdi). Tuttavia anche qui non tutto è positivo. «Le plastiche ecologiche, spiega ancora Coluccia, sono più sottili e possono risentire più di quelle tradizionali della temperatura, della luce, dell’ossigeno; per questo vanno analizzate con attenzione».
Le tecnologie per farlo ci sono, anche se non sempre sono a disposizione dei laboratori pubblici di analisi, che devono sempre fare i conti con la scarsità di fondi e personale. «Naturalmente, conclude Coluccia, non esiste nulla di assolutamente inerte e tutti i materiali possono essere fonte potenziale di contaminazione. Tuttavia il sistema nel suo insieme funziona e i consumatori italiani ed europei, proprio grazie ai controlli, sono tutelati rispetto al rischio di contaminazione chimica degli alimenti».
Per avere un’idea di come vengono eseguite le analisi si può consultare il rapporto dell’attività del Polo Alimenti dell’ARPA Piemonte del 2010 (vedi pdf allegato).
Luca Foltran e Agnese Codignola
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