Tra il 2016 e il 2017 gli sprechi alimentari sarebbero diminuiti del 40%, secondo uno studio realizzato nell’ambito del progetto “Reduce”, promosso dal ministero dell’Ambiente con Università di Bologna, Università della Tuscia, Politecnico di Milano, Università di Udine e campagna “Spreco Zero” di Last Minute Market, presentato in occasione della Giornata nazionale contro lo spreco alimentare del 5 febbraio.
In realtà, ciò che è soprattutto cambiato è la metodologia con cui è stato realizzato questo studio, rispetto all’ultimo Rapporto Waste Watcher 2016. Negli anni passati, Il Fatto Alimentare ha ripetutamente contestato le cifre fornite dal professor Andrea Segrè, fondatore di Last Minute Market e creatore di Waste Watcher, secondo cui lo spreco alimentare domestico raggiungeva livelli stratosferici, pari al 27% del cibo acquistato, senza chiarire il metodo in base al quale venivano fornite quelle stime.
Contemporaneamente, una ricerca della Fondazione sussidiarietà, condotta con una metodologia chiara da un gruppo di professori del Politecnico di Milano, con un panel di 6.000 famiglie della Nielsen, stimava lo spreco domestico nell’8%, per un valore di circa 7 miliardi di euro l’anno. Una differenza considerevole rispetto al dato del 27%.
Ora, la nuova ricerca stima che gli italiani gettino nella pattumiera 36,92 kg di alimenti all’anno, per un costo di 250 euro annui, 110 euro in meno di quanto calcolato l’anno scorso, mentre a livello familiare vengono gettai 84,9 kg di cibo nel corso dell’anno. A livello nazionale significa sprecare circa 2,2 milioni di tonnellate di cibo in un anno, per un costo di 8,5 miliardi euro, circa lo 0,6% del Pil. Sette anni fa la stima indicava uno spreco pari a 1.693 euro all’anno per famiglia.
La nuova metodologia utilizzata nella ricerca di quest’anno si basa sui Diari di famiglia: a un campione di 400 famiglie è stato chiesto di prendere nota del cibo gettato, della tipologia e delle cause che hanno determinato lo spreco.
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