Poche settimane fa tra Veneto e Friuli è scoppiato il caso del latte con aflatossine messo in vendita dal Consorzio Latterie Friulane. La storia ha avuto una certa risonanza sulla stampa locale e nazionale, come spesso succede quando la frode riguarda alimenti di largo consumo.
La vicenda inizia il 12 dicembre 2013 quando la Latteria Soligo di Treviso restituisce alle Latterie Friulane, una partita di 3.504 confezioni di latte perché “non conforme” (l’unica tra i dieci acquirenti del medesimo lotto). Il sistema di autocontrollo dell’azienda trevigiana ha rilevato la presenza di aflatossine M1 in quantità cinque volte superiori ai limiti di legge. A questo punto la procura di Udine apre un’indagine che affida al Nucleo anti sofisticazioni dei carabinieri (Nas). Il lavoro di investigazione dura cinque mesi e porta alla luce almeno sei illeciti. Nelle frodi erano coinvolti allevatori e personale del Consorzio Latterie Friulane. Il reato consisteva nel miscelare partite di latte contaminato da aflatossine con latte destinato all’alimentazione umana, in questo modo si diluiva la presenza delle tossine ottenendo un prodotto con valori entro i limiti di legge.
Gli episodi si ripetono per mesi, fino a quando il Giudice per le indagini preliminari del tribunale di Udine emette un’ordinanza il 27 maggio, in cui dispone misure cautelari per Rino Della Bianca, responsabile dell’approvvigionamento per il Consorzio delle Latterie Friulane, mentre altre 13 persone tra colleghi e allevatori sono indagate.
La soglia di attenzione per l’aflatossina M1 nel latte scatta a 0,040 μg/kg (microgrammo per chilo) (*), e già in questo caso le aziende che riscontrano questi valori devono avvisare il Servizio veterinario delle Ausl. Se invece si supera il limite di legge di 0,050 μg/kg, oltre alla segnalazione all’autorità competente, l’azienda non può per diversi giorni conferire il latte, e quello contaminato va smaltito, fino a che non si è trovata ed eliminata la partita di mangime infestato, e i valori non tornano entro i termini consentiti.
L’aspetto interessante è che in questi sei mesi l’autorità sanitaria di Udine non ha mai ricevuto segnalazioni da parte delle Latterie Friulane. Cosa succedeva? Durante i sei illeciti documentati dai Nas nel corso delle indagini, gli allevatori conferivano al consorzio partite con un livello elevato di aflatossine, che invece di essere bloccate e distrutte, venivano diluite con latte sano e distribuite. Dopo queste miscelazioni illegali, secondo i resoconti dell’inchiesta, nessuno del consorzio si preoccupava di effettuare analisi per verificare se effettivamente le sostanze pericolose risultavano al di sotto dei limiti.
Fino a qui è la cronaca di un malaffare purtroppo abbastanza diffuso nel settore alimentare. Dopo aver approfondito questa ennesima scomoda vicenda sorgono alcune perplessità.
Sull’ordinanza cautelare del 27 maggio, si legge che le autorità erano a conoscenza dell’immissione sul mercato di latte contaminato, da almeno cinque mesi. In particolare a pagina 29 si legge: “La miscelazione almeno in un caso accertato aveva determinato l’immissione in commercio di una partita di latte contenente aflatossine in misura notevolmente superiore al limite di legge e quindi sicuramente pericoloso per la salute umana”.
È lecito chiedersi come mai le autorità, a conoscenza della situazione dal mese di dicembre del 2013, non abbiano immediatamente disposto il ritiro del latte. La scelta di lasciare sul mercato dei lotti contaminati era forse legata a necessità investigative? In questo caso sono state effettuate delle analisi per valutare l’effettiva innocuità (o meno) dei prodotti che i consumatori acquistavano al supermercato?
L’azienda Soligo, grazie alle rigorose auto-analisi che impone sui prodotti forniti da terzi, ha respinto 3mila litri di latte perché “non conforme”. Avrebbe potuto segnalare l’eccesso della micotossina alle autorità sanitarie del territorio anche se si trattava solo del distributore?
L’obbligo di segnalare questo genere di irregolarità non dovrebbe ricadere su ciascun attore della filiera?
Fino a che punto si può procrastinare la sicurezza dei consumatori al fine di raccogliere più materiale per le indagini o per salvaguardare interessi aziendali?
Il paradosso è che l’allerta aflatossine scatta dopo sei mesi, in concomitanza alla conferenza stampa dei Nas. A questo punto però diventa urgente e le Asl devono verificare la tracciabilità del latte e intervenire in tutti i punti vendita e gli esercizi che hanno acquistato anche piccole partite di latte dalle Latterie Friulane, da utilizzare magari come ingrediente secondario di altre preparazioni alimentari.
Che senso ha intervenire adesso con la massima allerta quando per mesi è stato distribuito ai cittadini latte con aflatossine, riconosciuto pericoloso per la salute? Chi stabilisce quando le indagini dei Nas devono essere interrotte perché circolano alimenti pericolosi e quando invece bisogna andare avanti per acquisire più elementi per le indagini?
* Le aflatossine sono prodotte dal fungo Aspergillus Flavus che spesso attacca granaglie, mais, cotone e semi oleosi. Le vacche da latte, alimentate con mangimi contaminati, contenenti fungo e l’aflatossina B1, la metabolizzano e la trasformano in aflatossina M1. La prima è classificata dallo IARC (International Agency for Research on Cancer), la massima autorità scientifica internazionale in materia, come “sicuramente cancerogena” (provocano cancro al fegato). La forma M1 (derivato metabolico dalla B1) si può trovare nel latte ed è classificato come “possibile cancerogeno”. L’Italia è particolarmente soggetta al problema perché questi miceti si sviluppano in condizioni di stress della pianta durante la coltivazione, come l’aridità dei terreni o un clima troppo caldo, e poi proliferano nelle fasi successive di raccolta e di stoccaggio.
Valeria Nardi
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Giornalista, redattrice de Il Fatto Alimentare, con un master in Storia e Cultura dell’Alimentazione
Di quale scandalo parliamo? In Italia è la prassi muoversi dopo mesi, basti pensare al caso dell’acqua contaminata in provincia di Roma per la quale sono stati presi provvedimenti dopo anni. Abbiamo gli strumenti per monitorare qualsiasi tipo di rischio per la salute ma non abbiamo dirigenti e amministratori del bene e della salute comune con gli giusti scrupoli di coscienza…
Cara Barbara … ma perchè abbiamo questi Dirigenti e questi Amministratori ?
X la D.ssa Nardi: quello della capacità di risposta a fronte di emergenze di tipo sanitario (che però dovrebbero professionalmente essere definite emergenze di sicurezza alimentare) è un problema che si si porterà SEMPRE dietro una parte di irrisolvibilità. E spiego perchè. Prima di tutto il Sistema di Allerta è troppo farraginoso nel senso che – come tutte le Organizzazioni di questo Paese – (vedi Protezione Civile tanto per fare un nome che renda l’idea) sono concepite in primo luogo per essere autoreferenziali; Livello Centrale (Europeo) Autorità Centrale degli Stati Membri (Ministero) Nodi Regionali ed ASL; in questo quadro ci sono per tutti questi livelli i “facenti parte” e quindi – dove istituite – Commissioni, “Tavoli” – Equipes nonchè “REFERENTI” etc. etc.. POI abbiamo che (almeno nel recente passato) le formali segnalazioni non seguivano questa “filiera” con l’opportuna celerità e la trasmissione è stata (ed in alcuni casi E’ ancora) molto “persona dipendente” nel senso che l’assenza di un anello della catena ha talvolta compromesso il transito delle informazioni DA o PER le ASL che – è bene ricordarlo – sono il vero asse portante della Salute Pubblica. Non voglio certo dimenticare l’operato dei NAS ma vorrei ricordare anche che loro sono 1000/1200 operatori mentre l’organizzazione dell’SSN tra Tecnici della Prevenzione, Medici e Veterinari rappresenta un numero almeno 30/40 volte superiore per cui, rimaniamo sul fatto che “Loro” abbiano una grande coordinamento nazionale ed una grande visibilità (legata al prestigio dell’Arma) ma i numeri che riguardano l’esecuzione di controlli, sanzioni, prelievi, sequestri sono assolutamente inconfrontabili. Che poi “La Gente” non ne abbia la più pallida idea questa è un’altra cosa.
Ma torniamo alla tracciabilità. Nessuno ha ben chiaro questo concetto e pensa (sbagliando) che sia chissà cosa. E’ solo l’informazione di provenienza la merce ed ogni operatore di filiera ne conosce solo il precedente (da chi ha acquistato il prodotto) ed il successivo (a chi l’ha venduto) Ovviamente la storia finisce nel supermercato (o in qualsiasi altro pubblico esercizio) dove il prodotto viene consegnato al cliente finale. Il bello è che hanno saputo re-inventare l’acqua calda perchè tutto questo sistema esiste da sempre! Che cosa hanno SEMPRE fatto gli Organi di Controllo quando chiedevano agli operatori LA FATTURA delle merci in vendita od in deposito ? Ecco l’acqua calda! Tanto, nessun operatore può conoscere più di un passaggio (fornitore) e solo il produttore conosce l’origine delle materie prime. IL LIMITE FORMALE è che il sistema non si “porta dietro” i dati di tutti i passaggi, mentre il LIMITE SOSTANZIALE è che nulla di ciò può garantire la Sicurezza dei prodotti (se non a campione) ma soltanto la possibilità (dicono) di intervenire rapidamente solo dopo che un evento sfavorevole si è verificato ossia se ci troviamo di fronte ad un prodotto non conforme a seguito analisi. Solo allora ci si interroga sugli ingredienti ed i vari passaggi di filiera, ma ci sono milioni di prodotti che non vengono controllati perchè non si può controllare tutto neppure con un organico 10 volte superiore, inoltre non si può controllare tutto per ogni matrice esaminata. Inoltre ci sono moltissime “filiere” che per loro tipologia o natura non possono consentire, come invece tutti i venditori di fumo televisivi promettono, di risalire “dai campi alla tavola”. Un esempio di filiera “abbastanza controllabile”, è quella del Latte dove esistono molti Test rapidi che consentono una verifica immediata DI ALCUNI PARAMETRI. Cosa significa ? Che sapendo (in primo luogo) come “nasce” una confezione di latte (ossia da tante stalle che diventano tante cisterne, che diventano tanti serbatoi, che diventano tante confezioni) possiamo ritenere (?) che sia possibile prelevare un campione di latte da ogni fornitore al momento della sua immissione nella cisterna. Ciò consentirebbe alla Centrale di valutare la Sicurezza GLOBALE della cisterna con questi Test e quindi disporne l’accettazione od il respingimento. Sono però molti i furbi che, avendo vacche in trattamento farmacologico, non eliminano tale latte dal conferimento pensando sempre di “diluirlo” nella massa dei 10 metri cubi della cisterna … E questo è un esempio di filiera abbastanza controllabile; ma se parliamo di Vino, di Olio, la questione si complica alquanto (e consentitemi di evitare una lunghissima spiegazione) perchè le filiere sono profondamente diverse anche se tutte hanno la caratteristica di provenire da una somma (anche enorme) di prodotti (e produttori) SFUSI.
Sarebbe troppo “contro gli imprenditori” liberalizzare i prodotti dopo averne verificato la sicurezza piuttosto che corrergli dietro ? Ma sopratutto provate a pensare PERCHE’ le cose DEBBONO funzionare così …
E pensare che volevo semplicemente dire che non dovremmo più parlare di Autorità Sanitarie ma delle Autorità per la Sicurezza Alimentare …
Stefano Dell’Orso
Mi domando come è possibile che il limite M1 per l’europa sia 0.050 mg/l mentre negli USA il limite è 0.5 mg/l.
Non dovrebbero essere calcolati in base alla tossicità?
eppure negli usa si consuma latte anche a pasto, in sostituzione delle bevande; con un consumo più abbondante non dovrebbero esserci limiti più bassi ?
Hai ragione, la valutazione del rischio suppongo abbia dato probabilmente un risultato simile a quella Europea (o addirittura più “severa” per la ragioni di esposizione/consumo che riportavi tu). La differenza sta quasi sicuramente nella diversa gestione del rischio. I cereali statunitensi hanno livelli di micotossine più alti rispetto all’Europa: la loro zona nota come “fascia del grano” (il granaio degli USA) raggiunge temperature notevoli, ideali per lo sviluppo delle muffe produttrici di aflatossine. Per questo hanno deciso di aumentare il livello di rischio per la popolazione (cioè il limite ammissibile) per evitare di mettere in ginocchio il settore.
impariamo a votare per i nostri comuni e per il nostro paese persone attente alla salute e all’ambiente, e di queste cose ne succederenno meno!!
finchè votiamo chi pensiamo ci dia maggiori vantaggi economici,,,
ci perdiamo in salute.
E persa quella tutto il resto CICCIA!
Pensate che i cinesi vogliono i nostri alimenti per l’infanzia perché più sicuri dei loro!!!
Abbiamo una dirigenza, a tutti i livelli pubblici e privati da rottamare.
Ma i veterinari della ASL responsabile per le Latterie Friulane vivevano sulla luna? Non è necessario che arrivi il NAS per scoprire la frode! Esistono procedure di prevenzione per l’aflatossina M1 nel latte datate di una decina d’anni, pubblicate su riviste specializzate (vedi Scienza e tecnica Lattiero-casearia), dibattute in convegni ad hoc, compresi quelli presso l’ ISS, dove si trovano anche le risposte ai quesiti posti in questo blog ed adottate dai servizi veterinari di varie regioni. Ma evidentemente il Friuli è un altro mondo.
Per la D.ssa Nardi, i miei complimenti bravissima nelle sue spiegazioni, ma credo che lei sa fare solo il mestiere suo bene, ma non conosce come si fa il contadino oppure come si fa il muratore o qualsiasi altro mestiere come ad esempio il venditore ambulante o il poliziotto. Ci sono cose che per conoscerle bene devi farle per anni e neanche riesci ad imparare bene come funzionano. Ho fatto molti mestieri nella mia vita lavorativa anche l’ultimo citato, posso dirle cara dottoressa che se le cose non le cambiamo all’origine del nascere non le cambieremo mai. Per conto mio bisogna iniziare dall’EDUCAZIONE, bisogna insegnare ai nostri figli come ci si deve comportare fin dalla scuola dell’infanzia. Non posso raccontarle tutto quello che ho visto con i miei occhi ci vorrebbe molte pagine. Posso solo dirle che ho visto consumare una mozzarella in un ristorante che preferisco non descriverla com’era, ho vomitato per una settimana, eppure il proprietario mi ha detto che purtroppo chi lo fornisce deve campare perché senza lavoro. Quindi lui per salvare l’amico non gli frega niente di ammazzare i suoi clienti. Un ristorante famoso sempre pieno e affollato di consumatori che ingoiano tutto e di più, questo è il modo di comportarsi del produttore e consumatore Italiano, credo tanti anche se non tutti, ci sono credo anche persone come me e come mio cognato TECNOLOGO ALIMENTARI, che forse perché veniamo dalla terra, siamo abituati a consumare i prodotti preparati con le nostre mani. Oggi se qualcuno tenta di denunciare ingiustizie, finisce per essere incriminato e poi quello che riguarda alcuni personaggi specialmente POLITICI, difficilmente si riesce a far emergere. In questo momento c’è gente che non ha i soldi in tasca per potersi permettere di comprarsi 250g di mozzarella, però cambiano un cellulare alla settimana, credo che ci sono i cervelli andati in fumo in giro….e sicuramente se non provvede qualcuno dall’alto la situazione non credo cambierà specialmente se non si elimina chi ruba un sacco di risorse senza fare niente di utile. Un saluto e buon lavoro a tutti