L’olio di colza è uno degli ingredienti utilizzato dalle aziende alimentari come Mulino Bianco, Pavesi, Milka… per sostituire in parte l’olio di palma in biscotti, merendine e snack. Molti consumatori ci scrivono preoccupati di essere finiti, per così dire, dalla padella nella brace. Questo concetto è stato indirettamente avallato dal nutrizionista Giorgio Calabrese che nel programma tv Ballarò della Rai rispondendo a una domanda di Massimo Giannini dice che “l’olio di colza contiene il 90% di acidi grassi saturi” quando in realtà ne ha solo il 7-8%. Una piccola distrazione? Forse. Milioni di persone hanno però memorizzato la frase di Calabrese che ha parlato in qualità di presidente del Comitato nazionale per la sicurezza alimentare, organo del Ministero della salute e non l’hanno dimenticata. Le cose non stanno così e purtroppo il nutrizionista con quell’intervento ha fatto solo allarmismo e disinformazione.
L’olio di colza viene guardato con sospetto da molti consumatori, in ricordo di vecchi studi e di gravi frodi che portarono anni fa a grossi scandali alimentari e alla chiusura di alcune aziende. Per capire questi timori dobbiamo tornare agli anni ’70, quando l’olio estratto dai semi di colza – pianta della famiglia delle Brassicaceae – conteneva il 50% di acido erucico, un acido grasso monoinsaturo a 22 atomi di carbonio. In quel periodo alcuni studi sugli animali dimostrarono che l’acido erucico non veniva metabolizzato, ma si accumulava nell’organismo (soprattutto nel fegato e nel cuore) con evidenti risvolti negativi per la salute. Per questo motivo la legge pone come limite massimo negli alimenti per adulti una presenza pari al 5% di acido erucico che si abbassa all’1% per quelli destinati a bambini e lattanti.
Per poter continuare a utilizzare l’olio di colza, la Francia – intorno alla metà degli anni ’70 – sviluppa una nuova cultivar chiamata Luna, che contiene solo il 5% di acido erucico, rispettando così i limiti di legge. Il Canada si spinge oltre e attraverso alcuni incroci ottiene una variante della colza con lo 0% di acido erucico chiamata Canbra (nome ottenuto dall’abbinamento da Canada e Brassica). I guai per la colza, almeno in Europa, non erano però finiti. Come ci racconta Lanfranco Conte, docente all’Università di Udine, «nel 1981 in Spagna si assiste a un gravissimo avvelenamento causato dall’olio di colza, con oltre 400 morti e un migliaio di persone con lesioni permanenti». L’olio di colza in questione «era stato denaturato con una sostanza tossica chiamata anilina e proveniva da partite di contrabbando importate in Spagna da Francia e Svizzera destinate ad uso industriale. Il lotto non aveva niente a che vedere con l’olio di colza per uso alimentare», spiega Conte. In seguito a questo terribile episodio, in Europa si diffonde una paura generalizzata per l’olio che, abbinata ai timori per la vecchia storia dell’acido erucico, determina un miscela esplosiva. L’esito di questa storia è la cancellazione del colza come olio alimentare. In Italia questo olio di usa poco, ma nel mese di ottobre 2015 l’acido erucico torna alla ribalta nei documenti ufficiali: con un parere del Comitato nazionale per la sicurezza alimentare ( firmato dal presidente Giorgio Calabrese) focalizzato sul “rischio legato alla presenza di acido erucico negli alimenti e nei mangimi”. Come si vede leggendo il dossier, l’acido erucico risulta essere presente in quantità superiore ai limiti di legge solo nell’olio di fegato di merluzzo. Trattandosi di un prodotto praticamente non utilizzato dall’industria alimentare viene spontaneo chiedersi quale sia lo scopo di redigere un documento su questo argomento.
«L’ultima versione dell’olio di colza – continua Conte – si chiama olio di Canola (da Canada e Oleic Acid) . Si tratta di una variante senza acido erucico, arricchita con acido oleico che raggiunge quota 80%, rendendolo simile come composizione all’olio di oliva. Il vecchio olio di colza in versione Canbra, invece, come composizione assomiglia di più all’olio di soia». In Europa i grandi consumatori di colza sono i francesi, mentre in Italia è poco diffuso e si preferisce utilizzare l’olio di soia insieme al girasole. «In commercio si trova più spesso l’olio di colza biologico spremuto a freddo che però rappresenta una nicchia – spiega Paolo Bondioli, ricercatore alla Stazione Sperimentale per Industrie degli Oli e dei Grassi – in questo caso il prodotto non viene decolorato e mantiene intatto gusto e odore caratteristici. L’olio di colza raffinato invece – come tutti gli altri oli di semi – viene estratto con solventi, decolorato, deodorato e il trattamento uniforma molto il sapore». Dal punto di vista della salute il colza ha addirittura qualche beneficio, fa notare Assitol- Associazione Italiana dell’Industria Olearia: «la variante a basso tenore di acido erucico è ricca di acidi grassi Omega 3 e tocoferoli, che hanno effetti positivi sul cuore, come sottolineato anche dalla Food and Drug Administration, l’Agenzia per la sicurezza alimentare che opera negli USA». Assitol precisa che «il Canola ha conquistato forti consensi nell’agroindustria statunitense, mentre attualmente in Italia si coltivano ibridi sviluppati in Europa del gruppo doppio zero, espressione con la quale si indicano un bassissimo contenuto di acido erucico nell’olio e un bassissimo contenuto di Glucosinolati nelle farine utilizzate per l’alimentazione zootecnica».
Ma da dove viene la colza? «La colza – spiega Assitol – arriva soprattutto da coltivazioni no-OGM situate in: Austria, Germania, Ungheria e Polonia. Lo scorso anno, l’import è diminuito di quasi il 70%, mentre la produzione nazionale è rimasta invariata (25mila tonnellate). La colza resta una coltura tipica del Nord e del Centro Europa, oltre che dell’America settentrionale, cioè di quelle aree geografiche con climi continentali e temperature primaverili più rigide rispetto alle aree mediterranee, che offrono alla pianta l’habitat migliore. Anche per questo, è difficile reperire l’olio di colza sugli scaffali dei supermercati nostrani, mentre in Paesi come la Germania, Polonia e Austria è un olio largamente impiegato nelle abitudini alimentari sia come condimento sia come ingrediente».
In Italia l’olio ha ricominciato a comparire come ingrediente da pochissimo tempo, in parziale sostituzione del palma, suscitando timori di varia natura. Si può trovare in snack e merendine, mentre in «Nord America e in Paesi europei come Germania e Francia è usato largamente nell’alimentazione, anche in virtù del basso costo. Si usa soprattutto per friggere, grazie al punto di fumo elevato e nell’industria alimentare come ingrediente. In Italia nell’ambito del segmento semi, si preferisce da sempre il girasole che, con oltre 200mila tonnellate nel 2015, rappresenta l’olio di semi più utilizzato sia dai consumatori sia dalle aziende alimentari per la preparazione di sughi, salse, snack e verdure sott’olio.
In definitiva l’olio di colza, anche se non è molto amato dagli italiani, rappresenta un prodotto valido adatto per friggere, con pochissimi acidi grassi saturi e anche poco costoso. Un olio che rientra a pieno diritto nell’assortimento degli altri oli vegetali, con il vantaggio di essere coltivato in Europa e di non creare problemi ambientali distruggendo le foreste come succede per il palma, il cocco e altri oli tropicali.
Tabella di composizione degli acidi grassi di vari oli e grassi vegetali e animali
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giornalista redazione Il Fatto Alimentare
La vera domanda non è se è sicuro, ma “a che cosa mi serve? Perchè devo mangiare questa roba se posso usare un’extravergine di qualità o un burro di qualità, infinitamente migliori”?
Gli oli di semi sono però ampiamente utilizzati dall’industria alimentare.In genere l’extra vergine si usa in casa oppure in poche preparazioni industriali
Se devi usare burro tanto vale usare l’olio di palma.
Comunque avevo già letto in passato le argomentazioni a favore dell’olio di colza, leggerle anche qui mi ha rassicurato definitivamente. Poi se è anche ricco di Omega3 è un notevole valore aggiunto, visto che la dieta moderna scarseggia di Omega3 che principalmente si trovano nel pesce. Benvenuto olio di colza.
da moltissimi anni in Italia usiamo l’olio di girasole … non capisco perché dobbiamo cambiare visto che questo prodotto non ha mai dato problemi alla salute
Io dico basta a prodotti di aziende che fanno pubblicità sui loro prodotti come se fossero il meglio del meglio e poi si scopre che vanno ad usare ingredienti di poco costo per risparmiare ma il costo finale al consumatore rimane sempre lo stesso . IO CONTINUO A SCEGLIERE PRODOTTI ITALIANI E SENZA OLII STRANI … NO COLZA NO OLIO DI PALMA ETC …… cmq i prodotti dolciari sono sempre da mangiare con moderazione e quindi preferisco quelli con ingrediente migliori
attenzione Paolo …. il burro viene dal latte e l’olio di palma …viene da deforestazione incontrollata ….. meglio burro che non danneggia l’ecosistema riflettere bene su quello che acquistiamo
Il burro è ecosostenibile?
Ma per favore…….
Le mucche non campano di aria
Io non sarei così sicuro sull’olio di canola. Le percentuali sulfuree sono troppo alte ed è un olio che irrancidisce troppo presto. Inoltre la colza è coltivata per l’80/90% OGM come la soia del resto. E poi il discorso degli omega 3 vale solo se usato a crudo perché con la cottura a forno gli omega-3 si distruggono. È molto meglio l’olio di oliva o il burro.
Il confronto va però fatto tra olio di colza e gli alri oli di semi e non tra oli di semi e oliva dove non c’è ovviamente spazio per un confronto
A mio avviso il miglior olio di semi è quello di arachidi. Però per prodotti dolciari o da forno, burro oppure olio di palma sono imbattibili
bè se non ricordo male è uno degli ingrediente di Ovomaltina
Interessante articolo
È un buon punto di partenza per approfondimenti
Anche grazie al Fatto Alimentare si è fatto molto per informare sul palma, per cui perché non studiare altre strade
Dalle prime battute sembrerebbe ecosostenibile e addirittura “buono”
Paese che vai, usanze che trovi… Io ho vissuto in Germania per anni dove è nata nostra figlia e le mie amiche tedesche compravano olio di colza bio con cui preparavano i pasti dei figli ancora lattanti durante lo svezzamento, dalla colazione alla cena… Perché l’olio di oliva che si trovava era carissimo e di scarsa qualità 🙁 a distanza di 10 anni forse le cose sono cambiate, chiederò …
A volte basta oltrepassare il confine italuano per scoprire impieghi e destinazioni dei cibi impensabili, come la “pastinaka” (in tedesco Pastinake) che abbonda nello svezzamento, mentre in Italia… è cibo per maiali Anche se da qualche anno si trova anche in Italia nei negozi bio e al mercato…
Da anni mi chiedo chi è Gorgio Calabresi e perchè occupa quel posto. Scimmiotta sciocchezze varie e ovvietà in vari programmi tv. Perchè non ne chiediamo dimissioni al Ministero?
Emanuela Troncone
Biologa Nutrizionsta Vegetariana