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Il 22 maggio è stata presentata la “Carta etica del Packaging”

È stata presentata il 22 maggio nel corso della fiera Ipack-Ima, la “Carta etica del Packaging – Principi condivisi per progettare, produrre, utilizzare gli imballaggi in modo consapevole”. Il documento articolata in 10 punti punta a essere “una dichiarazione di principi, una forma di richiamo all’impegno collettivo, per rilanciare l’imballaggio secondo una visione che lo proietti in una prospettiva futura” (responsabile, equilibrato, sicuro, accessibile, trasparente, informativo, contemporaneo, lungimirante, educativo, sostenibile).

I punti sono più che condivisibili e l’impegno per la realizzazione del documento è lodevole (sulla carta). Stiamo parlando un progetto ambizioso visto che si tratta di un decalogo scritto per aprire un confronto fra tutti gli attori della filiera produttiva/distributiva e i cittadini/consumatori.

Nella carta etica si  legge che gli imballaggi “hanno una responsabilità sociale, devono creare un rapporto di fiducia immediato con il consumatore, devono informare con coraggio, consapevoli del fatto che le informazioni sul prodotto sono un diritto e una priorità per il consumatore attento; riflettono la cultura della società e contribuiscono a loro volta a crearla, ne trasferiscono modelli, partecipando all’evoluzione della contemporaneità”.

Milk shelf
Nella carta etica si legge che gli imballaggi “hanno una responsabilità sociale

Proseguendo nel documento si assiste ad una  sorta di elogio dell’imballaggio. “Dal packaging passano modelli di alimentazione, modelli del lusso, modelli di vita sociale, l’imballaggio partecipa alla diffusione dell’estetica quotidiana e all’interno di essa deve svolgere una funzione esemplare; esso deve farsi portatore di qualità estetica, in grado di educare il nostro sguardo; deve parlare con un linguaggio modello, senza farsi complice di linguaggi deformati.”

Un elogio che il consumatore è fortemente invitato a condividere come raccontano alcuni articoli sul sito Wearepackagingfans.com in cui l’elogio del packaging si spinge ben oltre. Su questo sito  promosso da un noto istituto italiano, si leggono titoli come: “La plastica salvasprechi: il packaging che tutela l’ambiente” o “Packaging e sostenibilità: il contributo degli imballaggi per l’ambiente

conserve vetro botulino
In un articolo si fa un improbabile esempio di confronto tra succo d’arancia fatto in casa e succo d’arancia pronto e confezionato

Nel primo articolo in un improbabile esempio di confronto tra succo d’arancia fatto in casa e succo d’arancia pronto e confezionato (così come lo troviamo sugli scaffali del supermarket, per esempio) si arriva a sostenere che la bilancia di “prodotto più sostenibile” pende a favore del prodotto imballato.
Le motivazioni?

“Se scegliessimo di preparare noi la spremuta, dovremmo considerare il diverso impatto ambientale delle arance locali/nazionali e di quelle di importazione: più è lontano il luogo di produzione maggiore è l’impatto ambientale. E l’imballaggio delle arance, quanto pesa sulla sostenibilità del prodotto? L’imballaggio più sostenibile è senza dubbio la “sporta della nonna”, e l’acquisto a peso è in linea generale più sostenibile rispetto a quello in “vaschetta” perché c’è meno unità di imballaggio per unità di prodotto. E lo scarto della spremitura? Obbligatoria la raccolta differenziata, tra gli altri residui alimentari nella raccolta della frazione umida. E se invece decidessimo di acquistare un succo d’arancia già pronto? Avremmo l’imbarazzo della scelta: vari tipi di arance e combinazioni di succhi e nettari. E la stessa cosa si può dire per il packaging: bottiglia in vetro o in plastica, lattina in alluminio o contenitore in cartoncino, etc. Anche questa scelta sotto alcuni punti di vista può essere sostenibile. Spesso le industrie sono attente a limitare al massimo gli sprechi e le perdite di prodotto durante la lavorazione, ad acquistare le materie prime in prossimità degli stabilimenti, etc. Inoltre, i succhi e i nettari di arancia confezionati sono progettati e realizzati per essere conservati e sono acquistabili in formati che rispondono alle esigenze di consumo dei singoli o delle piccole comunità familiari. Sono quasi sempre richiudibili e ciò permette una preservazione del prodotto anche in stagioni dell’anno in cui non sarebbe disponibile e il loro trasporto in sicurezza in altri luoghi. [..] Inoltre, poiché è scientificamente dimostrato con studi di Life Cycle Assessment che per produrre un alimento si determina un alto impatto ambientale, potrebbe essere persino più sostenibile eccedere in packaging pur di evitare la perdita del prodotto.”

E per non far mancare nulla l’articolo si chiude con lo slogan: “Quindi godetevi la vostra spremuta di stagione in tranquillità, ma non sottovalutate il contributo del packaging che vi permette di gustarla in modo efficace, sicuro e sostenibile.

Fresh Salad Lettuce
Ci sono affermazioni molti discutibili come “la plastica non solo è un antidoto allo spreco ma potrebbe “nutrire il pianeta”.

Sarà pur vero che nella miriade di prodotti alimentari commercializzati nel mondo, ne esisteranno alcuni più convenienti (sotto diversi profili quali quello nutrizionale/salutare, per l’impatto ambientale, o sulla sicurezza chimica e microbiologia) se venduti già elaborati e pronti all’uso rispetto a quelli preparati in casa, ma stiamo parlando probabilmente di un ago in un pagliaio.

Nel secondo articolo invece si sostiene che: “C’è un filo rosso che unisce il cibo alla plastica (quella “buona”, biodegradabile, sviluppata per usi alimentari e che non inquina) e che potrebbe lasciare perplessi i consumatori più attenti all’ambiente e alla tutela dell’ecosistema.

E con varie argomentazioni, che spaziano da studi condotti dalla FAO fino ad arrivare a parlare di una diffusione degli imballaggi in plastica che potrebbe contribuire a salvare parte dei 3 milioni di bambini che muoiono a causa della malnutrizione, si finisce ad affermare che “la plastica non solo è un antidoto allo spreco ma potrebbe “nutrire il pianeta”.” Vero è che nell’articolo si cerca di far passare il concetto che una soluzione simile potrebbe essere realizzata mediante Plastica buona, biodegradabile e che non inquina, ma è bene precisare che plastiche di questo tipo (bioplastiche) rappresentano vere e proprie nicchie di mercato come quelle degli alimenti biologici o dei beni di lusso ed è piuttosto fantasioso pensare che dall’oggi al domani stravolgano il mercato delle plastiche tradizionali.

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Più fantasioso pensare che plastiche ecologiche, poco diffuse nei Paesi industrializzati, possano rappresentare una soluzione nei Paesi in via di sviluppo

Ancor più fantasioso pensare che plastiche ecologiche, poco diffuse nei Paesi industrializzati, possano rappresentare una soluzione nei Paesi in via di sviluppo dove i problemi legati all’alimentazione dipendono da numerosi fattori. In conclusione, se un imballaggio ideale dovrebbe essere, come sostiene la carta etica, responsabile, trasparente, equilibrato, educativo…sarebbe opportuno che lo fosse anche l’informazione che viene fatta in merito.

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