Questo articolo ripreso dal mensile Ristorando del mese di gennaio/febbraio 2013 propone un tema trattato più volte nel nostro sito.
“Se un alunno iscritto al tempo pieno o prolungato non paga la mensa e si porta un panino da casa, è rispettata la norma del diritto allo studio?”. Il quesito nasce dalla considerazione del mancato pagamento delle rette scolastiche da parte delle famiglie per diversi ordini di motivazione. C’è chi non è realmente in grado di sobbarcarsene il costo in quanto il reddito non glielo permette, e chi contesta la natura o la qualità del menu e reputa troppo caro o non soddisfacente il pasto. In entrambi i casi le famiglie forniscono ai propri figli un pasto da consumare a scuola, e questo genera una serie di problemi.
Le amministrazioni comunali affrontano la situazione in modo diverso: alcune non servono il pasto, altre mettono a disposizione spazi all’interno della mensa, per dare la possibilità di consumare il cibo portato da casa. Altre verificano la reale impossibilità economica dei genitori e si assumono l’onere del costo.
Nel corso di un’ispezione presso alcuni refettori di un Comune del Nord-est, mi sono imbattuto in una situazione alquanto bizzarra. Nella mensa della scuola media alcuni ragazzi consumavano il pasto fornito dalla società di ristorazione, mentre un altro gruppo, pari a circa un terzo dell’utenza, in uno spazio riservato consumava il pasto portato da casa. Ho osservato cosa stessero mangiando e ho trovato di tutto: pizza e Coca-Cola, yogurt e muesli, patatine e Sprite, panini con prosciutto e acqua minerale (anche quest’ultima portata da casa). Una situazione analoga si è verificata con i bambini della scuola elementare e la cosa più stupefacente è che né la direzione scolastica, né il Comune, né l’ASL (che ha compiti specifici che riguardano non solo gli aspetti di controllo igienico, ma anche di sorveglianza nutrizionale) sono intervenuti per porre fine a tale malcostume.
Vale la pena ricordare che la refezione scolastica è un servizio che i Comuni hanno l’onere di organizzare quando la scuola prevede il tempo pieno. Le famiglie possono non gradire il servizio ma in questo caso devono ritirare i figli nell’intervallo del pasto e riportarli in tempo utile per l’inizio delle lezioni pomeridiane. Non esiste infatti alcun obbligo di attrezzare spazi per i bambini che non consumano il pasto scolastico.
Ma la questione di fondo è un’altra ed è correlata alla norma sul diritto allo studio che ha portato la refezione scolastica ad essere riconosciuta come parte integrante della formazione scolastica.
Il passaggio dal concetto di assistenza a quello di servizio e di educazione alimentare ha le sue origini negli anni Settanta, con la soppressione del Patronato che gestiva il servizio di refezione per integrare la razione alimentare dei bambini in situazioni economiche disagiate, si sancisce il passaggio da assistenza a servizio con il trasferimento delle competenze in fatto di assistenza sociale ai Comuni è infatti sancito (art.45 D.P.R. 24 luglio 1977, n.616).
Nel 1974 la Lombardia, con la Legge Regionale n.54, individua la refezione scolastica come componente del diritto allo studio e, a seguito dell’introduzione del tempo pieno nella scuola elementare (1975-1980), mangiare a scuola diventa a tutti gli effetti di un servizio al cittadino quando inizia il suo percorso scolastico.
Nel 2010 vengono emanate dal Ministero della salute le linee di indirizzo nazionale per la ristorazione scolastica che diventa uno strumento fondamentale di educazione alimentare. Queste “muovono dall’esigenza di facilitare, sin dall’infanzia, l’adozione di abitudini alimentari corrette per la promozione della salute e la prevenzione delle patologie cronico-degenerative di cui l’alimentazione scorretta è uno dei principali fattori di rischio”.
Erogare i pasti ai bambini che non pagano la retta per problemi economici o fare consumare i pasti portati da casa a chi non la paga, contrasta con queste linee di indirizzo. Per risolvere i problemi è fondamentale elevare il livello qualitativo dei pasti sia a livello nutrizionale che sensoriale, mantenendo saldi i principi di sicurezza alimentare.
Una cosa è certa, i pasti portati da casa non sono conformi a questi principi e, anche quando lo fossero, la ristorazione scolastica non può essere considerata come un soddisfacimento di fabbisogni nutrizionali, ma va intesa come un momento di educazione e di promozione della salute.
Mangiare a scuola vuol dire anche arricchire il modello alimentare casalingo, attraverso nuovi sapori, gusti ed esperienze alimentari, gestendo le difficoltà di alcuni bambini nei confronti dei piatti mai assunti o di fronte a un gusto non gradito al primo assaggio. La refezione scolastica è una componente fondamentale della didattica e non si possono escludere alcuni bambini da questo momento di crescita.
Un’ultima considerazione riguarda l’incredibile mole di cibo correlata agli avanzi nei piatti. Il paradosso è che da una parte il pasto viene negato a chi non paga la retta e dall’altra enormi quantità di cibo finiscono nei rifiuti. Abituare i bambini ad avanzare il cibo contrasta con i principi stessi dell’educazione. A titolo di esempio nella tabella sotto riportiamo i dati relativi agli avanzi rilevati in un plesso situato vicino a Milano in un Comune che fornisce ogni giorni 5000 pasti ai bambini delle scuole (la percentuale di cibo non distribuito si riferisce agli alimenti rifiutati dai bambini prima di essere serviti a tavola, la percentuale di spreco totale è calcolata sommando il cibo non distribuito con quello avvanzato nei piatti). Purtroppo i valori sono elevati e su questi numeri occorre fare mole riflessioni.
Esiste un problema etico, perché da un lato si butta il cibo e dall’altro lo si nega a chi ne ha bisogno. Siamo di fronte a problemi di educazione e di equità sociale difficili da risolvere. Ma vale la pena tentare.
Corrado Giannone (tecnologo alimentare)
Articolo ripreso dalla rivista Ristorando gennaio/febbraio 2013
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Una settimana di sprechi in un plesso scolastico dell’hinterland milanese |
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Lunedì | Peso pasti spediti in kg |
% di cibo non distribuito | % di spreco totale |
Pasta in salsa rosa | 32000 | 43,8 | 60,9 |
Mozzarella | 20820 | 0,0 | 28,8 |
Finocchi, carote e insalata | 12000 | 0,0 | 50,0 |
Mela | 38000 | 0,0 | 11,8 |
Pane | 12925 | 19,3 | 63,4 |
Martedì | Peso pasti spediti in kg | % di cibo non distribuito | % spreco totale |
Minestra in brodo | 17000 | 30,6 | 48,2 |
Tacchino impanato | 21200 | 15,1 | 50,5 |
Piselli all’olio | 20000 | 5,0 | 52,5 |
Arance | 32000 | 0,0 | 11,6 |
Pane | 12925 | 23,2 | 58,0 |
Mercoledì | Peso pasti spediti in kg | % di cibo non distribuito | % spreco totale |
Riso con olio e Grana | 34000 | 20,6 | 47,6 |
Spezzatino di manzo | 15500 | 38,1 | 72,9 |
Patate al vapore | 30000 | 14,3 | 43,3 |
Banane | 30000 | 8,3 | 12,3 |
Pane | 12925 | 29,4 | 61,9 |
Giovedì | Peso pasti spediti in kg | % di cibo non distribuito | % spreco totale |
Pasta ricotta e pomodoro | 30000 | 26,7 | 64,7 |
Prosciutto cotto | 12600 | 0,0 | 19,0 |
Insalata | 9100 | 6,6 | 42,9 |
Budino alla vaniglia | 22000 | 0,0 | 6,5 |
Pane | 12925 | 24,0 | 48,0 |
Venerdì | Peso pasti spediti in kg | % di cibo non distribuito | % spreco totale |
Pasta pomodoro e pesto | 34000 | 33,8 | 48,5 |
Merluzzo | 18500 | 24,3 | 37,8 |
Erbette | 30000 | 17,7 | 26,0 |
Mandarini | 44000 | 25,7 | 34,3 |
Pane | 12925 | 17,0 | 26,3 |
Foto: Photos.com
Non sono d’accordo .. il mangiare a scuola non lo vedo come un atto educativo.. anzi.. le mense scolastiche sono luoghi dove si mangia in tutta fretta nel chiasso totale..dove gli insegnanti sono più impegnati a gestire i soliti conflitti che emergono fra bambini..
il problema degli sprechi è solo l’ultimo anello di una società che non è più conviviale, dove nessuno si prende del tempo per conversare dove non esiste più il tempo del silenzio e quello per se stessi..parlo da “insegnante” che accompagna i bambini in mensa.. oggi i genitori spediscono i figli in mensa perchè hanno troppo da fare.. anzi da correre qua e la ed il tempo per i bambini non c’è più…
Educativo sarebbe poter condividere i pasti con la propria famiglia, scambiarsi le esperienze quotidiane essere ascoltati ed ascoltare ed assaporare cibi preparati con amore..
La scuola è uno strumento educativo in ogni sua attività. Certo deve poter disporre di insegnanti che abbiamo la passione di comunicare. La mensa è un luogo, in cui iniziare a insegnare a mangiare, o almeno assaggiare cibi nuovi, seppur nella confusione in cui questo avviene. A maggior ragione, i genitori avendo sempre meno tempo, non prestano attenzione all’alimentazione dei figli, ma se per primi i figli vengono educati, possono crescere responsabili e decidere loro se alimentarsi con piatti pronti tutti i giorni, con le conseguenze che questo comporta,(che vanno spiegate ai ragazzi con lezioni apposite) o preferire cibi più sani. Funziona tutto ciò, se ci si crede, come nel progetto Giocampus che sta portando avanti la provincia di Parma.
Ciao Elisa,
la scuola dovrebbe essere uno strumento educativo, ma di fatto non lo è più.. si è ridotta ad una funzione di sorveglianza .. parlo della scuola statale.. e lo dico non per demoralizzare le persone, ma perchè lo posso constatare tutti i giorni.. non conosco il progetto Giocampus, ma vedo quello che succede nelle aule quotidianamente .. l’educazione non parte dalla scuola, dovrebbe partire dalla famiglia.. se i bambini non hanno figure autorevoli da cui prendere spunto, non le possono certo trovare a scuola dove non esiste più il ritmo, ma è quasi tutto diretto come una catena di montaggio.. esistono delle realtà felici, ma sono rare e non dipende soltanto dagli insegnanti che dovrebbero fare il loro lavoro con amore.. c’è chi ci prova, ma il delegare l’educazione ad un’istituzione non è prendersi la responsabilità per i propri figli.. comunque la questione degli spechi alimentari ripeto è un’osservazione che fa trend.. in una società opulenta come la nostra dove il consumismo la fa da padrone su tutto ci si dovrebbe chiedere quali atteggiamenti ed azioni facciamo quotidianamente che favoriscono l’usa e getta indiscriminato di ogni cosa,compreso anche lo spreco alimentare.. i bambini imparano per imitazione..