registro uomini

riunione personeRecentemente il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali (Mipaaf) ha deciso di implementare una nuova linea di condotta sulla trasparenza della pubblica amministrazione verso i cosiddetti lobbisti. Il cuore pulsante dell’iniziativa consiste in un registro ufficiale di lobbisti, adeguatamente registrati, soggetto a pubblica visibilità e scrutinio da parte di cittadini e media. L’obiettivo è  garantire se non l’indipendenza di un organo comunque politico, un suo dovere di responsabilità e una rendicontazione trasparente.

Il Ministero in questo modo si impegna a garantire a tutti i soggetti interessati, pari accesso alla possibilità di seguire l’iter legislativo, fornendo commenti ed emendamenti ai testi di legge.

 

Le iniziative di questo tipo, che peraltro seguono la scia europea (Barroso ha inaugurato questa trasparenza in sede di comitati e gruppi di lavoro della Commissione, in passato nemmeno censiti,  che lasciavano spazi aperti a iniziative di lobby o relazione fiduciaria “particolare”) risultano particolarmente benvenute in un momento di tagli della spesa pubblica, per dimostrare come vengono spesi i denari e garantire che a beneficiare siano in primis i cittadini e poi i gruppi di interesse pure legittimi, ma tutti con pari dignità.

Ricordiamo che proprio recentemente al Mipaaf, nel corso dell’operazione Centurione sono state arrestate 11 persone per corruzione e turbativa d’asta in merito a finanziamenti comunitari per il progetto “Frutta nelle Scuole”, uno dei progetti nevralgici affidati al Ministero, e di rilevanza europea.  Magari sarebbe successo ugualmente, ma uno strumento di controllo in più – come il registro – è sicuramente utile.

 

registroIn altri ministeri come quello della Salute e  delle Attività produttive, che  hanno  interessi nel settore alimentare  altrettanto o più rilevanti rispetto al Mipaf, per il momento tutto tace. Il primo sorveglia e regola l’approvazione e le condizioni d’uso – anche in deroga – di fitosanitari, nutraceutici e prodotti destinati ad un’alimentazione particolare (con necessità di relative interazioni anche frequenti e legittime, con privati).  Il secondo, con il suo osservatorio prezzi, richiede una percezione di terzietà e indipendenza – dopo che il Ministero è stato già al centro di scandali per il caso dell’imprenditore Anemone. I ministeri potrebbero essere in realtà molti altri (l’Ambiente?), ma quel che conta è un salto programmatico che oggi manca e condanna l’Italia ad alti costi complessivi “di sistema”.

 

Sarebbe auspicabile che, seguendo le orme di quanto fatto dal Miipaf, venisse reso tutto più trasparente, per evitare l’accumularsi di sospetti circa partigianerie o difesa di interessi particolari non più accettabili nell’Italia di oggi. Un caso recente aiuta a capire meglio. Ci riferiamo alla notizia trapelata da un recente articolo di Eu Food Policy relativa a una bozza definitiva di decreto ministeriale, che prevede il tenore delle sanzioni per chi trasgredisce il regolamento claims (le diciture presenti sulle etichette). Da quel che si legge, le sanzioni sono basse (2000 euro ) e incentivano a trasgredire.

Alcune caratteristiche come: la frammentazione del sistema dei controlli relativi a queste diciture sulle etichette (le Asl sono incaricate,  insieme al Ministero della salute),  la novità dei compiti affidati a personale tutto sommato inesperto rispetto a una materia delicata e difficile; l’esautorazione della AGCM (Antitrust) – che finora aveva commisurato le  sanzioni per le aziende che utilizzavano diciture ingannevoli  al fatturato – lasciano molti motivi di perplessità. In particolare, sull’iter di nascita del decreto, sui soggetti che lo hanno propiziato e poi scritto; sugli interessi che si difendono a scapito di quelli più legittimi  dei consumatori ad avere un’informazione veritiera. C’è da augurarsi che il Ministero della salute intervenga presto, a fare chiarezza

 

Riccardo Rossi

Foto: Photos.com