Stop alla bufala dello spreco alimentare! Uno studio smentisce gli esperti e conferma i dati rilevati un anno fa dal Politecnico di Milano (in pattumiera solo l’8%)
Stop alla bufala dello spreco alimentare! Uno studio smentisce gli esperti e conferma i dati rilevati un anno fa dal Politecnico di Milano (in pattumiera solo l’8%)
Roberto La Pira 12 Ottobre 2013La bufala sullo spreco alimentare degli italiani che buttano via quasi il 30% della spesa settimanale è stata una favola raccontata da almeno tre anni da finti esperti, professori distratti e giornalisti superficiali (quotidiani autorevoli come il Corriere della sera o La Repubblica hanno rilanciato più volte questa tesi, senza verificare con attenzione la fonte). Il Fatto Alimentare da anni denuncia questa bolla di sapone che ha visto sempre come protagonista il professor Andrea Segrè dell’Università di Bologna fondatore di Last minute market. Il professore promotore di numerose campagne contro lo spreco e intervistato da tutti i media (compreso il nostro sito), stranamente non esprime mai un giudizio sul dato numerico del 30%, riportato con molto risalto dai giornali in tutti gli articoli, e in un certo senso lo avalla.
Spulciando un po di bibliografa si trova anche un documento del Barilla Food and Nutrition Center (BFNC) che in un rapporto del 2012 “Lo spreco alimentare: cause, impatti e proposte” scivola su questa buccia di banana del 30%. Nel testo compaiono i dati di diverse ricerche europee, si citano fonti autorevoli, si ospitano interventi di alcuni esperti tra cui Luciano Segrè, e a pagina 36 si avvalla la tesi dello spreco domestico esagerato. Alla fine risulta quasi inevitabile associare Andrea Segrè al dato sullo spreco e grazie a questa associazione la notizia-bufala guadagna le prime pagine dei giornali, poi arriva in tv e si trasforma in un problema inaccettabile in un periodo di crisi.
L’origine di tutto è un’improbabile ricerca firmata dall’Adoc rilanciata da La Repubblica il 25 ottobre del 2010, dove per la prima volta si sostiene che il 30% della spesa domestica finisce nella pattumiera. Questa indagine è priva di validità scientifica, non distingue i nuclei familiari per area geografica e non rappresenta un campione valido di intervistati. Basta comunque leggere le sei (!) domande del questionario per rendersi conto di quanto sia poco attendibile. Purtroppo è da questo improbabile documento che nasce la favola degli italiani spreconi, mai smentita e indirettamente supportata da autorevoli esperti forse troppo distratti.
La realtà è un po’ diversa, come emerge da un’indagine seria (1) condotta nella primavera 2012 dalla Fondazione Sussidiarietà insieme a Marco Melacini, Paola Garrone e Alessandro Pe rego del Politecnico di Milano nella primavera del 2012 con in contributo del Gruppo Nestlé. Lo studio stima uno spreco domestico intorno all’8% della spesa alimentare settimanale, per un valore di quasi 7 miliardi di euro l’anno. In verità anche uno stretto collaboratore di Segrè, Luca Falasconi della facoltà di Agraria dell’Università di Bologna, nell’ottobre 2010 in un’intervista a Il Fatto Alimentare dichiarava «Nessuno ha fatto un’analisi statistica validata calcolando a livello familiare l’entità dello spreco e del cibo che in pattumiera. Esiste un’inchiesta inglese dove si stima che il 33% del cibo viene buttato, ma in Italia non ci sono stime di questo tipo. Il valore riferito dall’Adoc non ha riscontri statistici validi e non può essere proposto come la verità. Ipotizzare in Italia valori simili a quelli inglesi non è serio».
Tre anni dopo quell’intervista a Milano, viene presentato il rapporto 2013 di Knowledge for Expo e Waste Watcher, da cui emerge che gli italiani gettano ogni settimana dai 4,81 ai 13 euro per famiglia, per un totale di 8,7 miliardi di spesa. Si tratta di un valore vicino a quello stimato dal Politecnico di Milano un anno e mezzo fa, che conferma per la seconda volta l’assurdità dello studio Adoc. Lo spreco domestico quindi non è il 30% ma si avvicina all’8%. Per fortuna anche Andrea Segrè nel frattempo ha corretto il tiro e ha scoperto di avere fatto confusione.
Qualcuno per giustificare il grossolano errore del 30% sostiene che la crisi ha fatto cambiare abitudini, ma non è vero. Gli italiani non hanno mai sprecato tanto cibo come qualcuno ha cercato di farci credere.
(1) La ricerca del Politecnico è stata realizzata dopo avere intervistato 10 esperti, analizzato 124 studi sul problema e consultato un panel di 6.000 nuclei familiari monitorati dalla Nielsen. Lo studio esamina seriamente il problema nei diversi stadi della filiera (produzione agricola, trasformazione industriale e distribuzione), evidenziando come picco di avanzi quello riscontrato nella ristorazione collettiva (10%).
Roberto La Pira
Foto:Photos.com
© Riproduzione riservata
Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Mi sembra assurdo bollare l’8% come “SOLO”…
La frase solo l’8% non va fraintesa ma va inserita nel contesto. Ovvero “solo l’8%” rispetto al 30% ipotizzato da molti giornali ed esperti. Rimane un valore alto ma sono convinto che il valore sia decisamente minore in casa e invece elevato nella ristorazione scolastica e in altri segmenti.
Difficile da quantificare ma enormemente superiore è la quantità di alimenti finiti che non raggiungono il mercato perché distrutti dalle industrie produttrici: scaduti, non conformi, superati, invenduti, ecc.
Non vorrei che, sistemata la questione numerica, ci si metta l’anima in pace.
Il think tank (così come il sito web) si chiama “Barilla Center for Food and Nutrition (BCFN)”, e non “Barilla Food and Nutrition Center (BFNC)”.
Ad ogni modo, nel paper di Segrè citato (http://www.barillacfn.com/wp-content/uploads/2012/11/WEB_ITA.pdf) non ho trovato alcun dato relativo che confermi che l’autore “scivola su questa buccia di banana del 30%”. Inoltre, i dati ADOC sono riportati in tabella a pag. 38 dello stesso paper: anche qui, nessuna conclusione sul 30%.
A pag. 25 di un altro paper (http://www.barillacfn.com/wp-content/uploads/2013/06/BCFN_Magazine_ControLoSpreco.pdf) si legge “Secondo i dati raccolti dalla Coldiretti, in Italia circa
il 30% del cibo acquistato finisce nella spazzatura”. Ancora, a pag. 53: “Il nostro spreco alimentare,
secondo il rapporto dell’ADOC, ammonta mediamente
a 454 euro l’anno, pari all’8% della spesa
totale di ogni famiglia”. Salta fuori l’8% citato nell’ultimo paragrafo di questo articolo.
Forse sbaglio io…
Sì sbaglia perchè lei riporta i dati del libro del Barilla Center for food nutrition del 2013. Noi ci riferiamo a quello del 2012 dove si riportavano i dati Adoc del 30 % circa e l’ennesima intervista o articolo di Segre dove non si smentisce il dato . Il Fatto Alimentare ha attaccato duramente questi dati assurdi divulgando la ricerca del Politecnico dell’anno scorso e alla fine tutti hanno dovuto fare marcia indietro . Anche Segre adesso non supporta più questi dati .L’edizione della ricerca di Barilla di quest’anno ha corretto il tiro ma vedo che riporta ancora un dato dove Coldiretti si ispira alla vecchia ricerca . Peccato forse il prossimo anno anche Barilla finirà di riportare dati assurdi sullo spreco nei suoi report.
Grazie per la risposta.
Nel suo articolo mancano i link, ecco perché forse ho fatto fatica a seguirlo. Ho trovato l’articolo da cui tutto è partito, ossia quello della Coldiretti (http://www.coldiretti.it/News/Pagine/745—4-10-2010.aspx) ripreso da La Repubblica (http://www.repubblica.it/ambiente/2010/10/25/news/cibo_riuso-8403422/), nonché il suo del 29 ottobre 2010.
Concordo quindi con lei, La Pira, e penso che qualcuno da fine 2010 abbia confuso lo spreco stimato totale nella catena produttiva, distributiva e di consumo, con quello del solo consumo.
Grazie ancora!