Una giovane donna si reca in uno studio medico per un esame che prevede l’assunzione di alcuni grammi di un dolcificante naturale. Pochi minuti dopo muore. Al posto del dolcificante le era stato dato nitrito di sodio, un conservante alimentare che però in quelle dosi si trasforma in veleno. Il ministero della Salute ha per questo motivo lanciato un’allerta sul sito.
Questa triste vicenda, ampiamente riportata dai media e dibattuta in televisione, al di là delle valutazioni giudiziarie, porta ad una domanda: poteva accadere anche dieci anni fa, o, come è stato detto, l’evoluzione dell’e-commerce ha avuto un ruolo determnante? Esistono delle indicazioni per i consumatori e per l’industria su come operare quando si comprano alimenti in internet?
Per rispondere bisogna partire da una considerazione sull’evoluzione del mercato on line. Da qualche anno le piattaforme di e-commerce come eBay o Amazon permettono di vendere al grande pubblico, prodotti che dieci anni fa sarebbero stati disponibili solo all’ingrosso e in negozi altamente specializzati. Quante persone al mondo sono interessate a comprare dalla nord-irlandese R & D Laboratories, nota on line come Mistral, il nitrito di sodio in formato domestico? In Europa e nel mondo ci sono una quantità di operatori sufficiente per fare un piccolo business, ma non sono concentrati in un singolo luogo. Attraverso l’e-commerce questo ostacolo viene superato e utilizzando eBay si abbattono anche i costi dalla rete di vendita.
Come altre piccole aziende, la Mistral, che è risultata responsabile della tragedia, ha colto con un certo successo questa opportunità, comprando all’ingrosso prodotti chimici di uso alimentare e confezionandoli in formati per il dettaglio. Questa soluzione aumenta l’efficienza del mercato, offre nuovi sbocchi a prodotti e produttori, e più scelta, a condizioni vantaggiose, a piccole imprese, professionisti, e consumatori.
Il risvolto meno entusiasmante è però la comparsa di operatori improvvisati nella parte finale della filiera alimentare, che ne diventano il piede di argilla. Maria Jennings, un funzionario della FSA (Food Standards Agency) britannica, ha detto che la Mistral con i suoi 17 dipendenti, attraverso la sua tracciabilità ha difficoltà a risalire ai consumatori serviti. La Mistral infatti aveva un sistema di controllo talmente inefficiente da fornire ai medici baresi un prodotto ben sette mesi oltre il termine minimo di conservazione. La precarietà dell’azienda è testimoniata anche dalla lentezza e dalla riluttanza con cui ha rinunciato alla commercializzazione dei prodotti, avvenuta solo sei giorni dopo la tragedia, in seguito ad un’ordinanza del tribunale del 30 marzo. Forzata dalla FSA, l’azienda ha dovuto scrivere sul sito e anche via e-mail, di smettere di usare i prodotti “food grade” (di uso alimentare), ma non ha previsto la possibilità di ottenere un rimborso, almeno pubblicamente.
I problemi degli anelli deboli della filiera non sono nuovi. Nella vicenda del colorante “Sudan Rosso”, di alcuni anni fa, si evidenziò come in alcuni casi, per esempio nel Regno Unito, un soggetto di piccolissime dimensione e per nulla strutturato (né economicamente in grado di pagare danni), era diventato il fornitore di grandissime aziende. Ancora oggi a volte si riscontrano nell’ambito degli ingredienti minori, piccole aziende importatrici che riforniscono le grandi. Questo non sarebbe preoccupante se la loro affidabilità fosse correlata a una serie di controlli analitici ed ispettivi.
Nella vicenda del sorbitolo di Barletta, la certificazione era robusta, perché la Mistral forniva il certificato analitico di Cargill ( una multinazionale universalmente nota) come prova di qualità e sicurezza del prodotto (una copia del certificato è stata trovata anche nel centro medico pugliese). C’è però un piccolo particolare che non viene detto chiaramente agli acquirenti, ovvero che l’operazione di riconfenzionamento del prodotto è effettuato dalla Mistral.
Del resto anche le indagini, compreso il sequestro effettuato a Rovigo e Mantova, all’inizio hanno puntato su Cargill, per via dell’origine del prodotto, per poi scagionarla. Come scagionata sembra del tutto anche l’anello tra Cargill e Mistral, la Brenntag, l’azienda tedesca da 9 miliardi di euro di fatturato, che ha venduto il sorbitolo alla Mistral.
La riflessione riguarda il livello di controllo che, al di là dei requisiti di legge, le grandi aziende dovrebbero avere sulla filiera a valle, anche per proteggersi da incidenti di questo tipo. Vale la pena lasciar sbandierare un proprio certificato analitico da una piccola azienda che riconfenziona e vende su eBay?
Per quanto riguarda la dinamica, si può fare un’ipotesi ragionevole. In una stanza della Mistral venivano aperte le confezioni di varie sostanze, di grande formato (25 kg nel caso del sorbitolo), e riversate in altre confezioni più piccole (dai 100 g ai 10 kg a seconda del tipo). In una serie di confezioni etichettate sorbitolo, da 5 kg, è stato versato erroneamente del nitrito (anch’esso venduto dalla Mistral nel formato da 5 kg). Forse è stato scelto il sacco di partenza sbagliato oppure si è trattato di un errore umano? Ma la questione è poco importante. La sicurezza alimentare si basa proprio su sistemi che prevengono e controllano gli errori umani. In questo caso, la combinazione di diversi elementi come il personale poco formato e disattento, insieme all’organizzazione del lavoro confusa ha causato un problema serio. Forse tutto ciò è avvenuto perchè l’azienda pensava che riconfezionare fosse un’operazione banale. La chiusura indefinita ordinata dalle autorità inglesi testimonia la disorganizzazione di questa piccola realtà nord-irlandese.
L’effetto di un anello debole nella filiera che collega colossi quali Cargill e Brenttag e la Mistral al consumatore, è stato reso possibile dall’intermediazione di un operatore come eBay, che ha offerto attraverso internet la possibilità di comprare 5 kg di sorbitolo senza offrire garanzie sulla vendita e sull’affidabilità del produttore.
Il consumatore non sa, o non dà importanza, al fatto che le garanzie di eBay (o di Amazon) non sono quelle offerte dalla filiera alimentare tradizionale. È sufficiente leggere le condizioni (policy) della vendita di alimenti su eBay, per capire che tutto il sistema si fonda sulla buona fede e competenza dei venditori senza verifiche pianificate da parte dell’operatore.
Ma quali sono le implicazioni per il futuro? Un segnale molto importante è la risposta di eBay nel collaborare con le autorità per rintracciare il prodotto, e nel bloccare le vendite di sorbitolo (poi risultato inutile). L’operatore eBay ha fatto quello che ci si aspetta da un’azienda alimentare quando sospetta di aver distribuito un prodotto non conforme ai requisiti di sicurezza.
Del resto, l’ambiguità tra il ritenersi un semplice marketplace e quella di proporsi come rassicurante garante (dei pagamenti, della restituzione, ecc), dovrà essere in qualche modo risolta, specie se, come appare purtroppo probabile, si presenteranno altri fatti simili.
I controlli non esistono. La vendita di alimenti attraverso internet può comportare pericoli che il consumatore non evidenzia all’apertura del pacco, perché non è in grado di valutare la sicurezza del prodotto, e quindi le garanzie dell’operatore transfrontaliero non bastano. Il caso del sorbitolo scambiato è un esempio lampante. Una rapida ispezione del sito amazon.co.uk, per quanto riguarda il negozio della Mistral, evidenzia commenti entusiasti sulla qualità del servizio. L’apprezzamento del consumatore per il servizio, e la qualità percepita, oppure l’assenza di reclami non sono quindi elementi sufficienti a tutelare l’acquirente.
Bisogna riconoscere che in molte filiere alimentari ci sono stati, e ci sono ancora anelli deboli, oggi come dieci anni fa. Tuttavia le filiere, ed anche i controlli come le responsabilità legali, si sono strutturate per minimizzarne questi effetti. La vendita su internet di prodotti alimentari ha annullato le frontiere, ma non si è ancora dotata di procedure in grado di garantire la sicurezza. Se questo atteggiamento non cambierà i rischi continueranno ad essere dietro l’angolo.
Luca Bucchini
Foto: Photos.com
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