L’Agenzia per la sicurezza alimentare inglese (Food standards agency) ha pubblicato il 15 febbraio i risultati delle analisi realizzate su prodotti alimentari che potrebbero contenere carne di cavallo al posto di carne bovina. Su 2501 campioni esaminati solo 29 sono risultati positivi alla presenza di DNA di cavallo (in misura superiore all’1%). Sono però ancora in corso analisi su 950 campioni.
I risultati positivi si riferiscono a sette prodotti già ritirati dal mercato, nei quali non sono però state trovate tracce di Fenilbutazone, un medicinale veterinario antidolorifico e antinfiammatorio somministrato abitualmente ai cavalli da corsa.
Anche in Irlanda, Francia, Germania, Norvegia, Austria e Svizzera sono stati ritirati prodotti dal mercato e sono in corso indagini. In Italia le analisi condotte dall’Istituto zooprofilattico sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta su due campioni, hanno dato esito negativo, ma nei prossimi giorni inizieranno le 700 analisi richieste dall’UE.In attesa dei risultati c’è un dato su cui vale la pena riflettere. La quantità di carne equina venduta negli ultimi sei mesi dalla società francese Spanghero (situata a Castelnaudary nella regione chiamata Aude), alle aziende alimentari per produrre lasagne, hamburger, polpette, e decine di altri prodotti dove la carne trita è usata come ingrediente, ammona 750 tonnellate. 500 tonnellate sono state vendute alla società Tavola situata in Lussemburgo del gruppo Comigel che ha preparato lasagne e piatti pronti surgelati per decine di aziende. Le autorità francesi hanno sino ad ora identificato alcuni lotti per un ammontare di 4,5 milioni di confezioni spedite in vari Paesi.
Di fronte a questi numeri è difficile pensare alla frode di un singolo produttore che ha utilizzato carne di cavallo al posto di carne bovina per lucrare in modo illecito. Si tratta di una tesi difficile da sostenere perchè la carne di cavallo sul mercato legale costa più di quella bovina, e perchè siamo di fronte a quantità elevate di materia prima.
Ma allora da dove arrivano 750 tonnellate di carne di cavallo? La nostra ipotesi è che si tratti di carne di animali non DPA, ovvero di cavalli sportivi o ludici che a fine carriera non si possono abbattere e non possono essere dirottati nella filiera alimentare, avendo subito trattamenti farmacologici incompatibili con un prodotto alimentare. Questi animali rappresentano un costo elevato per i proprietari che devono mantenerli per 10-15 anni e procedere all’incenerimento quando muoiono di vecchiaia. Stiamo parlando di cavalli che rappresentano la maggioranza del patrimonio equino e quindi facili da reperire, anche perchè non esiste l’obbligo di tracciabilità e l’anagrafe equina è una struttura molto aleatoria e sottoposta a pochi controlli in Europa. È quindi lecito ipotizzare che la carne di cavallo anonima, utilizzata nelle lasagne Findus e in decine di altri prodotti provenga da cavalli non DPA giunti a fine carriera. Trattandosi di carne illegale probabilmente viene commercializzata a prezzi risibili e il business comincia a diventare interessante.
L’ultimo elemento da considerare riguarda la mancanza di controlli delle aziende come Findus e di catene di supermercati come Aldi e Tesco sul tipo di carne. La stessa cosa si può dire per la Francia dove la vicenda horsegate ha coinvolto prodotti alimentari firmati da catene di supermercati come Carrefour, Auchan, Casino, Monoprix, Sistème U e Picard che hanno ritirato decine di prodotti.
Questo è potuto accadere perchè l’analisi del DNA della carne non rientra nello screening di routine, non esistendo sino ad ora elementi per sospettare frodi commerciali. Forse la nostra tesi è azzardata, ma allora qualcuno deve spiegare da dove vengono tutti questi cavalli?
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.