Chinese typical fish and living animals market

Chinese typical fish and living animals marketArrivano aggiornamenti sulla questione del commercio di animali selvatici e sul loro consumo alimentare in Cina, e non sono affatto incoraggianti. L’inviato del New York Times Steven Lee Meyers, infatti, ha appena pubblicato un lungo articolo in cui descrive il momento attuale che, oltre a essere assai caotico, non lascia intravvedere nulla di buono. Nonostante alcuni provvedimenti temporanei e numerose promesse, pare infatti che tutto stia lentamente tornando come prima della pandemia, come peraltro già accaduto dopo la crisi della Sars del 2003.

Dal punto di vista legislativo, a fine gennaio erano stati vietati l’allevamento, il commercio e la lavorazione delle carni degli animali selvatici (ma non quelli di pesci e crostacei) per scopi alimentari (ma non farmaceutici), inseriti in un’apposita lista. Tra essi figurava il pangolino, ancora oggi sospettato, anche se mancano prove definitive, di essere l’animale-ponte tra e l’uomo e i pipistrelli, serbatoio naturale del Sars-CoV-2, così come altri due possibili animali incubatori venduti a Wuhan: il tasso e il ratto del bambù. 

pangolino animali epidemia coronavirus cina
Il pangolino è tra le specie vendute nel wet market e sospettate di aver fatto da ponte tra pipistrello e uomo per il Sars-CoV-2

Nel frattempo molti wet market erano stati temporaneamente chiusi, e poche settimane dopo la provincia di Shenzen aveva inserito cani e gatti nella lista degli animali da affezione, sottraendoli così a quella degli animali destinati a diventare cibo. Sembrava quindi che, sia pure lentamente e in modo disomogeneo, la Cina si avviasse verso standard alimentare richiesti a gran voce da moltissimi esperti e dalla stessa Oms. 

Ma tutto ciò deve fare i conti con un’esigenza che per il Partito Comunista cinese è probabilmente più forte: quella di far uscire milioni di cittadini dalla povertà, obbiettivo che nei piani doveva essere raggiunto entro quest’anno. Nei decenni scorsi il governo aveva stimolato l’allevamento di animali selvatici come, per esempio, proprio il ratto del bambù. Questo aveva effettivamente fatto aumentare molto le entrate di milioni di ex contadini, che però avevano anche investito molto denaro, a volte tutti i loro averi, per mettere in piedi gli allevamenti. Oggi sono proprio loro i soggetti più deboli, perché oltre a dover rientrare dai debiti devono anche continuare ad alimentare gli animali, oppure decidere di sopprimerli, restando però, a quel punto, senza una fonte di reddito. E a costoro sembra che il governo non riesca a dare risposte diverse da una retromarcia clamorosa su ciò che si può allevare, vendere e mangiare. La sessione annuale dell’Assemblea Nazionale del Popolo ha appena assunto decisioni che vanno in quella direzione o, per meglio dire, non le ha assunte. Non ha vietato esplicitamente nulla e ha solo deciso di lavorare sulla materia, fatto che di certo si protrarrà per mesi prima che siano emanate direttive chiare. 

Alcuni provvedimenti isolati sono stati presi dalle autorità locali per vietare o sospendere il commercio di animali selvatici

Restano, per ora, alcuni provvedimenti singoli piuttosto confusi e contraddittori. Pechino, per esempio, ha vietato il commercio di animali selvatici, e Wuhan lo ha sospeso per cinque anni. Il ministro dell’Agricoltura ha recepito l’iniziativa di Shenzen e ha inserito i cani nella lista degli animali d’affezione. Però, quasi per contrappasso, ha allargato quella degli animali d’allevamento, includendo l’emù e l’anatra muschiata. Ma non vi ha inserito il ratto del bambù che, invece, è presente in un’altra lista di ben 54 animali selvatici, ma dei quali sono permessi la cattura e il commercio, nonché il consumo. 

Il tutto, poi, confligge ulteriormente con la normativa che regola la medicina tradizionale, molto spinta dal Governo anche contro il Covid-19; tra i rimedi, oltre alle scaglie di pangolino, cui vengono attribuite le più disparate proprietà (contro l’impotenza, l’affaticamento, la perdita di memoria per citarne solo alcune), figura anche la bile di orso che, appunto, si può cacciare per questo scopo. Tra gli altri ingredienti molto popolari vi sono i palchi dei cervi, il cervello di passero e i cavallucci marini. Si stima che nel 2017 il mercato degli animali selvatici valesse più di 8 miliardi di dollari, e al momento potrebbe aver subito un rallentamento, ma nulla di più.

Per vedere la fine del commercio di animali selvatici in Cina servirà probabilmente un cambiamento culturale nelle nuove generazioni

Le speranze, a questo punto, sono riposte nel cambiamento culturale, in atto dai tempi della Sars, perché le generazioni più giovani sono più globalizzate e non sentono più come propria (non quanto i genitori) una tradizione alimentare molto antica, ma oggi difficilmente difendibile da diversi punti di vista.

Saranno comunque necessarie soluzioni concrete, incentivi economici, divieti chiari e omogeni per convincere, per esempio, i 100 mila allevatori di ratti del bambù della sola regione del Guangxi, ai confini con il Vietnam, a dire addio ai 18 milioni di animali che allevano e a trovare una fonte alternativa di reddito. Lo sta facendo lo Hunan, che paga chi rinuncia ad allevare ratti, serpenti, porcospini, zibetti e renne (note per essere serbatoi di una malattia da prioni della stessa famiglia dell’encefalopatia spongiforme bovina). E sarà necessario probabilmente ancora molto tempo prima che siano compiuti passi decisivi. A meno che un altro spillover non acceleri le decisioni.

© Riproduzione riservata

0 0 voti
Vota
6 Commenti
Feedbacks
Vedi tutti i commenti
Antonio Bellusci
Antonio Bellusci
20 Giugno 2020 14:49

Ottimo servizio, peccato che il mondo politico, soprattutto europeo condizionato dagli affari enormi con il mercato cinese, non prenderà mai decisioni drastiche atte a costringere il governo cinese a una drastica inversione di rotta di queste abitudini alimentari e di medicina tradizionale, sarebbe a rischio, per affaristi e speculatori soprattutto europei, una montagna di miliardi di € di utili e quindi fanno pressione sul mondo politico affinchè non prenda tali decisioni contro l’invasione economica e finanziaria incontrollata di questo enorme paese.

Roberto
Roberto
22 Giugno 2020 11:27

Rimango sorpreso come ancora nel terzo millennio sia così diffusa una medicina tradizionale cinese legata più alle credenze che su prove scientifiche.

Per tutte le patologie che pare possano essere curate con scaglie di pagolino, cervello di passero o bile di orso, esistono oggi precisi farmaci dagli effetti efficaci e dimostrati.

Piero
Piero
Reply to  Roberto
5 Luglio 2020 09:24

La supertizione non muore mai anche dalle nostre parti

bruno fusari
bruno fusari
23 Giugno 2020 16:31

Ho visto il mercato dei cani: da svenire! Il corona-virus viene sicuramente di là

gianni
gianni
23 Giugno 2020 22:52

Notizie dalla civile Europa ( e non dalla medioevale Cina )

https://www.ansa.it/canale_ambiente/notizie/animali/2020/06/04/coronavirus-lav-olanda-ordina-abbattimento-visoni_79ccbb28-066a-4e64-a7f7-da570ac54381.html

Coronavirus: Lav, Olanda ordina abbattimento visoni
Dopo contagio da Sars-CoV-2 per due operatori allevamento

Non si fermano i focolai di Covid negli allevamenti di visone. I primi a farci i conti sono stati gli olandesi, nel paese tra fine aprile e la metà di giugno c’è stato un crescendo che ha finito per coinvolgere 17 allevamenti (tutti gli animali presenti, oltre 600.000, sono stati abbattuti).
In Danimarca si è registrato un primo focolaio il 17 giugno (gli 11.000 visoni presenti sono già stati abbattuti) ed un secondo allevamento è stato isolato il 22 giugno.
Contagi che fanno ancora più paura dopo che il governo olandese , in un’informativa al Parlamento del 25 maggio, ha confermato due casi di contagio visone-uomo.

carola
carola
5 Luglio 2020 10:00

poveri animali innocenti