Le sanzioni a Israele non fanno parte del vocabolario europeo, visto che nessun Paese, per ora, ha preso iniziative di tipo economico per dare un segnale e schierarsi contro il genocidio in corso a Gaza. Per contro, in questi giorni è in discussione il 19° pacchetto di sanzioni economiche nei confronti della Russia, che nel panorama internazionale si considera un Paese invasore (al pari di Israele). A fronte di queste scelte politiche, che rendono i governi europei in qualche maniera complici dei misfatti di un criminale di guerra (Netanyahu), la società civile si mobilita ogni giorno perché considera tutto ciò inaccettabile.
Gli affari italiani in Israele
La società civile però non comprende le aziende private che continuano con grande profitto a fare affari con Israele. Secondo i dati disponibili, le esportazioni italiane di alimenti ammontano a 440 milioni di euro (a fronte di meno di una decina di milioni di importazioni), con un incremento del 13% nei primi sei mesi del 2025. Stiamo parlando di aziende leader dei rispettivi settori, che vendono prodotti alimentari considerati di alta qualità a Tel Aviv e che sono presenti nei maggiori supermercati israeliani.

Nessuna di queste aziende ha deciso di interrompere le relazioni commerciali con un Paese che dall’inizio del conflitto ha ucciso ogni giorno 28 bambini (pari a un’intera classe) e che usa la fame e la sete come arma di persuasione, massacrando ogni giorno persone in fila per accaparrarsi un sacco di farina. Come si può pensare di affiancare il proprio marchio a uno stato responsabile di un genocidio che nessuno potrà dimenticare?
Il nostro appello
Il nostro invito a interrompere la vendita di prodotti alimentari è rivolto alle aziende leader dei vari settori. È inutile fare l’elenco, basta fare mente locale sui marchi che fanno pubblicità sulle TV nazionali. I prodotti più esportati sono olio extravergine, merendine, biscotti, prodotti da forno, creme spalmabili e snack. Spaghetti e pasta, compreso quella ripiena, costituiscono il 45% delle importazioni israeliane. Le conserve di pomodoro italiane rappresentano il 40% dell’import. Poi ci sono i vini di pregio DOP, l’acqua minerale (il 60% di quella che si beve a Tel Aviv è italiana), a seguire caffè, formaggi stagionati DOP e mozzarelle, panettoni e dolci da ricorrenza. Possiamo dire tranquillamente che tutte le grandi marche del made in Italy sono presenti.
Forse adesso è arrivato il momento di fermare le contrattazioni. Un gesto per prendere le distanze dal massacro quotidiano di persone affamate alla ricerca di cibo, dalla morte per denutrizione per decine di bambini, dalla demolizione sistematica di migliaia di case, ospedali, scuole e quant’altro esiste sul territorio. La scelta di interrompere i rapporti commerciali non sarebbe determinante sugli eventi e non influenzerebbe le decisioni del governo Netanyahu, ma avrebbe un valore morale, sarebbe un gesto di umanità. Sarebbe la scelta di un’azienda che oltre agli affari ha dei valori di rispetto e di umanità da condividere con i propri consumatori.

Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24



Ma il Fatto Alimentare non si occupa della sicurezza degli alimenti? Cosa c’entra quest’articolo?
Il fatto alimentare si occupa di tutto ciò che rientra nell’ambito alimentare per cui sicurezza, igiene, pubblicità, nuovi prodotti, benessere animale, imballaggi e anche aziende.
Se non lo capisci immediatamente allora siamo alla frutta
C’entra eccome. Giusto denunciare chi per profitto fa affari con chi commette genocidi
L’Italia non è un Paese sovrano, è un vassallo degli Stati Uniti e di proprietà NATO. È inutile parlare dell’Italia come stato sovrano, perché l’Italia segue gli ordini di Wasghinton e quindi cindivide la politica americana verso Israele
Ciò non toglie che un’azienda possa decidere di interrompere le esportazioni
Tuttavia alcuni stati Nato come la Turchia ha smesso di commerciare con Israele. L’Italia no è un Italia totalmente asservita a Wasghinton che non conta niente e deve soli obbedire
L’articolo fa appello alle singole aziende non si rivolge a questo governo che mai prenderà decisioni in questa direzione
Suggerirei una lista in modo che i consumatori possano liberamente decidere se inviare proteste via mail alle aziende questo è l’unico modo di farci sentire veramente, solo se gli tocchi soldi e quote di mercato diventano clamorosamente etiche…
Alcuni nomi li abbiamo riportati in questo articolo ( https://ilfattoalimentare.it/gaza-fame-contratti-israele-italia.html), ma non si può sbagliare quasi tutte le marche che fanno pubblicità nelle tv nazionali esportano. Il nostro scopo non è boicottare queste aziende ma sollecitare un sentimento di umanità che permetta loro in futuro di dire di avere preso distanze dal genocidio
Guardi il primo spot su una tv nazionale di un’azienda alimentare molto famosa e sicuramente farà parte del gruppo di aziende che esportano
Mi sembra una buona idea
Purtroppo il peggio deve ancora venire.
La commedia di Eduardo “Napoli milionaria” mostra proprio il peggio dell’animo umano di quelle persone che vedono nelle catastrofi un’opportunità di arricchire i portafogli e perdere l’anima.
Pecunia non olet! E poi se la UE non impone sanzioni perchè i ns operatori dovrebbero interrompere i rapporti commerciali? Le leggi economiche non comprendono quelle morali, altrimenti non ci sarebbero neanche la produzione e vendita di armi!
Condivido al 100^% il vostro articolo.Bisognetebbe boicottare j prodotti ma non è così semplice
Per gli alimentari è più semplice che gli altri . Cmq sul sito BDS Italia ci sono le campagne per concentrarsi su pochi e raggiungere un risultato.
Consiglio di scaricare una delle app gratuite (es. No thanks oppure Boycat) che, inquadrando il codice a barre, segnalano se è meglio evitare quel prodotto.
Posso capire la questione genocidio ma facciamo un attimo il punto della situazione. In Russia non esportiamo più per le sanzioni, in America calano le esportazioni per i dazi, il mercato europeo è in generale in affanno per i suddetti motivi, dove la vendiamo la merce italiana ? Se continuiamo a fare i moralisti resteremo tutti disoccupati e nel frattempo la Cina continua ad aumentare le esportazioni a spese dell’occidente (loro se ne fregano dei palestinesi, ucraini ecc). Sarò cinico ma mi interessa di più conservare il io posto di lavoro che affamare gli israeliani.
Nessuno vuole affamare gli Israeliani che avrebbero senz’altro altre aziende disposte a fornire loro i prodotti.In realtà sono loro che affamano i palestinesi. In Russia il commercio dei nostri prodotti alimentari non è mai stato interrotto e prosegue regolarmente.
non ci vuole un genio a capire che il discorso non è affamare gli Israeliani ….. ma cercare di fermare un genocidio.
Si sa che il commercio non ha mai avuto pietà di niente e nessuno, e come lo fa ancora con Israele, lo fa con la Mercosur dove regnano le peggiori differenze dettate da dittatori che stanno devastando l’America Latina,il tutto consentito e nessuno che lo possa fermare,lo stato Israeliano paga? Benissimo,noi siamo disposti a dare ciò che volete,e avere ciò ci serve,è successo anche con il più grande genocidio del 21°secolo in Etiopia nel Tigray,600.000 mila morti. Nelle nostre pseudodemocrazie il commercio deve alimentare i suoi introiti, dove non importa.
E’ una vergogna, così come il fatto che supermercati come Coop si ostinino a non ritirare i prodotti israeliani dagli scaffali, nonostante le richieste di molti soci consumatori, contraddicendo i principi etici dichiarati.
I prodotti israeliani sono stati ritirati solo da Coop Coop Alleanza 3.0 (350 negozi e 16mila lavoratori) , Unicoop Firenze e Unicoop. Coop Italia non ha aderito .Ne abbiamo parlato in questo articolo (https://ilfattoalimentare.it/via-i-prodotti-israeliani-da-350-punti-vendita-coop-alleanza.html)
….. sono d’accordo con voi in questo articolo che adesso diffondo…..
1) Gli imprenditori badano solo al fatturato e comunque non si sentono responsabili della guerra. Inoltre non si considerano istituti di beneficienza né idealisti, e l’Economia ormai è solo Ragioneria contabile che guarda ai bilanci escludendo però dalla voce “costi” le vite umane.
2) La finanza israeliana controlla gran parte della Finanza Internazionale e quindi la politica.
3) La missione umanitaria che sta per arrivare a Gaza fornirà solo ad Israele un’ottima occasione per dimostrare la sua determinazione sionista e al tempo stesso la sua intoccabilità internazionale.
Grazie x questa sintesi al direttore Roberto La Pira e con lui tutti i giornalisti che lo affiancano in questo difficile lavoro !!
Sono d’accordo con il suggerimento di Maurizio Callegaro. Non credo che lo scopo de Il fatto alimentare sia di proporre il boicottaggio. Credo però che il suo scopo debba essere di informare i suoi lettori in modo completo, fornendo tutte le notizie di cui dispone, dando così ai suoi lettori di scegliere cosa fare.
Se i governi e le aziende sono complici dobbiamo essere noi cittadini fare la differenza.
https://bdsitalia.org/
Se non ricordo male in un vs. precedente articolo erano state nominate aziende come Ferrero, Mutti, Campari e Rummo che stanno continuando ad intrattenere rapporti commerciali con Israele.
La lista comprende quasi tutte le grandi marche e i prodotti leader di mercato
Esistono due app gratuite, sono No Thanks e Boycat, che segnalano i prodotti da evitare, basta inquadrare il codice a barre…
Il nostro articolo vuole sollecitare le aziende italiane a sospendere le esportazioni di prodotti alimentari in Israele.
E’ scelta di ogni azienda produttrice se importare o esportare verso Israele. Io son del parere che le aziende nulla hanno a che fare col governo Israeliano e quindi non vedo il motivo perché dovrebbero rinunciare al loro mercato. Le ideologie poco hanno a che fare col lavoro, dove migliaia di famiglie ricevono il “pane” per vivere.
Esistono valori e principi d’umanità che forse non trovano spazio nel bilancio delle aziende ma che ci differenziano da speci meno senzienti.La scelta di alcune aziende di non comprare prodotti derivanti da sfruttamento di lavoro minorile ad esempio
Le specie meno senzienti purtroppo non portano a questo pianeta la devastazione che portiamo noi esseri umani..
Se aziende italiane si rifiutano di sospendere le esportazioni in Israele noi consumatori italiani dovremmo sapore quali aziende siano, in modo da lanciare un segnale non comprando quei marchi che esportano in Israele!
Tutte le aziende italiane si rifiutano di sospendere le esportazioni
Pubblicate un elenco degli esportatori, affinché possiamo ricordare quando si fa la spesa per la famiglia
Tutte le marche leader di mercato dei vari settori che fanno pubblicità in tv