La notizia che in regioni come la Lombardia molte vacche risultano positive al Prednisolone è destinata agli addetti ai lavori. Se però si dice che il 30-40% delle vacche sottoposte a esami presenta nelle urine residui di antinfiammatori, allora la questione diventa più delicata. Perché è vero che la carne di vacca non si vende nei supermercati, ma è altrettanto vero che si usa per hamburger, ripieni di tortellini e altre lavorazioni industriali.

I veterinari del Sivar sono intervenuti nella vicenda, e in una nota segnalano «Preoccupazione e dubbi, in quanto le analisi risultano molto strane e ingiustificate, e ipotizzano la presenza di un metabolita prodotto naturalmente dall’animale o di una quantità tanto piccola di farmaci che viene rilevata dalle analisi sofisticatissime messe a punto con l’avanzare della tecnologia».

Il punto di vista dei controllori è più cauto. «Abbiamo iniziato a fare queste verifiche due anni fa nell’ambito del Piano nazionale residui – precisa Mario Astuti del Servizio Veterinario della Regione Lombardia – realizzando analisi extra per evidenziare anomalie e problemi nella filiera. Lo spunto è stato il regolamento europeo che, nell’ambito delle regole sul benessere animale, dal 2008 vieta la macellazione degli animali non più in grado di camminare per recarsi al macello. Prima dell’entrata in vigore del regolamento esisteva un sistema di raccolta e trasporto degli animali incapaci di camminare. Durante i controlli effettuati due anni fa, è emersa la presenza anomala di residui di antinfiammatori nelle urine di moltissime di queste mucche da latte (animali con 4/6 anni di carriera alle spalle)».

Il punto critico è che nei certificati veterinari che accompagnano gli animali al macello non era indicata la somministrazione di farmaci (tutti gli animali sottoposti a cure veterinarie devono rispettare un periodo di sospensione prima della macellazione e l’iter deve comparire nel certificato sanitario). In questo scenario, la presenza nelle urine  di antinfiammatori risulta un elemento anomalo che viene sanzionato, essendo in contrasto con la dichiarazione dell’allevatore. Le ipotesi sono due: o si tratta  di somministrazione di farmaci illeciti alle mucche in crisi, per rimetterle in sesto e permettere di percorrere con le proprie gambe l’ultimo miglio (aggirando il regolamento europeo sul benessere animale), oppure si tratta di interferenze nelle analisi, come sostiene il Sivar. Per chiarire la faccenda (uso illecito di farmaci o presenza di un metabolita naturale che interferisce nelle analisi) sono in corso accertamenti da parte dell’Istituto superiore di sanità e di altre strutture, come gli istituti zooprofilattici e la facoltà di veterinaria dell’Università statale di Milano.

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