Etichette della carne: arriva l’origine per polli, maiali, pecore e capre. Come leggere le nuove indicazioni su allevamento e macellazione
Etichette della carne: arriva l’origine per polli, maiali, pecore e capre. Come leggere le nuove indicazioni su allevamento e macellazione
Paola Emilia Cicerone 31 Ottobre 2014Novità in arrivo per l’etichettatura delle carni. È stato approvato, ed entrerà in vigore dall’aprile 2015, un nuovo regolamento sulle etichette della carne di suino, ovino, per i volatili e la carne di capra sia fresche che refrigerate e/o congelate.
Si tratta dell’ultima tappa di un lungo percorso, in cui sono state prese in considerazione diverse modalità di etichettatura, per conciliare la tutela del consumatore con la necessità di evitare procedure onerose che finirebbero con l’incidere sul prezzo finale. Il provvedimento giunge dopo anni in cui eistono regole sulla traccibilità e sull’etichetattura per la carne bovina, scaturite dopo l’allarme per l’epidemia di BSE, la cosiddetta “mucca pazza”.
Le normative europee prevede da anni la tracciabilità per tutti gli alimenti, ma la novità sta nel fatto che adesso, per questi tipi di carne, l’informazione sarà fornita anche ai consumatori. «Il termine “origine” sull’etichetta – spiega Giordano Iotti veterinario della Asl di Modena – potrà essere usato solo per gli animali nati, vissuti e macellati in uno stesso paese. L’indicazione “origine: Italia” potrà essere solo animali nati cresciuti e macellati in Italia. In tutti gli altri casi, sarà necessario indicare sull’etichetta dove l’animale è stato allevato e dove è stato macellato. Occorre inoltre specificare se questo è avvenuto in Italia, all’interno dell’Unione europea o in paesi extra Ue». Si tratta di un provvedimento che dovrebbe venire incontro alle esigenze dei consumatori, che tendono a preferire i prodotti nazionali. «Lo consideriamo un importante passo avanti, che fornisce ai consumatori indicazioni sulla provenienza delle carni», commenta Rolando Manfredini, Capo Area Sicurezza alimentare e produttiva di Coldiretti. «Sarebbe stato importante però completarlo indicando in ogni caso anche il luogo di nascita dell’animale, come avviene per i bovini: in questo modo si sarebbero unificate le procedure, offrendo al consumatore lo stesso tipo di informazione completa e trasparente”.
Il regolamento prevede condizioni differenti per le diverse specie, pensate per tenere conto dei tempi di allevamento: «Per esempio, ammette di indicare come “allevati in Italia” gli ovini che hanno trascorso almeno sei mesi nel nostro paese, o che sono nati qui e sono stati macellati prima dei sei mesi di età», spiega Iotti. Per i maiali il limite è di quattro mesi, salvo casi particolari (vedi tabella) mentre il pollame è “allevato in Italia” se ha trascorso in Italia almeno un mese prima della macellazione”.
Ma in pratica, quanta della carne che acquistiamo è ottenuta da animali nati o allevati all’estero? «Può succedere che siano acquistati all’estero suini – o anche bovini – per completarne qui l’allevamento, con l’obiettivo di dare alla carne le caratteristiche desiderate. Si tratta spesso di una scelta motivata da ragioni economiche – in Italia i costi dell’allevamento sono molto alti – o semplicemente dall’interesse per le caratteristiche di una determinata specie», spiega Iotti. «Ci sono animali che arrivano in Italia pronti per essere macellati, anche se è un fenomeno in diminuzione a causa della difficoltà nel trasporto di animali vivi rispettando le normative sul benessere ». Questo aspetto dell’importazione riguada soprattutto i maiali visto che «circa il 35% della carne consumata arriva dall’estero – spiega Manfredini – mentre per quanto riguarda il pollame, la produzione nazionale supera i consumi».
Il regolamento comunque non comprende conigli ed equini. «Sono anche previste procedure semplificate per le carni macinate e per le cosiddette rifilature (piccoli pezzi di carne idonei al consumo e ottenuti dal procedimento di disosso)» prosegue Iotti. «È utile invece ricordare che gli allevatori possono integrare le informazioni obbligatorie, con altre attinenti alla provenienza della carne». È quello che avverrà presumibilmente per le carni DOP o IGP per cui esistono disciplinari specifici che definiscono anche la provenienza.
Quali saranno le conseguenze del nuovo regolamento? Per Iotti «è facile prevedere una grossa mole di lavoro, e costi aggiuntivi che rischiano di ricadere sui consumatori. Le grandi aziende stanno cominciando ad attrezzarsi, mentre nelle realtà minori dove si macellano animali di provenienza locale i cambiamenti saranno marginali, basterà inserire in etichetta le informazioni previste dal nuovo Regolamento. I problemi maggiori riguardano le aziende di medie dimensioni, che si approvvigionano di animali di provenienza diversa a seconda dell’andamento del mercato, e che dovranno fare fronte a una mole suppletiva di lavoro. Senza dimenticare che anche gli organi di controllo dovranno attrezzarsi per le necessarie verifiche». «In ogni caso – commenta Manfredini – l’applicazione del regolamento dovrà essere garantita»
Paola Emilia Cicerone
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giornalista scientifica
Finalmente! Adesso la gente scoprirà quant’è italiano il suino italiano….
Sono un allevatore di conigli,purtroppo perquesti non e obligatorio la tracciabilita, a discapito del consumatore ,purtoppo penalizza anche noi allevatori,perche i pochi macellatori che comandano l`intera filiera li prendono dall`est europa a prezzi stracciati,e non credo che i controlli sono come qui in italia,ci sono state anche delle interrogazioni parlamentari ma e rimasta lettera morta.
Stucchevole arrampicata sugli specchi dei normatori lottizzati.
Qualche burocrate addetto ai lavori, ci può spiegare cosa impedisce di prescrivere per tutti gli animali (conigli, struzzi, coccodrilli compresi), la nascita, l’allevamento e la lavorazione finale?
Cosa interessa loro se allevare in Italia costa di più e quindi l’etichetta deve mentire, per spacciare un animale nato ed allevato in Germania ed arrivato al’ultimo momento da noi per la trasformazione?
Oppure interessa molto anche loro, che noi crediamo di mangiare carne nostra e dei nostri allevatori, mentre mastichiamo tedesco?
Noi siamo emancipati e se vogliamo consumare italiano, lo pagheremo quello che costa e questa scelta vogliano farla anche in molte altre parti del mondo, pagandoci la percepita e convinta nostra superiore qualità.
Noi ci crediamo ed abbiamo bisogno che i pochi decisionisti delle norme, si schierino dalla parte di tutta la filiera produttiva italiana e non solo di pochi grossi, grassi trasformatori trasformisti, che danneggiano il vero Made in Italy.