Salgono i prezzi di frutta e verdura, più economico il cibo di scarsa qualità. Un rapporto analizza la situazione in Brasile, Cina, Corea, Messico, Gran Bretagna e USA
Salgono i prezzi di frutta e verdura, più economico il cibo di scarsa qualità. Un rapporto analizza la situazione in Brasile, Cina, Corea, Messico, Gran Bretagna e USA
Fabio Di Todaro 22 Maggio 2015Si riducono i prezzi di merendine e patatine, aumentano quelli di frutta e verdura. Non possono dunque stupire le conseguenze: più spesso sulle tavole finisce cibo di scarsa qualità, mentre sul girovita si accumulano chili in eccesso. È questa l’istantanea, relativa agli ultimi trent’anni, scattata dall’Overseas Development Institute, organizzazione internazionale che si occupa delle problematiche sociali delle realtà emergenti. Le conclusioni dell’analisi sono perentorie: ci sono nazioni in cui i prezzi della frutta e verdura hanno subìto aumenti del 90%, mentre il costo del fast food calava, seppur a ritmi meno incalzanti.
C’è poco da stupirsi se, paragonando le sei realtà considerate nel rapporto, in Brasile, Cina, Corea e Messico i tassi di sovrappeso e obesità della popolazione sono arrivati a concorrere con quelli che si registrano in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. “L’aumento di costo di una dieta sana” ha esaminato le variazioni di prezzo registrate tra il 1990 e il 2012 e riguardanti tre categorie di prodotti: gli alimenti posti base della dieta (come cereali, tuberi, frutta, verdura e legumi), quelli in parte trasformati (carne, pesce, latticini, grassi e oli vegetali) e i prodotti confezionati dall’industria (biscotti, merendine, patatine, bevande zuccherate, gelati, caramelle).
Dall’analisi dei dati raccolti, è emerso un aumento medio del 2-3% annuo dei prezzi di frutta e verdura e una riduzione di quelli riguardanti i prodotti trasformati. Tra gli alimenti più salutari, soltanto due hanno fatto registrare lievi flessioni di prezzo: il riso in Corea e il pollo in Messico. Oscillazioni di prezzo che hanno favorito un consumo di alimenti elaborati a discapito di quelli di origine vegetale. Soltanto in Brasile, i ricercatori hanno infatti stimato un aumento del consumo di piatti pronti di 30 kg l’anno per persona (da 80 a 110). Diversi, però, sono gli esempi eclatanti.
In Cina, per esempio, il costo delle verdure è raddoppiato negli ultimi vent’anni, mentre in Gran Bretagna per acquistare un gelato occorre la metà delle sterline che erano richieste a metà anni ’80. Nello stesso periodo, sempre Oltremanica, i prezzi di frutta e verdura hanno registrato aumenti del 200%. Tornando in Asia, balza all’occhio un esempio che giunge dalla Corea: il prezzo del cavolo, ingrediente base del tradizionale kimchi, è aumentato di più del doppio. Un altro caso eclatante è stato registrato in Brasile, dove la prevalenza di adulti in sovrappeso o obesi è raddoppiata in trent’anni: nello stesso periodo in cui patatine, biscotti, barrette energetiche e bevande zuccherate sono passati da eccezione a regola, nella dieta sudamericana. Si tratta di numeri sufficienti, a detta dei ricercatori, per affermare che «se mangiare in maniera salutare diventa più costoso, non c’è da stupirsi di fronte all’aumento dei tassi di obesità e di malattie a essa correlate».
Ma perché il prezzo della frutta e della verdura è schizzato alle stelle in maniera pressoché uniforme su tutto il pianeta? Pur ribadendo la necessità di compiere ulteriori ricerche, gli autori del dossier sono convinti che «una maggiore diffusione delle tecnologie in agricoltura, la commercializzazione di prodotti pronti per il consumo e una crescente domanda da parte dei consumatori stiano giocando un ruolo rilevante». Ad allargare la forbice dei prezzi sarebbe anche «l’impiego di materia prima a buon mercato da parte dell’industria alimentare, che con l’utilizzo degli aromi combina al meglio gli ingredienti che utilizza per esaltarne il sapore». Così mangiare in maniera sana nei Paesi in via di sviluppo è divenuto un lusso, soprattutto nelle realtà emergenti.
Oltre a rappresentare lo status quo, i ricercatori hanno anche abbozzato una road-map per uscire da questo circolo vizioso. «Tassando il consumo di junk food e utilizzando il ricavato per sovvenzionare i consumi di frutta e verdura, nella sola Gran Bretagna si “risparmierebbe” una quota di decessi legati alla dieta compresa tra 3600 e 6400 unità», si legge nel documento, in cui è specificato che «questi numeri sono pari a più del doppio di quanti ogni anno muoiono sulle strade inglesi». La proposta ricalca un modello già illustrato in uno studio apparso sulle colonne dell’International Journal of Epidemiology, secondo cui «un approccio fiscale che sovvenzioni il consumo di frutta e verdura potrebbe ridurre il numero di morti per tumore e cause cardiovascolari». A fare qualcosa di simile, tra i Paesi presi in esame, finora è stato soltanto il Messico, che per far fronte all’epidemia di sovrappeso e obesità (riguarda il 70% della popolazione adulta) ha introdotto una tassa sul cibo spazzatura, riscontrando un immediato calo delle vendite delle bevande zuccherate. E se questo modello fosse adottato anche alle nostre latitudini?
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Giornalista free lance. Twitter: @fabioditodaro
Ecco perchè io acquisto solo prodotti biologici e frutta biologica http://blog.universobio.com/prodotti-biologici-fanno-bene-alla-salute-e-non-solo/ avendo un bambino molto piccola ho il dovere di nutrirlo in maniera sana e di tutelare la sua salute