Il 95% degli italiani consuma almeno una volta al mese una mozzarella. Nonostante la capillare diffusione del prodotto, pochi la conoscono veramente perché solo una parte dei caseifici segue lo schema classico di lavorazione e utilizza i quattro ingredienti canonici: latte, fermenti, caglio e sale. Il consumatore quando si reca al supermercato si trova così di fronte a 5-6 tipi di mozzarelle vendute a prezzi variabili da 4 a 13 €/kg e fatica a capire le differenze.
Per orientarsi si può partire dal nuovo test analitico messo a punto da Michele Faccia insieme ad Aldo Di Luccia, docenti alla facoltà di Agraria dell’Università di Bari, con il contributo dell’Associazione italiana allevatori, all’inizio di febbraio 2010. Il sistema permette di capire quando si usa come ingrediente il latte oppure la cagliata congelata (un semilavorato del latte poco costoso che permette di ridurre i tempi di lavorazione).
I ricercatori per evidenziare quanto sia diffusa l’abitudine di usare cagliata anziché latte, hanno fatto una prova in diretta su 18 campioni di mozzarella appena acquistati, rilevando che ben 5 provenivano da cagliate congelate. «Le cagliate sono importate dalla Germania, dalla Lituania e dalla Polonia – spiega Faccia – dove le eccedenze di latte vengono fatte cagliare e conservate in freezer in attesa della vendita». Secondo Coldiretti le importazioni di cagliata congelata sono cresciute in pochi anni da 120 a 860 mila quintali, e i consumatori per via di una legge poco chiara non sanno bene cosa comprano tutti i giorni.
La vera mozzarella.
Lo schema classico di produzione prevede l’aggiunta al latte di fermenti lattici, per creare un ambiente acido, e del caglio ricavato dallo stomaco dei bovini per ottenere la cagliata. Dopo questa fase preliminare la cagliata riposa per tre-quattro ore lasciando il tempo ai fermenti di agire. Alla fine si aggiunge un pizzico di sale, si impasta il tutto in acqua bollente (la “filatura”) e solo a questo punto la cagliata diventa mozzarella ed è pronta per essere raffreddata e confezionata. I costi di questo sistema sono però elevati. Per produrre un chilo di formaggio servono 7/8 litri di latte fresco e il caseificio deve avere un sistema di raccolta e di refrigerazione. La qualità dipende dalla bontà del latte fresco e dai fermenti che determinano aroma e sapore. Gli ingredienti indicati sull’etichetta sono quattro: latte, fermenti lattici, caglio e sale. Il costo di produzione oscilla da 5 a 6 €/kg che raddoppiano al dettaglio.
La mozzarella fast.
Quando nella produzione della mozzarella i fermenti lattici vengono sostituiti con acido citrico o acido lattico tutto diventa più semplice e rapido, perché la fermentazione non si fa. C’è però un inconveniente, alla fine il prodotto ha poco sapore e si cerca di rimediare con maggiori quantità di sale. In alcuni casi come quello illustrato nella fotografia si usa l’acido citrico abbinato ad un po’ di fermenti lattici. «Secondo noi – spiega Faccia – la metà dei produttori acidifica con acido lattico e acido citrico per aumentare la produzione e ridurre le spese». La mozzarella fast si riconosce perché nell’elenco degli ingredienti si trova la frase: correttore di acidità: acido citrico e/o acido lattico. Il costo di produzione oscilla da 4 a 5 €/kg, che raddoppiano al dettaglio.
La mozzarella senza latte.
La mozzarella senza latte esiste. Basta mettere la cagliata congelata in acqua calda, aggiungere sale e un pizzico di acido citrico e filare subito dopo l’impasto per poi raffreddare e confezionare. Il sistema è molto rapido, non serve il latte e i costi di produzione oscillano da 2 a 4 €/kg che raddoppiano al dettaglio. Il sapore di questa mozzarella è decisamente povero, il prodotto non ha il sapore di fresco, il colore tende al giallo e la struttura è poco “succosa”. Sull’etichetta dovrebbero essere indicati questi ingredienti: formaggio (o cagliata, o formaggio fuso), acqua, sale, e gli additivi come: acido citrico, lattico o sorbato di potassio. I produttori corretti non usano per questo formaggio la parola mozzarella ma sull’etichetta preferiscono scrivere: “Specialità lattiero casearia” , “Specialità alimentare a base di formaggio”…
La mozzarella pizzeria.
La famosa mozzarella pizzeria a forma di parallelepipedo è utilizzata da quasi tutti i pizzaioli. Spesso è ottenuta con cagliate congelate, perché quando la temperatura sulla superficie della pizza scende sotto i 50°C, fila ancora e questo è molto apprezzato dalle persone. La mozzarella vera invece non fila e questo è considerato un inconveniente. Per evitare problemi legali sulle confezioni non si trova la parola mozzarella, ma nomi di fantasia come “pizzetto”, “pizzottelo”, “pizza fast”, “pronto pizza”…
Attenzione però a non generalizzare troppo, perché nei supermercati c’è anche la vera mozzarella a forma di parallelepipedo (Mozzarella speciale pizza ) e che riportiamo in questa foto.
«Di fronte a tanta confusione – conclude Faccia – bisogna ridefinire le categorie merceologiche, e fare capire alla gente che la mozzarella vera si fa in un solo modo. Gli altri tipi di formaggio a pasta filata che costano meno e rappresentano il 50% del mercato possono essere commercializzati ma bisogna essere chiari nelle indicazioni sull’etichetta».