Il ministero della Salute britannico ha annunciato il 15 marzo che 170 imprese della produzione e della distribuzione alimentare hanno sottoscritto una serie di impegni nell’ambito del “Public Health Responsibility Deal”. Obiettivo: incidere in modo effettivo sul benessere e la salute dei suoi cittadini, minacciati dall’ampia diffusione di diete squilibrate e dalla carenza di esercizio fisico. Oggi 27 milioni di adulti in Gran Bretagna non raggiungono i livelli minimi di attività fisica raccomandata, e si calcola che nel 2050 il 90% degli adulti sarà sovrappeso o obeso.
Gli impegni concordati riguardano: l’informazione sulle calorie dei menù consumati fuori casa; la rimozione degli acidi trans-grassi artificiali (oli e grassi idrogenati) dalle preparazioni alimentari entro la fine del 2011; la riduzione del sale da qualsiasi alimento, in modo che entro la fine del 2012 i consumatori ne assumano meno di 1g al giorno (si stima che il solo raggiungimento di questo traguardo comporterebbe un risparmio annuale di 4mila morti premature e di 46 milioni di sterline in costi sanitari pubblici); l’indicazione del contenuto di alcol in termini di unità di consumo sull’80% delle etichette di bevande alcoliche entro il 2013; la promozione di uno stile di vita salutare e dell’esercizio fisico sui luoghi di lavoro.
L’industria già da tempo aveva assunto varie iniziative in questi ambiti, ma la novità è il massiccio coinvolgimento dei supermercati – Asda, The Co-operative Group, Morrisons, Marks & Spencer, Sainsbury’s, Tesco, Waitrose – e delle grandi catene dei fast-food, come McDonald’s, Pizza Hut e Kentucky Fried Chicken.
La Gran Bretagna segue l’esempio degli Usa, dove la first lady Michelle Obama proprio a gennaio di quest’anno ha stipulato un miracoloso accordo con Wal Mart, dopo che il Senato federale ha esteso alle catene di ristoranti con più di 20 locali l’obbligo di fornire l’informazione nutrizionale.
L’unica speranza per un’inversione di rotta nell’epidemia di obesità è di attuare una politica che non escluda nessuno. Al punto di premiare i cittadini che fanno passi avanti sul fronte delle abitudini di vita, considerato che la prevenzione consente enormi risparmi sui costi della sanità pubblica.
Il ministro per la Salute Andrew Lansley, nel presentare il “Public Health Responsibility Deal”, ha evidenziato che non servono leggi – la cui applicazione sarebbe difficile, lunga e onerosa – ma impegni volontari a migliorare, misurare e comunicare, in vista di un obiettivo condiviso che si auspica possa portare risultati in tempi brevi.
Magari, col tempo, l’iniziativa riuscirà a trascinare anche i piccoli esercizi della ristorazione collettiva, finora i meno interessati da queste lodevoli iniziative.
Dario Dongo
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