Digitando su Amazon “Kopi Luwak” compare una selezione di buste di caffè il cui prezzo medio si aggira intorno ai 500 euro al chilogrammo, un costo che gli conferisce il primato di “tazzina” più cara al mondo. In indonesiano Kopi significa caffè, mentre Luwak zibetto e come suggerisce il suo stesso nome, è prodotto dalle bacche di caffè mangiate, parzialmente digerite e defecate dalla civetta delle palme (altrimenti chiamata zibetto o musang), un piccolo mammifero onnivoro della famiglia dei viverridi diffuso nell’Asia sud-orientale. I suoi enzimi digestivi intaccando la parte esterna della bacca modificano la struttura di quelle proteine che determinano l’acidità del caffè. In questo modo il gusto amaro diminuisce a favore di un sapore più morbido e di un retrogusto di cioccolato e caramello.
Il consumo dei chicchi defecati risale al XIX secolo. Quando l’Indonesia era una colonia olandese, i braccianti delle piantagioni di caffè avevano il divieto di assumere la bevanda e per ovviare a tale imposizione pensarono di recuperare quelli che credevano essere degli scarti. Se il successivo utilizzo da parte dei colonizzatori non modificò le condizioni di produzione che continuarono a prevedere la raccolta degli escrementi degli animali in stato selvatico, l’aumento della popolarità dell’Indonesia come meta turistica e l’importazione in Inghilterra del Kopi Luwak da parte di un commerciante di nome Tony Wild avvenuta nel 1991, determinarono una massiccia crescita della domanda del prodotto. La richiesta sempre maggiore di questa specialità e l’evidente limite di produzione hanno portato alla nascita di allevamenti intensivi in batteria di zibetti alimentati forzatamente.
Tenuti in condizioni simili a quelle dei polli o delle oche per il foie gras, in Indonesia, Filippine, Timor Est, Cambogia e Vietnam le civette delle palme vengono rinchiuse in piccole gabbie dove sono ingozzate di bacche di caffè. L’alimentazione privata di rettili, insetti, piccoli mammiferi, frutta – elementi che fanno parte della loro normale dieta – e la costrizione in uno spazio molto limitato causano ai piccoli animali livelli di stress e di denutrizione tali da far sorgere problemi di salute oltre che comportamenti autolesionisti e nevrotici. Sebbene normalmente dopo tre anni di cattività sia prevista la liberazione, molto spesso le condizioni degli zibetti sono tali da non permettere la sopravvivenza dopo il rilascio.
Oltre alle terribili condizioni degli animali che hanno portato lo stesso Tony Wild a lanciare nel 2013 la petizione “Cut the Crap” al fine di fermare l’utilizzo del Kopi Luwak, si è assistito anche a un peggioramento della qualità del caffè. Se in stato selvatico le civette delle palme sono solite selezionare i frutti più maturi che contengono i chicchi più dolci, in cattività assumono bacche di differenti stadi di maturazione a svantaggio del sapore del prodotto finale.
Un’importante inchiesta è stata fatta dalla Peta (People for Ethical Treatment of Animal), organizzazione no profit a sostegno degli animali, che ha promosso una campagna di sensibilizzazione e di boicottaggio del Kopi Luwak. Insieme alla situazione di sfruttamento degli animali, un investigatore della Peta ha documentato come la descrizione sulle etichette “caffè da luwak selvatici” sia spesso falsa. Gli stessi allevatori hanno infatti dichiarato che è quasi impossibile produrre questo caffè raccogliendo solo gli escrementi di zibetti selvatici e che l’industria ha consapevolmente contrassegnato come di origine sostenibile chicchi ottenuti da zibetti in gabbia.
Da alcuni anni l’imprenditore inglese Matthew Ross ha lanciato un Kopi Luwak ecosostenibile che ha ottenuto il certificato di Wild Luwak Arabika Gayo dalla Repubblica di Indonesia. Prodotto dalla Kopi Ross rifornendosi esclusivamente da quelle piccole aziende agricole di Sumatra che garantiscono la salvaguardia degli zibetti, questo caffè soddisfa solo una piccola parte della richiesta totale ed è venduto a un prezzo ancora maggiore. Altri produttori hanno avuto un’idea simile a quella della Kopi Ross, ma a fronte del turismo di massa che colpisce il Sud Est asiatico e della sempre maggiore curiosità verso le specialità etniche, è difficile pensare che il Kopi Luwak eco-friendly sia la soluzione.
© Riproduzione riservata
[sostieni]
Sempre peggio, continuiamo a regredire in nome del dio denaro..
Tutto nella logica malata del capitalismo…
Bravissima Francesca Faccini a portare all’ attenzione del pubblico l’ ennesimo sfruttamento di animali selvatici , del quale stiamo subendo le conseguenze per la recente epidemia , originata , pare senza dubbio , dalla smania degli uomini ( cinesi , in questo caso) di ricercare i sapori piu’ insoliti senza considerare le sofferenze delle vittime e per di piu’ distruggendo l’ ecosistema . Ma davvero non riusciamo a trovare valori piu’ elevati e sani per migliorare la nostra esistenza ? Solo la gola ? ì
Come è possibile che l’uomo sia sempre così insensibile nei confronti degli animali perchè non possono protestare? Abbiamo proprio un cuore di pietra non ci interessa altro che il denaro…