Il ministro per le Politiche agricole alimentari e forestali, Mario Catania, ha annunciato un intervento legislativo “entro due-tre mesi” per riportare equilibrio nei rapporti commerciali nella filiera alimentare. Si tratta di un tema importante per molte imprese, piccole e medie soprattutto, ma poco sconosciuto al di fuori della cerchia degli addetti ai lavori. Proviamo a spiegare il problema.
Ilfattoalimentare.it ha affrontato più volte* le questioni legate allo squilibrio di forze tra i pochi colossi della grande distribuzione e migliaia di piccoli fornitori. «L’eccessiva concentrazione della grande distribuzione ha oggettivamente squilibrato il rapporto con i produttori agricoli e con l’industria: c’è molto da fare», ribadisce il ministro Catania, facendo esplicito richiamo alle poche centrali di acquisto che gestiscono gli approvvigionamenti dei supermercati. Lo squilibrio si esprime nelle forzature sui prezzi, che a volte portano al collasso interi comparti di produzione. Come è accaduto l’estate scorsa per il mancato accordo sul valore delle pesche e nettarine italiane .
Ma il vero guaio per i fornitori di ortofrutta e prodotti alimentari è dover subire la sistematica applicazione da parte della GDO (Grande distribuzione organizzata) di pratiche commerciali inique. Servono perciò regole semplici ma efficaci, a salvaguardia dell’integrità della filiera di produzione. Ecco alcuni spunti:
Forma scritta degli accordi. Tutti i contratti di fornitura dovrebbero avere forma scritta e seguire un modello-base in cui vengono definiti con chiarezza i diritti e gli obblighi delle parti, con divieto di modifiche retroattive. Altrimenti è solo sregolatezza, affidata a chi sulle singole forniture riesce di volta in volta a spuntare le condizioni migliori, e poi magari rimette tutto in discussione a fine anno e consegne ultimate: «Ho deciso di applicarmi uno sconto dell’x% su quanto ho comprato da te lo scorso anno».
Tempi di pagamento. Devono essere fissati termini massimi per il pagamento delle forniture alimentari deperibili e non deperibili. Tanto gli agricoltori quanto coloro che ne trasformano le derrate pagano i materiali alla consegna e i dipendenti a fine mese, ma le loro merci vengono pagate dopo 100-150 giorni. I consumatori pagano le merci alle casse, non dopo 3-5 mesi, ma i supermercati trattengono il contante tutto questo tempo prima di ripagare le merci a chi le ha fornite. Così il fornitore, per pagare le materie prime, le bollette e gli stipendi deve anticipare i soldi.
Clausole contrattuali. Ogni richiesta di denaro della distribuzione nei confronti dei propri fornitori deve essere giustificata e legittima. Si verificano invece situazioni anomale che incidono in modo gravoso sull’economia degli agricoltori e delle imprese alimentari.
Qualche esempio:
– la GDO spesso chiede ai propri fornitori “contributi di marketing” per l’apertura di nuovi punti vendita o la ristrutturazione di quelli esistenti. La giustificazione? Grazie ai supermercati nuovi o ristrutturati si potranno aumentare le vendite delle loro merci.
– sono richiesti “contributi promozionali” (ad esempio, per aver inserito un prodotto su un volantino) e “premi di fine anno”, di varia forma e sostanza, ma le “prestazioni di servizi” a ciò relative non sono sempre esplicite e chiare. I contratti dovrebbero invece indicare in modo chiaro quali servizi vengono offerti, a quali costi, e proporre ai fornitori la possibilità di richiederli o di farne a meno.
– sono periodicamente richiesti i “listing fees», per inserire i prodotti del fornitore a scaffale del supermercato. Nella prassi, i “listing fees” non sono condizionati al mantenimento del prodotto per un determinato periodo di tempo. Può capitare che la piccola impresa investa per il posizionamento dei suoi prodotti a scaffale e ne venga esclusa dopo pochi mesi.
– la GDO non dovrebbe fare ricadere sul fornitore i rischi relativi a stime di vendita errate.
Queste situazioni andrebbero regolate, e soprattutto si deve mettere fine alla prassi della GDO di “compensare” le fatture del fornitore per le merci consegnate con le proprie fatture per “contributi” o “prestazioni di servizi”: tipo, «mi hai consegnato tot euro di merce, alle quali sottraggo tot euro di servizi». Un meccanismo rispetto al quale il fornitore non è in grado di sottrarsi né può attendere di verificare se i “servizi” sono stati effettivamente resi e in quale misura, perché nel frattempo il pagamento delle sue merci rimane in sospeso.
In Europa un Gruppo di Alto Livello, presieduto dal vice-presidente della Commissione Antonio Tajani, sta provando a trovare una soluzione a questi problemi, con l’obiettivo di restituire competitività alla filiera di produzione agroalimentare. Ma i tempi non sono brevi, anche a causa della varietà dei punti di vista. Alcuni Paesi come la Francia e la Gran Bretagna già dispongono di apposite legislazioni che tutelano gli agricoltori e i produttori alimentari rispetto a clausole contrattuali manifestamente inique.
I sistemi sono tuttavia differenti negli approcci, e anche in questo settore non è facile convergere su un unico modello. «Ma a prescindere da quello che farà Bruxelles – spiega il ministro Catania – nei prossimi mesi presenterò una proposta legislativa, aperta alla discussione degli altri ministri competenti, per introdurre alcuni principi».
Dario Dongo
(*) Precedenti articoli sul tema:
I prezzi dei prodotti scendono, ma occorre riconoscere il valore del cibo
Il Parlamento europeo con José Bové alla carica della Gdo