Dopo l’attentato contro Sigfrido Ranucci è doveroso esprimere solidarietà e ci uniamo ai molti che l’hanno già fatto. Tra questi vi sono anche alcuni rappresentanti di partiti politici e parlamentari che in passato avevano presentato delle querele contro i servizi trasmessi dal programma Report che lui conduce. Ritirare le denunce per diffamazione potrebbe essere un gesto di vicinanza e solidarietà concreta da parte di queste persone, ma probabilmente nessuno farà.
Ranucci apre il dibattito
La questione di Ranucci è molto seria e anche drammatica, ma ha un risvolto positivo: avere sollevato un dibattito sulla libertà di stampa in Italia che dovrebbe essere un elemento fondante della democrazia. In realtà non è proprio così. I giornalisti della Rai e quelli alle dipendenze di pochi grandi editori possono pubblicare inchieste “scomode” basate su riscontri reali, perché l’editore copre le spese di un’eventuale querela per diffamazione. Dal canto loro i giornalisti sanno che, lavorando in modo corretto, hanno buone probabilità di essere assolti trattandosi spesso di querele pretestuose. In questo senso i redattori e i collaboratori del servizio pubblico sono dei privilegiati perché possono fare inchieste e servizi su prodotti, beni di consumo, segnalare scandali alimentari e quant’altro senza il patema di dover affrontare un’eventuale querela e il lungo e costoso iter che ne deriva.

Le spese processuali
Io stesso ho realizzato per il programma “Mi manda Lubrano” della Rai decine di test comparativi e le tre querele per diffamazione intentate da aziende che lamentavano danni per centinaia di milioni di lire si sono sempre concluse positivamente. Questo è stato possibile perché le spese processuali e le vertiginose parcelle degli avvocati erano coperte dall’ufficio legale della Rai. Per i giornalisti che non lavorano per il servizio pubblico o per grandi editori il rischio di una querela per diffamazione con una richiesta di risarcimento milionario è elevato. Anche se l’articolo è corretto e sono stati riportati correttamente i fatti, se il testo non piace, l’azienda avvia la querela e chiede danni milionari. Il giornalista non è denunciato per aver detto il falso, ma per avere sollevato uno scandalo alimentare, per avere segnalato un prodotto pericoloso o una pubblicità ingannevole o per avere criticato un comportamento scorretto di un’azienda.
Cause temerarie e libertà di stampa
Si tratta di intimidazioni che il più delle volte funzionano. Le spese legali da preventivare per fronteggiare una causa temeraria, in cui l’azienda denuncia danni per milioni di euro, possono arrivare a decine di migliaia di euro, che in genere non ci sono. Se poi l’azienda decide di proseguire la lite temeraria in appello o in cassazione, la parcella per i legali raggiunge anche 100 mila euro. Si tratta di una cifra ridicola per un’azienda che fattura centinaia di milioni di euro, ma che terrorizza buona parte delle persone che fanno del giornalismo il loro mestiere.
Di fronte a questa prospettiva è del tutto comprensibile che l’editore, anche se sa di avere ragione, prima di imbarcarsi in un’avventura estremamente dispendiosa e che durerà anni, ci pensa e, facilmente, giunge a miti consigli. Di più, il giornalista si rende conto che per evitare altre spiacevoli sorprese è meglio non trattare certi argomenti.
Leggi o solidarietà?
Il problema non è quello di cambiare la legge sulle querele o di ritirarle in segno di solidarietà, ma di legiferare contro le liti temerarie intentate dalle aziende che denunciano danni milionari (inesistenti o non documentati) per intimidire il giornalista e fare lievitare le spese legali in modo esponenziale. Per questo motivo le inchieste scomode sono sempre di meno e tendono a sparire. Se venisse recepita in Italia la nuova proposta UE contro le liti temerarie (SLAPP), con prevede sanzioni pesantissime per chi intenta cause senza validi motivi con il solo intento di intimorire i giornalisti, tutto ciò finirebbe immediatamente.
Adesso una norma esiste ma prevede una penale ridicola rispetto alle spese legali. Certo direte voi, se il giornalista vince la causa il giudice condanna la parte a rimborsare le spese legali. Questo aspetto non è scontato e spesso la cifra non copre le spese sostenute. Le cose andrebbero diversante se il querelante sapesse di dover sborsare il 30-40% dell’importo richiesto nell’ipotesi che il giudice consideri la causa come temeraria. Le querele intimidatorie sparirebbero quasi d’incanto e tutti potremmo essere più liberi di scrivere.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24



Il governo pensa alla separazione delle carriere invece di legiferare.
Viviamo in una società che della libertà si fa vanto, ma di fatto non esiste.
Anche nelle aziende e nelle pubbliche amministrazioni l’espressione di un’opinione, piuttosto che l’uso di spazi collettivi per comunicazioni sindacali o simili, o un parere contrario a una decisione aziendale (o a un atto amministrativo se sì tratta di una pubblica amministrazione) comporta seri problemi (isolamento, mancate opportunità di carriera, mobbing, conflitti interni). Mi risulta, ad es , che un dirigente pubblico siciliano fu rimosso per aver fatto notare che la costruzione del ponte sullo stretto di Messina necessitava, in prima battuta, della realizzazione di infrastrutture viarie sul territorio, al momento insufficienti; per permettere la movimentazione dei materiali.
Insomma, il problema del lavoro svolto correttamente (professionalmente) riguarda tanti comparti e ambiti lavorativi.
Ovviamente, non aggiungo “mal comune mezzo gaudio”; al contrario denuncio l’ipocrisia che in tutti gli ambiti impedisce un corretto, sereno e professionale manifestarsi dell’ingegno umano.
Concordo pienamente, non basta la solidarietà.
Certo che finirebbero queste liti che per altro vanno ad intasare un reparto giustizia già saturo,ma secondo me il governo non ha nessuna intenzione di recepire la legge e il giornalismo odierno,se non supportato, resta con le mani legate
Sono totalmente d’accordo con il collega La Pira. Ho lavorato come giornalista presso piccoli editori che pubblicavano riviste professionali in campo politico-sanitario (Federazione degli Ordini dei Farmacisti – Federazioni dei Collegi Ipasvi) oltre a collaborare periodicamente per alcune testate mediche sempre in tema di politica sanitaria sia cartacee che on line (Quotidiano sanità, Il Bisturi e altre). Il pericolo – ahimè – di una querela che possa addirittura bloccare l’attività del giornalista e del piccolo editore (quindi spalmato anche suoi suoi pochi colleghi) era sempre presente. E toccava muoversi con “i piedi di piombo” per scongiurarne l’eventualità. Una legge che possa proteggere chi fa informazione a tutti i livelli sarebbe la benvenuta. Ma ho seri dubbi che l’attuale classe politica possa mai pensare a uno scudo per un settore così esposto come quello della stampa. Troppo facile intentare una querela con alle spalle un partito e ottenere quanto meno il silenzio dell’interlocutore, indipendentemente dalle sue ragioni. Io sono in pensione quindi un po’ all’esterno dell’agone però avverto direttamente il peso che sovrasta i miei colleghi ancora in attività. Un peso che finisce inevitabilmente per gravare sulle spalle di tutti, cittadini compresi…
Per ridurre le spese legali so dell’esistenza di ‘avvocati pro bono’ che difendono, spesso gratuitamente, cittadini in qualche modo vessati dalle autorità.
Sicuramente ce ne saranno di sensibili alle tematiche sollevate dai vostri articoli.
Non ne conosco ma so che esistono. Una cosa ho imparato i questi anni, un avvocato bravo e specializzato nella materia ha un ruolo decisivo nell’esito finale. Se ne hai due meglio ancora. L’altra cosa che ho imparato è che non basta avere ragione per vincere la causa
Direi che l’ultima affermazione (Non basta avere ragione …) è quanto di più sconfortante ci si aspetti
Sperare che questo pseudo-governo possa legiferare contro le liti temerarie intentate dalle aziende che denunciano danni milionari è utopistico, posto che la sola missione da esso perseguita è quella di ridurre al silenzio ogni voce critica. Ma le coscienze limpide non si lasciano intimidire da un potere tanto becero quanto abietto e, tra queste spicca per obiettività questa testata.
Grazie dott.La Pira con tutta la mia ammirazione. Grazie a tutta la Redazione per il generoso impegno che ci regalate ogni giorno.
In questa storia nessuno vuole fare Don Chisciotte, ma se ci guardiamo intorno siamo sempre di meno
Sì, grazie
Più passa il tempo più siamo circondati da personaggi che vogliono fare i loro comodi senza essere disturbati. In Italia questo fenomeno è sempre esistito ma ora è in costante espansione. Sarebbe il caso di incominciare a preoccuparsi.
Verissimo. Peraltro, diamo un cattivo esempio a chi si trasferisce da noi, contribuendo con il proprio individualismo ottuso a favorirne la diffusione per …emulazione.
La libertà di stampa nell’attentato non c’entra niente. Questo è un attentato a Ranucci, e basta. Parlare di attentato alla libertà di stampa, è presupporre che 1) in Italia non ci sia democrazia (cosa assolutamente falsa) e 2) che una certa parte politica voglia tacitare un giornalista che spesso ha fatto indagini rimestando fatti su politici di cdx già noti, assolti dalla magistratura, parlando di ombre e collegamenti che niente hanno a che fare con la realtà investigativa che sta alla base del vero giornalismo.
Se bastasse una raccolta firme per far si che una legge comyro le intimidazioni, la mia sarenbe la prima..
Facciamo qualcosa prima che sia troppo tardi
Mi scusi, ma non sono d’accordo. Primo, l’attentato a Ranucci non si può far rientrare nella questione “libertà di stampa” che nel ns paese c’è tant’è che i media possono esprimersi come vogliono senza censure e limitazioni. Secondo l’intimidazione verso qualcuno, sia esso un giornalista ,conduttore, imprenditore o intellettuale, rientra più nel campo penale, della malavita organizzata, come è probabilmente il caso Ranucci. La proposta contro le liti temerarie non riguarda solo i giornalisti ma si apre ad un ambito più ampio e comunque si potrebbe configurare anch’essa come una limitazione alla libertà. Chi può stabilire a priori se una lite è temeraria o meno se non a giudizio concluso?
Il problema è che tutti hanno il diritto di avviare una querela per diffamazione e arrivare a una sentenza.La questione è che se per un danno inesistente o marginale l’azienda o il politico di turno chiede al giudice un rimborso milionario cambia tutto. Una causa che costerebbe 5 mila euro di spese legali e si potrebbe chiudere in primo battuta, può essere portata avanti fino in cassazione con costi legali da preventivare di oltre 100 mila euro. Se però chi promuove la querela per diffamazione rischia di essere condannato per lite temeraria a pagare oltre che le spese legali il 20-30% dei milioni di danni che reclama beh allora le cose cambiano.
Quindi, egr. La Pira, basterebbe riferire solo fatti documentati, e non fare supposizioni strampalate, ammiccamenti, battutine, frecciatine. Perchè troppo spesso, frecciatine battutine, mezze frasi sono complementi dei servizi, oppure ritirati dopo che qualcuno ha fatto notare che…..questo non è giornalismo, è attacco politico, che è tutta un’altra cosa. Se poi, quel giudice, oltre ad assolvere il giornalista, mettesse a danno della parte querelante e richiedente risarcimento, le spese della parte avversa, forse molti ci penserebbero 2 volte a querelare, ed il giornalista avrebbe meno paura.
Commentare la notizia e i fatti fa parte del nostro mestiere e se qualcuno ritiene di essere stato diffamato può procedere. Il problema è che se la querela è una scusa per metterti in difficolta economiche e intimidire allora il discorso cambia. Le richieste milionarie servono proprio a intimidire e a fare lievitare le parcelle degli avvocati non a riparare eventuali danni reali subiti.
Sì, riferire dei fatti documentati senza supposizioni va bene. Ma:
1) fare inchiesta comporta sempre un “muoversi anche tra le ombre” di un fenomeno complesso, e può capitare di fare delle affermazioni errate.
Errate se si parte dal presupposto che chi scrive ha interesse a sviluppare deontologicamente un argomento. Altrimenti siamo come al bar: un’affermazione è considerata un’aggressione e si reagisce con i pugni. Chiedere una rettifica e le scuse è un passo necessario e sufficiente.
2) Quando lei dice “Perchè troppo spesso, frecciatine battutine, mezze frasi sono complementi dei servizi, oppure ritirati dopo che qualcuno ha fatto notare che…..questo non è giornalismo, è attacco politico”. Ma la politica è sempre intrecciata negli argomenti trattati da un giornalista (e in quelli della nostra vita quotidiana, nelle piccole e nelle grandi cose). È esperienza di tutti, nella quotidianità della vita, quando parliamo tra noi, evidenziare quelle decisioni, quelle norme, quelle mancate scelte istituzionali o amministrative che complicano o creano addirittura un problema. Dirlo, ma pure scriverlo, fa parte della libertà di espressione di una propria opinione. O crede forse, ingenuamente, che una fotografia, solo per il fatto che non usa le parole, sia asettica e apolitica?
Sarebbe interessante conoscere la percentuale di indagini giudiziarie che sono state avviate solo per un’inchiesta giornalistica o un semplice articolo …
E chi ha steso la nostra Costituzione lo sapeva così bene – politici che avrebbero potuto avere motivo di tema – che l’informazione fu garantita non solo dalle leggi ma dalla “madre” di tutte le leggi, la. Carta Costituzionale.
Lei ha perfettamente ragione. È stato chiarissimo, come sempre.
L’unica cosa è recepire quanto proposto dalla UE.
Ma qui il discorso diventa complesso e lungo e sappiamo il perché.
Chissà, con il tempo……
Mah!!!!!
L’approvazione e il recepimento nell’ordinamento delle liti temerarie è necessario e non lede il diritto delle persone che si sentono diffamate di agire in giudizio. Verrebbero invece ridotte del 90% le liti pretestuose che però sono quelle che mettono in crisi i free lance che sono la stragrande maggioranza dei giornalisti e gli editori.
E noi cosa possiamo fare? Lo chiedo perché ho il dovere di sostenere chi fa il proprio lavoro con scrupolo.
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I bavagli vanno eliminati, vogliamo libertà di stampa e di pensiero
Ammiro e apprezzo il vostro sito. Purtroppo a volte non posso partecipare alle vostre spese in quanto sono un pensionato al minimissimo, percepisco una pensione di € 518,57. Speriamo che altri lettori possano poter dare per il sostentamento di quello che è per me un vero giornale indipendente. Saluti
Silvano Marchese – Musicista Lauria (PZ)
Continui a seguirci e questo è già un’ottima cosa.
Si può dire che è da quando è nato Report che lo seguo, ha sempre avuto minacce, intimidazioni,ricevuto pallottole e molte volte accusato di aver distorto l’informazione, sia quando c’era la Gabanelli e adesso Ranucci, se una trasmissione dice la verità scomoda in Italia, e come buttare un sasso nello stagno della corruzione in cui ha sempre fatto ciò che hanno voluto,appalti in odor di mafia,finanziamenti occulti,mafiosi e delinquenti in doppiopetto che fondano il loro imperi su tangenti e mazzette,i palazzinari, spaccio internazionale di stupefacenti, alimenti contraffatti o il finto bio,fatto in Italia,Africa oppure in America Latina, con pesticidi proibiti da multinazionali alimentari, mettere a nudo verità così scomode e scottanti ha portato come la recente intervista rilasciata da Ranucci stesso che ha detto: meglio adesso che ricomincio a sapere cosa vado incontro, piuttosto di tanto clamore per un attentato che mi aspettavo, e una solidarietà falsa di stato,che sono stati proprio loro il nostro primo problema, poi ad una giornalista che gli ha fatto una domanda su come è un problema attuale, si è voltato e ha risposto: si e io leggo paperino. Questo è Ranucci, questo è sempre stato Report,la trasmissione più scomoda e di investigazione che la Rai ha prodotto.
Certo ha ragione. Per quanto riguarda il programma vorrei che in alcuni servizi di Report ci fosse più rigore. Trattandosi di un servizio pubblico si dovrebbero evitare certe sbavature. Questo abbiamo rilevato in alcuni servizi su temi che conosciamo abbastanza bene
Chiunque si avvalga di questo buco normativo per colpire altre persone andrebbe perseguito e punito severamente per legge. Bisogna impegnarsi per receperire in EU la proposta europea (SLAPP).
Concordo!
Figuriamoci se i nostri parlamentari approverebbero una norma tanto civile quanto scomoda per loro e i propri sodali! La zappa sui piedi fa male e poi noi non siamo un paese civile.
Io penso che su certe inchieste, soprattutto quelle che riguardano la filiera agroalimentare, serva da parte dei giornalisti un approccio meno invasivo. Spiego: se parli dei topi che ci sono negli allevamenti di suini, devi essere corretto e dire che, in quel determinato allevamento si è riscontrato quel problema, e che non riguarda la maggior parte della filiera suinicola. Altrimenti il consumatore finale, sentendo una cosa del genere, smette di comprare i derivati, carne, salumi ecc. indistintamente. Quindi si crea un allarmismo generale, in quanto il consumatore non sa.
Bisogna dare la notizia (doveroso che sia così), ma con meno clamore e non cercando solo audience, visto che dietro alle aziende e nelle aziende stesse, ci lavorano tante famiglie.