I post dei personaggi celebri possono rappresentare un problema quando si tratta di cibo o di bevande. Questo vale a prescindere dal fatto che chi li mette online sia sponsorizzato dalle aziende produttrici. In uno studio pubblicato su Jama Network Open un gruppo di studiosi dell’Università di Chicago ha esaminato migliaia di post pubblicati su Instagram da oltre 181 personalità. I ricercatori hanno selezionato 5.180 immagini di alimenti e bevande contenuti in oltre 3 mila post, messi online tra il 2019 e il 2020, da personaggi molto noti dell’età media di 32 anni (66 tra attori, attrici e celebrità televisive, 64 musicisti e 51 atleti).
Le immagini sono state passate al vaglio del Nutrient Profile Index (Npi), una scala di valutazione che misura il contenuto di zuccheri, sale, acidi grassi saturi, calorie, fibre, proteine e vegetali (frutta o verdura) ogni 100 grammi di alimento o bevanda. La scala va da zero (i cibi meno sani) a 100 (quelli migliori) e il valore-limite tra sano e non sano per gli alimenti è 64, mentre per le bevande 70. In alcuni paesi, come la Gran Bretagna, questo valore separa ciò che è legale pubblicizzare da ciò che non lo è.
In base a tale valutazione, l’87,3% dei cibi e l’89,5% delle bevande pubblicate ricadeva nella categoria dei prodotti non sani. Per quanto riguarda le bevande in particolare, spesso si trattava di alcolici con quantitativi al di sopra di quelli permessi ai minorenni in molti paesi, postati senza alcun avviso specifico. I post che promuovevano consumi sani rappresentavano un’esigua minoranza ed erano anche quelli che riscuotevano meno like e meno commenti, a riprova di un minor coinvolgimento degli oltre 5,7 miliardi di follower considerati.
Quanto alla tipologia: per le bevande, più della metà riguardava alcolici, poco meno di uno su cinque tè o caffè, il 13,8% bibite dolci e solo il 12% acqua. Per gli alimenti, il vertice era occupato da dolci e prodotti da forno zuccherati, con il 21,2%, seguiti da frutta (12,8%) e verdura (8,1%), caramelle (6,5%), snack salati (4,5%), pane (4%), gelati e simili 3,9%, sandwich compresi i cheeseburger (3,4%), pollo (3%) e, da ultimo, piatti a base di amidi, come le lasagne (2,8%). Interessante il rapporto con gli sponsor: anche se solo il 4,8% dei post è risultato associato esplicitamente a un’azienda, quelli che lo erano promuovevano alcolici in quantità mediamente doppie rispetto a quelle presenti nei post spontanei.
“I personaggi famosi hanno naturalmente il diritto di postare ciò che vogliono, relativamente ai loro gusti – ha commentato uno degli autori del lavoro, Bradley Turnwald –. Tuttavia, se volessero, e se fossero sensibilizzati in tal senso, potrebbero far passare tra i follower il messaggio che un’alimentazione sana sia da preferire. A conferma di quanto siano ascoltati, la loro influenza è già stata associata ai disturbi del comportamento alimentare e della percezione del proprio corpo. È noto che sono percepiti come più attendibili sia rispetto alle persone non famose, sia rispetto alla pubblicità: hanno un patrimonio di credibilità che può fare danni, ma potrebbe anche essere sfruttato in senso positivo”.
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Giornalista scientifica