Con l’inizio dell’anno in Irlanda è diventata operativa la nuova legge sul prezzo minimo degli alcolici, introdotta per cercare di contenere i consumi, che hanno raggiunto livelli molto preoccupanti. In base alle nuove norme, una bottiglia di vino non potrà costare meno di 7,40 euro, una lattina di birra meno di 1,70 euro, una di superalcolici con vodka o gin meno di 20,70 euro e una di whiskey da 700 ml dovrà costare come minimo 22 euro, sia che la vendita avvenga in un negozio o supermercato, sia che avvenga in pub, bar, ristoranti e locali notturni. La legge ha avuto un iter travagliato e non piace a tutti. È stata salutata come un significativo passo in avanti dalle associazioni degli alcolisti anonimi e da quelle che si occupano di combattere l’alcolismo, oltreché da numerosi medici ed esperti. Secondo altri giunge in un momento sbagliato, di grande crisi economica dovuta alla pandemia e avrà come unica conseguenza quella di far aumentare le spese delle famiglie. Inoltre, e questo è probabilmente l’argomento più convincente, poiché non sono stati presi analoghi provvedimenti nell’Irlanda del Nord, alimenterà un turismo di frontiera, perché chi potrà andrà ad acquistare gli alcolici nella parte inglese dell’isola.
A queste critiche, secondo l’Irish Time, il ministro della Salute Stephen Donnelly ha risposto che le poche esperienze esistenti, come quella della Scozia, che ha introdotto la stessa norma nel 2018, del Galles (nel 2020). Ci sono poi evidenze dalla Federazione Russa e da alcune regioni di Australia e Canada che dimostrano, senza possibilità di equivoci, che rendere gli alcolici molto costosi funziona. Il ministro delle politiche sanitarie Frank Feighan ha spiegato che la misura ha anche lo scopo di prevenire il consumo da parte dei più giovani, finora reso più facile proprio dai costi bassi e talvolta bassissimi. Inoltre, il provvedimento rientra in una più ampia serie di iniziative dove compaiono anche progetti educativi, ritenuti più efficaci da alcuni addetti ai lavori.
I numeri, comunque, confermano l’urgenza d’iniziative concrete ed efficaci: secondo i dati ufficiali, infatti, nel 2020 ogni cittadino adulto ha consumato 10,07 litri di alcol puro, con una diminuzione solo del 6,6% rispetto all’anno precedente, in cui non c’era stato alcun lockdown e quindi c’era libero accesso a bar, ristoranti e pub. Questo valore, assai elevato, è sostanzialmente stabile dal 2015, e perciò si è ritenuto indispensabile agire: 11 litri (quasi) di alcol puro equivalgono a 116 bottiglie di vino o 445 pinte (oltre 210,5 litri) di birra per ogni irlandese. Secondo la BBC in Scozia, nell’anno successivo all’introduzione del prezzo minimo, i consumi sono scesi notevolmente e la tendenza sembra continuare, anche per l’effetto educativo del provvedimento, che spinge i consumatori a riflettere. L’Irlanda del Nord, dal canto suo, ha avviato la discussione e sta valutando se introdurre prezzi più elevati almeno nelle zone di frontiera.
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Giornalista scientifica
Fermo restando il problema dell’acolismo nel Nord Europa in generale e nei paesi anglosassoni in particolare, la soluzione dell’aumento del prezzo è comunque una discriminante impari: chi è benestante può bere mentre è più svataggiato chi ha pochi soldi.
Come le multe stradali: 500 € per qualcuno è mezzo stipendio, per un altro è una bazzecola.
Si potrebbe fare una sorta di tessera: si può comprare alcool solo esibendo una tessera che ha un limite mensile. Mi sembra una soluzione più equa.