Aggiornamento del 2 febbraio 2018
il 29 gennaio 2108 la Direzione generale per la concorrenza, il consumo e la repressione frodi (Dgccrf) ha pubblicato i risultati dei controlli svolti nel corso del mese di gennaio in 3.600 punti vendita, ospedali e nidi su tutto il territorio francese. Sono 21 gli esercizi in cui sono state trovate ancora in vendita confezioni di latte in polvere prodotte da Lactalis e coinvolte dal richiamo per Salmonella. Si tratta di 2 supermercati, 13 farmacie e 6 negozi. Una confezione già iniziata è stata trovata anche in un ospedale, a disposizione dei pazienti.
Nel frattempo Lactalis ha confermato che la contaminazione ha avuto origine dalla torre di essiccazione n°1 e ne ha annunciato la chiusura. Secondo quanto dichiarato dall’azienda, il batterio sarebbe stato introdotto nell’impianto, nonostante le precauzioni, durante dei lavori di ristrutturazione condotti all’inizio del 2017.
Aggiornamento del 25 gennaio 2018
Il sito del Sistema di allerta rapido europeo (Rasff) ha inserito l’Italia tra i 54 Paesi dove è stato commercializzato il latte in polvere ritirato dal mercato (vedi foto sotto) Questo si spiega perché la documentazione trasmessa dalle Autorità sanitarie francesi evidenzia che tre vendite online, per un totale di cinque pezzi, hanno interessato l’Italia. Le stesse Autorità però precisano che l’operatore ha sospeso le vendite e gli acquirenti finali dei prodotti sono stati informati del richiamo.
Aggiornamento del 19 gennaio 2018
Efsa ed Ecdc hanno pubblicato un rapporto tecnico congiunto sull’epidemia di Salmonella Agona collegata al latte in polvere prodotto da Lactalis che ha interessato 37 bambini in tre paesi europei (35 in Francia, 1 in Spagna e 1 in Grecia). Altri due casi verificatisi in Francia, che portano il totale a 39, non sono stati ricondotti al consumo di formula per neonati. Nel documento si ricostruiscono gli eventi che hanno portato al ritiro e richiamo di 12 milioni di confezioni di latte in polvere.
L’epidemia di Salmonella Agona tra i lattanti
In seguito all’identificazione di un numero inusualmente alto di casi di Salmonella Agona tra i bambini con meno di un anno in Europa, l’indagine epidemiologica ha permesso di collegare le infezioni a sette marchi diversi di formula per neonati (5 in Francia, 1 in Spagna e 1 in Grecia), tutti prodotti nello stesso stabilimento in Francia. Le autorità francesi hanno iniziato a indagare sull’impianto e hanno allertato il Rasff. In seguito, un totale di 1370 lotti di latte in polvere e altri alimenti prodotti nello stesso stabilimento sono stati richiamati e ritirati dagli scaffali in 13 paesi europei (Belgio, Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Francia, Grecia, Irlanda, Paesi Bassi, Romania, Slovenia, Slovacchia, Spagna e Regno Unito) e altri 54 paesi, con quattro provvedimenti diversi tra il 2 e il 22 dicembre 2017. L’iniziale annuncio di 83 stati coinvolti non ha trovato riscontri.
Il ritiro del latte in polvere Lactalis
Lactalis ha deciso il ritiro dal mercato mondiale di 12 milioni di confezioni di latte in polvere destinate alla prima infanzia provenienti dalla fabbrica di Craon in Francia dopo la scoperta, a dicembre, di alcuni casi di salmonellosi. Si tratta di uno dei più massicci richiami registrati negli ultimi anni in Europa dopo quello delle barrette Mars nel 2016 che ha interessato 56 Paesi nel mondo, o quello nel 2017 del Fipronil, una sostanza vietata, rilevato nelle uova di 55 Paesi. I problemi per il gruppo francese (proprietario in Italia dei marchi Parmalat e Galbani) iniziano il 4 dicembre 2017 quando le autorità sanitarie francesi segnalano al sistema di allerta Europeo di Bruxelles il ritiro di diversi lotti di latte in polvere per bambini e neonati, perché contaminato da salmonella.
Il 10 dicembre 2017 viene diffuso un comunicato del Ministero dell’Economia che spiega la causa (presenza di Salmonella Agona) e indica il riscontro del contaminante in 26 neonati di età inferiore ai 6 mesi. Sulla base di questi casi e di una valutazione del rischio il Ministro dispone il ritiro dal mercato di 12 prodotti confezionati nello stabilimento a partire dal febbraio 2017. Finora si contano 35 casi di neonati colpiti in Francia, uno in Spagna, mentre un altro in Grecia resta da confermare. Lactalis risarcirà “tutte le famiglie che hanno subito un danno da contaminazione di salmonella”, ha detto l’amministratore delegato Emmanuel Besnier, in un’intervista al Journal du Dimanche.
I ritardi
Il ritiro del latte in polvere in Francia non è stato così immediato come ci si sarebbe aspettati. Dopo l’allerta, alcune catene di supermercati francesi hanno continuato a vendere il prodotto, forse a causa di una carente comunicazione, e questo è inconcepibile ma si è già verificato. La responsabilità può essere sia di alcune aziende che non intervengono in modo tempestivo quando scoprono un problema serio sui propri prodotti sia delle autorità sanitarie che aspettano giorni prima di diffondere la notizia dell’allerta in rete come abbiamo più volte denunciato in questo sito.
Il latte in polvere richiamato non è distribuito in Italia
In Italia il latte in polvere confezionato nello stabilimento francese di Creon dalla Lactalis non è stato distribuito (questo è quanto emerge anche dalla scheda del Rasff diffusa da Bruxelles) ed è anche quanto riferito dal Ministero della salute pochi giorni fa. Per questo motivo da noi non è stata diramata l’allerta come è successo negli altri 83 Paesi dove si è proceduto al ritiro del prodotto dagli scaffali.
Il parere di Antonello Paparella sulla contaminazione del latte in polvere
“La notizia del latte in polvere per neonati contaminato sorprende sempre – precisa Antonello Paparella microbiologo alimentare e preside della Facoltà di Scienze e tecnologie alimentari all’Università degli Studi di Teramo – ma in realtà si tratta di un problema ricorrente. Il trattamento industriale per trasformare il latte liquido in polvere di latte viene fatto a temperature elevate che tuttavia non sono in grado di sterilizzare il prodotto finale. Contrariamente a quanto possono pensare molte mamme, il latte in polvere è tutt’altro che un alimento sterile.”
“I problemi sorgono quando la materia prima risulta contaminata all’origine da Salmonella, – continua Paparella – perché questi batteri possono sopravvivere al trattamento di essiccazione e rimanere a lungo vitali nel prodotto. In tal caso, quando il latte in polvere viene ricostituito con acqua, prima di essere trasferito nel biberon, le salmonelle presenti nella polvere possono disporre di acqua sufficiente per moltiplicare. Per questo motivo la normativa in vigore in Europa è molto restrittiva e prevede l’assenza di Salmonella spp in 25 g di prodotto. Negli ultimi decenni sono stati segnalati diversi casi di latte in polvere contaminato. L’altra possibilità è che la contaminazione da Salmonella avvenga successivamente al processo di essiccamento, cioè nella fase di confezionamento, per esempio per la presenza di questo batterio sulle superfici degli impianti di produzione.”
La criticità potrebbe riguardare infine la sanificazione degli impianti e l’adozione da parte del personale delle disposizioni igieniche previste nella procedura di processo. Per la cronaca va detto che un problema analogo si era verificato nel 2005 nello stesso stabilimento.
Un tipo di Salmonella raro
“Si tratta di un sierotipo di Salmonella che non viene frequentemente isolato nell’uomo, più spesso correlato alla contaminazione dei mangimi – spiega Antonia Ricci, direttrice del Dipartimento di sicurezza alimentare dell’Istituto zooprofilattico sperimentale Venezie IZSV – in questo caso il ceppo isolato presenta caratteristiche biochimiche atipiche (non produce H2S), che possono averne ritardato l’identificazione da parte dei laboratori coinvolti. È interessante osservare che lo stesso sierotipo di Salmonella era stato causa di due epidemie legate al consumo di latte in polvere prodotto dalla stessa ditta nel 2004-2005.”
“La presenza di Salmonella in prodotti come questo, sottoposto a trattamento con temperature elevate, fa pensare alla presenza del patogeno a livello ambientale nello stabilimento e a una ricontaminazione del prodotto successiva al trattamento termico stesso. Potrebbe trattarsi di un ceppo con particolari caratteristiche di persistenza, come si osserva sempre più frequentemente negli stabilimenti di produzione degli alimenti, e che risultano particolarmente difficili da debellare perché resistono anche ai disinfettanti e a condizioni ambientali sfavorevoli”.
C’è un altro elemento che desta perplessità. Il richiamo e il ritiro di un così alto numero di confezioni, si è reso probabilmente necessario perché i controlli sul latte di ingresso nello stabilimento e quelli a campione che dovrebbero essere realizzati periodicamente da Lactalis sul prodotto in polvere (30 per ogni lotto) sono saltati o sono stati fatti male.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
Tutto questo è pazzesco, è evidente che non hanno il processo sotto controllo. Se non si tratta di un sabotaggio avvenuto esternamente all’azienda. Non stiamo parlando di carica batterica banale fuori limite o di coliformi totali…stiamo parlando di un microorganismo patogeno in un prodotto per bambini! è necessario che le autorità vadano in fondo all’accaduto il prima possibile e che l’azienda dia delle spiegazioni ufficiali a tutti i consumatori, non solo a quelli interessati dal problema. Tengo anche a precisare che non è indispensabile sterilizzare la materia prima per eliminare la salmonella; già a 70°C per 2 minuti sono sufficienti per eliminare questo microorganismo. Quindi una banalissima pastorizzazione, processo che ogni industria lattiero-casearia possiede, è sufficiente per eliminare il problema in questione. Per questo motivo ritengo grave l’accaduto e inaccettabile ogni tentativo di giustificazione.
Nelle confezioni di latte in polvere si dice chiaramente di scaldare l’acqua fino a 70 gradi e poi raffreddare il preparato prima di consumarlo: l’operazione è più macchinosa e purtroppo molti genitori non la seguono, scaldando il latte alla temperatura ideale per il bimbo e inserendoci la polvere. Ho provato anche io la fantastica sensazione di calmare un bambino di 7 mesi urlante che vede il latte nel biberon ma che mamma non gli porge, affinando nel tempo una la tecnica di raffreddamento più veloce possibile, convinta che comunque era meglio far piangere il mio piccolo per questo, piuttosto che per la salmonella o qualche altro virus intestinale.
Non voglio fare una difesa dell’azienda, il fatto è gravissimo, ma credo che sia altrettanto grave non conoscere a che cosa si va incontro nel caso non si segua una procedura di preparazione corretta.
Elisa buona sera, la mia preoccupazione è relativa al fatto che non avendo sotto controllo il processo (se tutto confermato) oltre alla salmonella (che tutti sappiamo dover essere assente in 25g di prodotto) potrebbero esserci anche altri batteri pericolosi, termo resistenti, come ad esempio spore di bacillus o clostridi che a 70°C non vengono eliminati! solo un trattamento industriale sulla materia prima e poi un corretto confezionamento lo possono fare. Queste aziende non possono pensare di demandare alle norme di buona fabbricazione domestica il controllo del rischio batteriologico, semplicemente perché nessuno scalda in autoclave il biberon.
Certo che, data l’ampiezza quantitativa e temporale del caso si deduce che Lactalis ha dimostrato una seria carenza di controllo ed assicurazione di qualità, di capacità di aggredire e prevenire i pericoli ed i rischi dei processi specifici sia dal punto di vista analitico che di controllo di processo e, per chi ne dovrebbe avere esperienza, anche dei processi di produzione di latte in polvere e di gestione , cleaning ed igienizzazione degli impianti di concentrazione e polverizzazione, in particolare ove si producano latti per la prima infanzia.
Dovrebbe essere stranoto agli addetti ai lavori, che microorganismi anche non eccessivamente termoresistenti possono in quantità relativamente limitata sopravvivere all’intero processo che, dato il calore di eveporazione, non induce effetti termici importanti. Ma gli stessi addetti dovrebbero conoscere, e monitorare con frequenza rapportata alla complessità dell’impiantistica le fasi ed i punti critici d’impianto dove tali microorganismi , tra cui alcuni patogeni, possono arricchirsi o nascondersi per liberarsi nella massa in particolari situazioni. Tecnici di adeguata preparazione ed esperienza dovrebbero sapere perfettamente quali criticità possono seguire fasi di ispezione , lavaggio, sanificazione e rimessa in funzione degli impianti, nonché gli accorgimenti e le procedure relative da mettere in atto. Con queste conoscenze, che non vanno disperse in operazioni di savings e ristrutturazioni aziendali, i rischi di immissione sul mercato di latte in polvere per l’infanzia contaminato può tranquillamente essere minimizzato al massimo, e praticamente annullato per il mercato tramite i sacrosanti controlli di quarantena .
La nota lentezza nelle operazioni di allerta, rintracciabilità e richiamo riportata dai media sembrano confermare le carenze dell’organizzazione di Assicurazione Qualità, almeno per il comparto in questione.