Una circolare del Ministero della Salute in seguito ad una visita ispettiva effettuata in uno stabilimento di stagionatura di formaggi situato in Emilia-Romagna, ha individuato la necessità di precisare i CCP all’interno del piano di HACCP dello stabilimento, anche se questo aspetto non è previsto dalla normativa. Secondo il Ministero questa interpretazione è errata in quanto un piano HACCP non può esistere senza CCP. Il servizio veterinario e igiene degli alimenti dell’Emilia-Romagna ha diramato una circolare.
Ecco il parere dell’avvocato Dario Dongo esperto di diritto alimentare.
Non esiste alcuna norma cogente né volontaria che prescrive l’obbligatorietà di individuare un CCP all’interno di un processo. Non esiste infatti CCP se non vi è una Misura di controllo applicabile a quello stadio del processo produttivo che riduce, annulla o garantisce che quel pericolo rimane ad un livello accettabile.
Quando un parametro risulta fuori limite in una fase del processo, ci si trova in via solo teorica di fronte a un CCP, sempre che in una fase successiva il patogeno in questione non venga “neutralizzato”. Il primo passaggio va considerato come CP e il secondo come CCP (per verificare l’efficacia della neutralizzazione). Nel caso specifico della stagionatura dei formaggi, l’azienda effettua una valutazione del proprio processo e può affermare l’inesistenza di un CCP. L’Autorità di controllo valuterà poi la correttezza dell’impostazione.
La ‘Food & Drug Administration’ – che come sappiamo opera negli USA, ove il sistema HACCP è stato ideato mezzo secolo fa – segue il predetto approccio. La Commissione europea ha a sua volta una posizione simile.
Il Ministero della Salute invece, con nota 28.12.2010 prot. DGSAN/IX/38330, ha affermato che “per stabilimenti … che svolgono processi produttivi … l’accettazione dell’ipotesi di poter non individuare CCP nell’analisi dei pericoli e nella valutazione del rischio nelle fasi del processo produttivo, ancorché si tratti di processi caratterizzati da un diagramma di flusso semplice, renderebbe tale ipotesi applicabile in linea di principio a tutti i processi produttivi eludendo in tal modo l’obbligo sancito dal regolamento 852/2004 e determinando condizioni nelle quali la sicurezza del processo non risulta gestita.”
L’approccio nazionale non risulta tuttavia in linea con la “ratio” del sistema HACCP né con la legislazione UE ivi richiamata. E’ stato trascurato il c.d. ‘decisions tree’, l’albero delle decisioni sulle cui basi il sistema HACCP articola il modello operativo di prevenzione del rischio, ed è invece stato citato a sproposito lo standard ISO 22000:2005.
primo, anche se mi piace, la FDA non è la "Food and Drink Adm..", ma è la "Food and Drug Adm.."
per quanto riguarda l’HACCP con i suoi annessi ccp, non vorrei mai che questi andassero ad incidere su quelli che sono dei processi storici: credo che sia impossibile applicare principi HACCP, per esempio, ad alcuni formaggi di malga: la loro bontà non è certamente dovuta alla ricerca di CCP, sicuramente sono tradizioni che si perdono nei secoli, difficilmente inquadrabili in normative generalizzate
un’eccessiva normazione, a mio parere, porterebbe ad un impoverimento delle (vere) particolaritÃ
Credo che anche nella produzione di formaggi stagionati ci siano delle fasi riconducibili a CCP. Il controllo del latte al ricevimento con metodi rapidi per la presenza di inibenti è un CCP (la fase consente di bloccare un pericolo), la temperatura di ricevimento e/o di stoccaggio del latte prima della lavorazione ha dei limiti definiti monitorabili, quindi è un CCP (non si può accettare un latte consegnato a qualsiasi temperatura); se si vuole perfino il processo di stagionatura, anche se il discorso può sembrare anomalo, svolge la funzione non solo di maturare e dare gusto al prodotto ma garantisce una "neutralizzazione" di qualsiasi patogeno. E’ noto che il limite di controllo di una stagionatura al fine di garantire il risanamento igienico siano i 60 gg. Nei formaggi Grana padano e Parmigiano il limite è superato ampiamente. Il fatto che certi CCP siano sovrapposti alle prassi tecnologiche ce li fa dimenticare ma esistono. Si possono rendere evidenti e quindi la circolare del ministero (che non ho letto in forma completa ma solo nella citazione di questo sito) non risulta così "fuori di testa". Che ne dite?
Il fatto che 60 o + giorni di stagionatura garantiscano la sicurezza igienica di un formaggio è la prova lampante che, in questo caso, non ci siano CCP. Se si adottano altre tecnologie, forse, si porrebbe il problema del controllo dei patogeni e quindi la necessità di istituire dei CCP. Ritengo che i CCP non esistano "a prescindere". Dipende dal processo produttivo. Ritengo (ma non ho letto la circolare del Ministero) sia sbagliato dire che un piano Haccp non possa esistere senza CCP. E’ necessario impostare l’analisi sui processi con i criteri dell’Haccp (albero delle decisioni ecc.), ma non è detto che si debbano per forza individuare dei CCP. E il caso del citato formaggio lo dimostra.
Il fatto che 60 o più giorni siano la "garanzia"della sicurezza igienica di questi formaggi potrebbe indurre a pensare che il termine temporale( appunto i 60 o + giorni) sia il 2° CCP rilevabile in questo tipo di produzioni(il 1° concordo per gli inibenti nel latte).
Non trovo la circolare in oggetto credo che quando si scriva un articolo scientifico con un opinione personale sia opportuno inserire un link.
Per alcune cose concordo con il Dott. Dongo, l’analisi alla fine del processo può escludere la presenza del patogeno. E’ altrettanto vero che lo scopo finale dell’autocontrollo è la prevenzione di un rischio, per avere una certezza dell’assenza di patogeni con la sola analisi finale del prodotto sarebbe necessario analizzare ogni singola forma di formaggio uscita dalla produzione.
I CCP sono essenziali allo scopo preventivo e aiuterebbero a monitorare meglio il processo di produzione.
Nel caso della produzione di formaggio, la fase di stoccaggio refrigerato della materia prima latte è senz’altro un CCP. Non penso che nessun produttore inizierebbe a far formaggio con latte alterato da contaminazione microbiologica.
Credo che la il concetto "non può esistere un piano HACCP senza CCP" sia giusto se consideriamo che il piano HACCP è l’elenco dei CCP, con i limiti, responsabilità , ecc. Normalmente, invece consideriamo e costruiamo erroneamente il piano HACCP come l’elenco delle misure di controllo (CP + CCP).
Trovo formalmente scorretto dire che non può esistere un piano HACCP senza CCP. L’HACCP è un metodo di valutazione dei rischi non un semplice elenco di CCP.
Ritengo che esistano realtà produttive dove veramente l’individuazione di CCP sarebbe una forzatura. L’applicazione di un albero delle decisioni razionale risulta molto importante nella valutazione, aspetto che troppo spesso passa in secondo piano a causa delle pressanti richieste di ispettori, autorità o clienti.
Sono contenta di trovare almeno la possibilità di discutere di questi argomenti. Premetto che non sono d’accordo con un mero approccio tecnico ad una questione sanitaria. Non si può discutere di quanti CP o CCP ci debbano essere in un piano senza che vi siano dati epidemiologici che permettano di condurre un’analisi reale dei rischi. Spesso l’analisi dei rischi è una semplice elencazione di tutti i pericoli (che, nel caso dei microbiologici, possono arrivare ad essere centinaia)ma di fatto, senza dati epidemiologici, rimane uno sterile elenco e soprattutto nessun OSA può dimostrare di applicare misure efficaci per controllare i rischi associati a tutti i pericoli elencati. Esistono organismi nazionali ed europei che hanno come compito proprio quello di fornire tali dati ma al momento, non è possibile reperirli.Inoltre sembra che i documenti di autocontrollo vengano valutati, in alcuni casi, solo in base al numero di pagine o di CCP. Senza contare che, come ho già scritto in questo sito, sarebbe bene affrontare i problemi REALI dell’autocontrollo, come ad esempio, la possibilità di controllare che i tutti i laboratori di analisi analizzino davvero gli alimenti, per la qual cosa non mi sembra sufficiente l’accreditamento di tali laboratori, oppure evitare possibili conflitti di interesse tra controllori e controllati che, ovviamente sono a tutto danno dei consumatori.
Condivido appieno la valutazione del dott. Dongo e trovo sorprendente che il ministero non sappia che per decidere se una fase è un CCP occorre applicare l’albero delle decisioni e non è detto che un processo di sole buone pratiche di lavorazione comporti un pericolo per i consumatori.
Secondo il reg. CE 852/04, bisogna incoraggiare l’elaborazione di Manuali di categoria (per es. tipo norma ISO). In questo modo, non sarà il singolo OSA ad applicare i 7 principi del Codex, ma dovrà essere un team di esperti, di quel settore, a stabilire le corretti prassi igieniche; mentre, spetterà all’OSA di adeguarsi. Ciò, infatti, nasce dalla constatazione che molte imprese sono di piccole o medie dimensioni e non aderscono a nessun associazione di categoria (oltre a non avere le risorse per affrontare un tale approccio)! Forse dimentichiamo che avere il "pericolo" non significa necessariamente CCP; ma c’è bisogno si conoscere la probabilità che questo pericolo si verifichi (rischio); per es. con dati epidemiologici se si tratta di patogeno.
La stagionatura implica la’asseganzione di parametri di controllo (U%, T e t)per raggiungere l’obbiettivo di qualità (edonnistica e microbiologica, quindi, potrebbe essere CCP se questa garantisce la salubrità (=sicurezza)del formaggio.
edonistica e non edonnistica.Chiedo scusa, mero errore di battitura.
Siccome per il Codex il metodo HACCP si applica tout court anche nel settore degli alimenti, cioè ivi compresa â
Sarebbe bene che dopo anni , convegni, corsi e master su qualità e sicurezza degli alimenti(ora sempre meno frequenti per ragioni economiche) prima di emettere sentenze del genere, a qualsiasi livello di responsabilità ,per prima cosa ,anche a livello ministeriale ci si documenti a sufficienza sugli argomenti trattati, e che siano fatte circolare le ipotetiche bozze, per lo meno presso le sedi associative delle varie categorie di operatori alimentari, ad evitare "che non sia applicato il metodo HACCP", ed il relativo albero delle decisioni a disposizioni non filtrate criticamente, capaci di trarre in inganno i controllori veterinari più o meno esperti ( vero CCP).
Per il resto la discussione dimostra come l’ HACCP sia uno strumento fondamentale che va conosciuto ed applicato nell’ambito di un piano di autocontrollo. Se non ci sono CCP meglio, ma il ragionamento va fatto comunque, e deve essere assunto a forma mentis di qualsiasi analisi e processo decisionale.