Lo spreco di cibo deriva anche dalla scarsa conoscenza del vero significato della data di scadenza riportata sulle etichette. Lo dimostra uno studio pubblicato su Waste Management dai ricercatori del Johns Hopkins Centre for a Livable Future di Baltimora, nel quale oltre mille persone di età compresa tra i 18 e i 65 anni sono state interrogate sulle abitudini domestiche e sulle opinioni relative alle diciture che indicano le scadenze di nove diversi cibi.
Il risultato è che l’84% dei partecipanti ha ammesso di buttare via alimenti vicini alla data di scadenza almeno occasionalmente, e il 37% di farlo abitualmente. Più della metà delle persone aveva idee errate sulla scadenza. C’è chi pensa a una regolamentazione stabilita a livello federale, chi ritiene la data un’indicazione relativa al giorno successivo rispetto all’effettiva scadenza, mentre in realtà si tratta di consigli dei produttori. Proprio questo gruppo, soprattutto se di età compresa tra i 18 e i 34 anni, era più inclini a eliminare cibo ancora confezionato.
Negli Stati Uniti le nuove norme adottate da pochi mesi, prevedono due tipi di diciture: “da consumarsi preferibilmente entro…”, che indica il giorno oltre il quale la qualità nutrizionale dell’alimento non è più assicurata al 100% perché potrebbe progressivamente diminuire, e “da consumare prima di…”, che indica la data entro la quale il prodotto deve essere consumato. Anche se in linea generale gli intervistati associano la prima dicitura alla qualità e la seconda alla sicurezza e tendono a buttare più spesso i cibi su cui compare la scadenza e quelli deperibili, ci sono alcuni aspetti meno scontati, a dimostrazione del fatto che il messaggio delle diciture non è correttamente interpretato.
Così, per esempio, il pollo crudo è molto temuto e il 69% degli intervistati lo “cestina” quando è vicino alla data di scadenza, mentre potrebbe essere consumato anche nei giorni successivi, dopo un’attenta e completa cottura. Per quanto riguarda gli alimenti confezionati, il 62% afferma di buttarli quando si raggiunge la data indicata, così come sostiene di fare il 61% delle persone per i piatti pronti a base di carne. Se si approfondisce il tema però si score che la percentuale di chi lo getta il formaggio molle scaduto è pari al 49%, anche se si tratta di prodotti che rappresentano una fonte reale di contaminazione batterica. Ultimi in classifica sono risultati i cibi in scatola e i cereali da colazione, che comunque il 47% degli intervistati dice di buttare dopo la data impressa sull’etichetta, anche se è noto che il pericolo per questi cibi è molto basso.
In definitiva, concludono gli autori, c’è bisogno di una seria campagna di informazione – soprattutto mirata ai giovani, che sembrano essere più attenti, ma troppo spesso male informati – per spiegare meglio di quanto non si sia fatto finora il reale significato delle date apposte sulle confezioni degli alimenti.
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Giornalista scientifica