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Metal detector e sistemi a raggi X sono impiegati dalle industrie alimentari per la rilevazione dei corpi estranei negli alimenti

Ogni anno in Italia vengono richiamati dagli scaffali dei punti vendita un centinaio di prodotti alimentari perché potrebbero creare danni alla salute dei consumatori. Alcune volte la causa è la presenza nell’alimento di corpi estranei (frammenti metallici, vetro, plastica, sassolini, ecc…). Per far fronte a questo inconveniente, la tecnologia ha messo a punto macchinari in grado di individuare i contaminanti che accidentalmente finiscono nel processo produttivo.

Si tratta di sistemi di ispezione a raggi X che basano il funzionamento sul differente modo di filtrare le radiazioni dei materiali estranei alla ricetta eventualmente presenti. Sulla base della differenza di densità e del livello di assorbimento dei raggi, il sistema individua e rileva queste scomode presenze. Questi impianti vengono scelti e inseriti nelle linee di produzione di cibi solidi e bevande, per minimizzare gli incidenti accidentali e soprattutto per tutelare i consumatori e salvaguardare la reputazione del marchio. Sono strumenti piuttosto versatili che oltre all’ispezione con raggi X, svolgono altre funzioni come la valutazione del peso, il corretto riempimento e l’individuazione di eventuali anomalie (confezione irregolari, riempimento incompleto e altri difetti).

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L’eventuale presenza di corpi estranei deve essere controllata in tutte le fasi del processo produttivo

I raggi X nascono in origine come metodo per contrastare il rischio di trovare dei pezzetti di vetro nelle conserve alimentari dovuti a rotture accidentali delle bottiglie o dei vasetti utilizzati per il confezionamento. Poi i macchinari si sono evoluti e adesso il sistema viene sfruttato per rilevare pezzi di metallo, sassi e anche residui di ossa (più difficilmente pezzetti di plastica). Esistono sistemi di ispezione che vengono posizionati all’inizio della linea ed effettuano un controllo meticoloso delle materie prime e altri che vengono impiegati per l’analisi di prodotti finiti confezionati (generalmente lattine, bottiglie e barattoli). “In azienda usiamo i raggi X su ogni linea – precisa il controllo qualità di Mutti – perché i barattoli delle conserve di pomodoro sono metalliche e non sarebbe possibile usare un metal detector. Ovviamente il sistema ha dei limiti di rilevabilità (i frammenti molto piccoli possono non essere rilevati) e il funzionamento è complesso (la macchina va tarata regolarmente, ogni due ore circa, e in base al prodotto che viene sottoposto all’analisi le condizioni di rilevazione possono cambiare). Per l’intercettazione dei corpi estranei non basta un apparecchio posizionato alla fine del confezionamento, serve una procedura a tuttotondo che inizia dal fornitore della materia prima per poi concludersi con il prodotto finito. L’ispezione con i raggi X è solo uno step e deve rientrare in un sistema integrato di controlli, perché  sarebbe un errore pensare che possa risolvere tutto”.

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Nel luglio 2016 Barilla ha richiamato 13 prodotti per il problema dei frammenti metallici

Barilla dichiara di “adottare le migliori strategie a disposizione sul mercato e che la tecnologia dispone per la prevenzione e, dove si rende necessario, per l’intercettazione dei corpi estranei”, ma non intende rilasciare informazioni che ritiene di carattere confidenziale. Eppure molti ricordano l’incidente dell’anno scorso quando l’azienda di Parma ha dovuto richiamare dal mercato 13 prodotti per la sospetta presenza di corpi metallici. Un caso analogo si era verificato qualche mese prima, nel febbraio 2016, quando Mars richiama le barrette in 56 Paesi, compresa l’Italia, per la presenza di pezzetti di plastica.

Nel settembre dello stesso anno tocca a  Sammontana richiamare 19 lotti di croissant (per un totale di 2,7 milioni di pezzi) per la possibile contaminazione dovuta a frammenti metallici. L’Azienda ha dimostrato grande trasparenza decidendo di spiegare a Il Fatto Alimentare il motivo dell’incidente (la lacerazione di un setaccio della linea della farina ha comportato il rilascio di minuscoli frammenti del sottile filo di acciaio inox di cui è costituita la maglia; il metal detector era in funzione, ma non è stato in grado di intercettare filamenti così piccoli).

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Non esistono in commercio metal detector capaci di rilevare filamenti metallici estremamente sottili

Una delle preoccupazione rispetto all’impiego dei raggi X in ambito alimentare riguarda la sicurezza del prodotto sottoposto alle radiazioni. Da questo punto di vista non c’è motivo di allarmarsi. I livelli sono bassi, non si accumulano nel prodotto e non ne modificano il valore nutrizionale. Alla luce di questi vantaggi l’attenzione della tecnologia alimentare si sta spostando sempre più dai metal detector alle macchine a raggi X.  Le catene di supermercati  chiedono regolarmente alle aziende che producono i prodotti con il loro marchio di usare macchinari con raggi X, prima del confezionamento finale. Questi sistemi di controllo per la ricerca dei corpi estranei sono oggi uno strumento necessario per ridurre le probabilità di incidenti che il più delle volte si concludono con il  ritiro dei  lotti già immessi sul mercato e la successiva distruzione. Tutto ciò comporta costi rilevanti per il produttore  e l’avvio di una campagna di allerta e richiamo  del prodotto da tutti i punti vendita affiancata da un’adeguata informazione destinata ai consumatori.

Per capire come funziona il servizio di allerta alimentare e come viene effettuato il ritiro dei prodotti dai punti vendita leggi il libro “Scaffali in allerta” edito da Il Fatto Alimentare. È l’unico testo  pubblicato in Italia che  rivela i segreti e le criticità di un sistema che funziona poco e male. Ogni anno in Italia vengono ritirati dagli scaffali dei punti vendita almeno 1.000 prodotti alimentari. Nel 10-20% dei casi si tratta di prodotti che possono nuocere alla salute dei consumatori, e per questo scatta l’allerta. La questione riguarda grandi aziende come Barilla, Mars…, catene di supermercati che commercializzano migliaia di prodotti con i loro marchi (Esselunga, Coop, Carrefour, Auchan, Conad, Lidl, Eurospin…), e anche piccole e medie imprese. Il libro di 169 pagine racconta 15 casi di richiami che hanno fatto scalpore.

I lettori che hanno fatto una donazione riceveranno in omaggio il libro “Scaffali in allerta”, scrivendo in redazione all’indirizzo ilfattoalimentare@ilfattoalimentare.it

 

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