Come sta andando la sugar tax introdotta nel Regno Unito nel 2018? Ha ridotto i consumi di bevande zuccherate? E se sì, di quanto? La risposta è sì, la tassa di 18 penny (21 centesimi di euro) su tutte le bibite che contengono tra cinque e otto grammi (g) di zucchero ogni cento millilitri (ml), e di 25 penny (29 centesimi) su quelle che contengono più di otto ha dimezzato il consumo nella popolazione pediatrica, e ridotto considerevolmente anche quello degli adulti. Lo dimostra uno studio molto dettagliato appena pubblicato sul Journal of Epidemiology & Community Research, rivista del gruppo del British Medical Journal, dagli epidemiologi dell’Università di Cambridge, nel quale sono stati analizzati i consumi prima e dopo l’introduzione della legge chiamata Soft Drinks Industry Levy, coprendo un periodo complessivo di 11 anni.
Lo studio sulla sugar tax
I ricercatori hanno attinto alle serie di dati relative al periodo 2008-2019, raccolte ufficialmente e con regolarità per valutare l’alimentazione degli inglesi, e hanno isolato le risposte di un gruppo di 500 bambini e di uno di 500 adulti.
Quindi hanno analizzato quelle relative agli zuccheri liberi assunti, sia raggruppando alimenti e bevande (analcoliche), sia estraendo i dati delle sole bevande, con specifica attenzione al consumo di quelli contenuti nelle bevande, includendo anche quelle ipocaloriche, i diversi tipi di latte e quelle con latte e panna, i succhi di frutta e così via.
Come controllo, hanno verificato l’assunzione di proteine perché, pur non essendo state soggette a tassazione, nello stesso intervallo di tempo hanno subito aumenti di prezzo. A quel punto hanno valutato che cosa sarebbe accaduto tra gennaio e marzo 2019 se non fosse stata introdotta la tassa (in base agli andamenti degli anni precedenti), e lo hanno messo a confronto con ciò che è successo davvero, e hanno così quantificato l’effetto.
I risultati
Il risultato è stato che, tra prima e dopo l’annuncio dell’introduzione della tassa nel 2016, il consumo di zuccheri liberi da bevande nei bambini è dimezzato, e quello negli adulti è diminuito di un terzo. L’effetto-annuncio sembra quindi essere stato molto potente. Un anno dopo l’arrivo degli aumenti di prezzo, e quindi nel 2019, i bambini avevano ridotto il consumo di un ulteriore 10% (circa cinque g al giorno) e gli adulti di un ulteriore 20% (11 g/die).
La riduzione complessiva del consumo di zuccheri aggiunti è stata di 4,8 grammi al giorno (di cui 3 grammi da bevande zuccherate) nei bambini e di 11 negli adulti (di cui 5,2 da soft drinks). Per contro, l’apporto di proteine, nello stesso periodo, è rimasto stabile.
Oltre la sugar tax…
Tuttavia, anche se in generale l’assunzione di calorie è diminuita nel periodo di tempo considerato (e ha iniziato a scendere fino dal 2008), l’apporto relativo di zuccheri in relazione alle calorie giornaliere non è cambiato in modo statisticamente significativo. E ciò significa che le persone hanno cercato gli zuccheri altrove. Una tassa relativa alle sole bevande è quindi efficace per ciò che riguarda lo scopo specifico, e cioè far diminuire il consumo di bibite zuccherate, ma può non essere sufficiente, per convincere le persone ad assumere meno zucchero, se gli altri prodotti pieni di zuccheri non hanno lo stesso tipo di penalizzazione o se, come accade con la legge attuale, alcune bibite riescono a farla franca, per così dire, e a non essere incluse nella tassa.
E poi c’è il fattore età, non analizzato nello studio, ma molto importante ai fini della programmazione di strategie efficaci, perché i consumi variano molto. Per esempio, nei bambini di quattro-dieci anni i prodotti che apportano più zuccheri liberi sono i cereali, seguiti dai succhi di frutta e altre bevande, ma in quelli che hanno tra 11 e 18 anni i soft drink balzano al primo posto, con il 29% degli zuccheri assunti. Per gli adulti, invece, sono i dolciumi a guidare la classifica, seguiti dalle bibite. Una tassazione, per essere davvero efficace, dovrebbe tenere conto anche di queste variabili.
La situazione attuale
Nonostante la diminuzione generale e quella specifica di bevande, il quantitativo di zuccheri totali assunti dagli inglesi è comunque ancora al di sopra delle soglie indicate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che raccomanda di non superare, con gli zuccheri liberi, il 5% dell’apporto calorico quotidiano, pari a 30 g/die per gli adulti, 24 g/die per bambini di età compresa tra sette e dieci anni e 19 grammi per i bambini di età compresa tra quattro e sei anni.
La tassa, che potrebbe essere migliorata, sta comunque funzionando, anche perché la differenza di prezzo è tangibile. Lo stesso si è visto in numerosi altri paesi, tra gli oltre 50 che ne hanno introdotta una: la sugar tax è efficace se è abbastanza elevata da far percepire la differenza di prezzo ai consumatori, che quindi possono essere dissuasi dall’acquisto. Altrimenti è quasi inutile. Quella che dovrebbe arrivare in Italia, se mai ciò accadrà, visto che la sua entrata in vigore è rimandata da quattro anni, è di dieci euro per ettolitro ( e quindi 10 centesimi per litro, circa tre per lattina) di prodotti finiti e 0,25 euro per prodotti da diluire: un aumento irrilevante, che probabilmente non turberà i sonni dei produttori, ma solo quelli dei medici che si occupano di obesità, che continueranno a vedere aumentare il numero dei loro pazienti, pediatrici e non.
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Giornalista scientifica
Il rischio che vedo io è che le bevande zuccherate vengano semplicemente sostituite con quelle che contengono solo edulcoranti.
Anche quelle sono pericolose e invece di indicare solo “senza zucchero” si dovrebbe scrivere “con edulcoranti”.
a mio avviso il problema permarrebbe, in quanto ancora troppo pochi conoscono i rischi da edulcoranti.
Vero anche gli edulcoranti sono più pericolosi del normale zucchero soprattutto per i bambini
Forse la tassa non è davvero necessaria. Se il governo investisse in una campagna seria di informazione nelle scuole e vietasse la pubblicità di bevande zuccherate i risultati si vedrebbero.
serve l’una e l’altra, ma questo governo non credo che possa mai intervenire su questi temi, in quanto troppo legato alle lobby produttive.
Da noi i bambini sono uno status symbol. Se la bibita rincara, si raddoppia il consumo perché “a mio figlio non deve mancare niente!” … Neanche obesità e diabete.