Come è ormai noto, il 13 luglio la Commissione Europea ha proposto di accordare agli Stati membri la libertà di autorizzare, limitare o vietare la coltivazione di organismi geneticamente modificati su tutto o su parte del loro territorio.
Si attende perciò una nuova raccomandazione sulla coesistenza tra colture geneticamente modificate e colture tradizionali e/o biologiche, oltre a una proposta di regolamento di modifica della legislazione relativa agli OGM (dir. 2001/18/CE).
In concreto, viene dato ampio spazio di manovra agli Stati membri nell’adottare misure di coesistenza tra le colture OGM e quelle tradizionali – con facoltà di stabilire zone “OGM-free” – tenendo conto delle condizioni ambientali a livello locale, regionale e nazionale. Resterà invece invariato il sistema di valutazione della sicurezza e autorizzazione del commercio in UE di OGM e prodotti da essi derivati. I governi nazionali dovranno informare la Commissione e gli altri Stati membri un mese prima dell’adozione delle misure.
Una vittoria a metà, tanto per gli ecologisti quanto per i fautori del “biotech”. Nessuna novità, invece, per i consumatori, che potranno continuare a scegliere di acquistare prodotti OGM o “OGM-free”, in relazione alle circostanze. Senza entrare nel merito dei pro e contro, non si può tuttavia fare a meno di lamentare il danno che deriva all’Europa unita da un’iniziativa, da alcuni definita “pilatesca”, che di fatto espone i suoi cittadini alle svariate decisioni dei politici locali. I quali potranno decidere di volta in volta se privilegiare la competitività dei loro agricoltori rispetto ai vicini o vantare l’ormai velleitario orgoglio della segregazione rispetto al “nuovo che avanza”.
Dario Dongo
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14.7.10