La questione acrilammide è di nuovo un argomento di attualità e diversi giornali hanno pubblicato articoli su questa sostanza cancerogena genotossica di processo che si forma durante le cotture di cereali, patate e caffè. Tra i cibi incriminati: il goloso cornicione della pizza. L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) già nel 2015 aveva espresso preoccupazione per gli effetti cancerogeni di tale sostanza naturale, a causa della sua tossicità già a livelli bassissimi: in Europa il consumo di cereali ben cotti, patate marroncine e caffè tostato è tale da aumentare il rischio di tumori in tutte le fasce di popolazione. Nel 2022 l’Efsa ha confermato la sua preoccupazione per la salute pubblica, dato il numero crescente di ricerche sugli esseri umani.
Ma recentemente abbiamo letto su alcuni giornali che magicamente il cornicione maculato della Pizza Napoletana viene assolto dal rischio acrilammide. Il verdetto arriva da un gruppo di ricercatori dell’Università Federico II di Napoli, in una ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Foods il 26 marzo 2023 (1). Ma leggendo attentamente il testo emergono delle criticità.
L’obiettivo della ricerca era quello di indagare i cambiamenti dell’impasto e della Pizza Napoletana STG al variare del tempo di lievitazione e i conseguenti effetti sulla digeribilità. Tra i vari aspetti è stata presa in considerazione anche la variazione del contenuto di acrilammide, siccome la Pizza Napoletana, cotta in forno a legna secondo tradizione, riporta un’evidente maculatura sul cornicione e sotto la base. Questa sostanza si forma principalmente durante la reazione di Maillard a partire dall’asparagina e da fonti carboniliche, per lo più al di sopra dei 120°C. Diversi fattori influenzano la formazione, come il contenuto di zuccheri riducenti, di asparagina, di fibre, di amido, il tempo di fermentazione e l’umidità.
La ricerca ha concluso che la quantità di acrilammide nella pizza è rimasta stabile durante la lievitazione. Dai dati sperimentali, infatti, i livelli variavano da 634 a 1703 µg/kg (peso secco), senza differenze significative tra 4 e 48 ore di lievitazione. Fino a qui tutto corretto, ma, concludendo, la ricerca afferma che “Al di là di tutte queste considerazioni, è importante sottolineare che, in ogni caso, il valore medio di acrilammide determinato per la pizza napoletana base STG cotta a legna, pari a ~1700 µg/kgdw, era ben al di sotto della soglia di allerta stabilita dall’Efsa per l’assunzione giornaliera di acrilammide (0,170 mg/kg di peso corporeo).”
Nella ricerca, dunque, viene rilevato un quantitativo di acrilammmide fino a 1.700 µg per kg di pizza, peso secco; quindi, una pizza da 200g (una porzione) con il 30% di umidità ne contiene 238 µg. Dato che non esiste una dose considerabile sicura per la salute, Efsa nel 2022 ha stabilito l’approccio “margine di esposizione” (MOE*, coefficiente che misura l’esposizione umana al cancerogeno comparata con i livelli che causano tumori negli animali) per calcolare la quantità giornaliera che desta lieve preoccupazione per la salute pubblica e che si attesta di 1 µg per un adulto di 60 kg (4). Pertanto, la quantità di acrilammide trovata in una Pizza Napoletana da 200g è 238 volte superiore alla dose indicata dall’Efsa come di lieve preoccupazione per un adulto di 60 kg.
La ricerca dell’Università Federico II compara erroneamente la quantità di acrilammide rilevata nella Pizza Napoletana con i valori di tale cancerogeno che causano una rilevabile incidenza di tumori nei topi, invece di applicare l’approccio indicato dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare. Si tratta di un grave errore di valutazione.
La stessa università, nel 2021, in una ricerca sul contenuto di acrilammide dei biscottini per l’infanzia (2), nelle sue valutazioni teneva presente l’approccio “margine di esposizione”, come avviene in tutti i lavori scientifici sul tema, italiani ed esteri. Balza subito all’occhio come in tutte le recenti ricerche sull’acrilammide nella pizza i quantitativi di tale cancerogeno sono definiti allarmanti, proprio perché confrontati con il valore stabilito da Efsa. Questo è il caso di una ricerca dell’Università di Perugia (5) che mette a confronto gli street food contenenti acrilammide più rischiosi per i giovani. Il primo tra tutti? Ovviamente la pizza! Il rischio è dato dalle porzioni abbondanti che solitamente si consumano di questo prodotto, che contribuisce al 25% della sostanza assunta nella dieta dei giovani soggetti. La pizza è uno degli street food più amati dai giovani italiani. Quindi, nonostante la pizza non sia l’alimento – tra quelli analizzati – con maggior contenuto di acrilammide ogni kg di prodotto, si pone al primo posto come principale veicolo all’esposizione totale giornaliera.
Il tema acrilammide e pizza è caro ai ricercatori della Federico II di Napoli. A febbraio 2023 è stata pubblicata un’altra ricerca che dichiara come “gli impasti per pizza sono candidati ottimali per sviluppare acrilammide durante la cottura. Inoltre, nella tradizione napoletana, le pizze vengono consumate sia fritte che cotte nel forno a legna, due metodi di cottura ad alta temperatura che favoriscono la formazione di acrilammide. Pertanto, le pizze rientrano nella categoria di prodotti di maggiore importanza per l’esposizione alimentare”. La ricerca esplora “la possibilità di ridurre la formazione di acrilammide durante la cottura trattando l’impasto della pizza con l’enzima l-asparaginasi”(6).
Non è necessario demonizzare e smettere di mangiare la pizza, ma è doveroso informare i consumatori sui rischi reali e insegnare a prepararla e a cuocerla per renderla croccante ma chiara (7). Una pizza buona e salutare deve essere dorata e non marroncina né tanto meno bruciata. Quando siamo in pizzeria è buona abitudine controllare il cornicione e anche il fondo della pizza. Laddove le macchie di bruciato sono poche e solo sul cornicione è possibile con un coltello grattare via le parti più scure. Se la pizza si presenta abbondantemente maculata e non soltanto sul cornicione, ma anche sul fondo, è bene farlo presente al cameriere e, spiegando la motivazione, chiedere che ne venga servita un’altra, cotta al punto giusto.
Chiara Manzi, nutrizionista presidente Accademia di medicina culinaria
(*) Nota: Il comitato scientifico dell’Efsa afferma che per sostanze genotossiche e cancerogene un margine di esposizione (MOE) di 10mila o più, è di lieve preoccupazione per la salute pubblica. Le dosi di un cancerogeno che causano una rilevabile incidenza di tumori nei topi, infatti, non possono essere applicate tali e quali agli esseri umani, che sono esposti molto più degli animali da laboratorio che invece passano la loro vita in una gabbietta. La popolazione umana è molto più disomogenea ed esposta a fattori che moltiplicano il rischio di tumori come inquinamento ambientale, fumo diretto o indiretto, esposizione a cancerogeni nel luogo di lavoro e stress. Quindi per stabilire la quantità di acrilammide considerata di lieve preoccupazione per la salute umana bisogna dividere la dose che causa tumori negli animali (0,17 mg/kg peso corporeo) per 10mila volte. Nel 2015, gli esperti dell’Efsa hanno stabilito la quantità di acrilammide considerata di lieve preoccupazione per la salute umana pari a 0,017 µg/kg (3) che per una persona adulta di 60 kg equivale a 1 µg al giorno. Tale valutazione è stata di recente confermata da un documento pubblicato nel 2022 (4).
Bibliografia:
- Covino, C.; Sorrentino, A.; Di Pierro, P.; Masi, P. Study of Physico-Chemical Properties of Dough and Wood Oven-Baked Pizza Base: The Effect of Leavening Time. Foods 2023, 12, 1407.
- Esposito, F.; Nolasco, A.; Caracciolo, F.; Velotto, S.; Montuori, P.; Romano, R.; Stasi, T.; Cirillo, T. Acrylamide in Baby Foods: A Probabilistic Exposure Assessment. Foods 2021, 10, 2900.
- EFSA supporting publication 2015:EN-817. Outcome of the public consultation on the draft Scientific Opinion of the EFSA panel on contaminants in the food chain (CONTAM) on acrylamide in food. European Food Safety Authority, 2–95.
- EFSA (European Food Safety Authority), Benford, D, Bignami, M, Chipman, JK and Ramos Bordajandi, L, 2022. Scientific report on the assessment of the genotoxicity of acrylamide. EFSA Journal 2022; 20( 5):7293, 45 pp
- Altissimi MS, Roila R, Branciari R, Miraglia D, Ranucci D, Framboas M, Haouet N. Contribution of street food on dietary acrylamide exposure by youth aged nineteen to thirty in Perugia, Italy. Ital J Food Saf. 2017 Sep 28;6(3):6881
- Covino, C., Sorrentino, A., Di Pierro, P., Aiello, A., Romano, R., & Masi, P. (2023). Asparaginase enzyme reduces acrylamide levels in fried and wood oven baked pizza base. Food Chemistry Advances, 2, 100206.
- Chiara Manzi “Acrilammide, il cancerogeno Tabù” 2022, Art joins Nutrition Ed.
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È un bel dire “mandare indietro una pizza bruciacchiata per farsene servire un’altra più chiara”, Personalmente, raramente trovo un pizzaiolo che mi serve una pizza chiara (sopra e sotto), pur avendola chiesta. le uniche pizze chiare sono solo quelle che faccio nel forno di casa…
Perché i lazzaroni non spazzolano abbastanza il piano del forno. ( farina bruciata depositata dalle pizze precedenti)
Aldilà del fare male o bene, certamente non è da sottovalutare, dipende sicuramente dai gusti personali. A me ad esempio non piace per niente il gusto bruciato. Chiedo esplicitamente, sempre gentilmente, che non sia bruciacchiata. Neanche il sotto. Da qui si evince la qualità e la bravura del pizzaiolo.
Sul sito dell efsa viene indicato che un valore MOE di 10000 che è oltre di poca esposizione e rischio. Viceversa sono i valori più bassi di MOE che devono essere considerati come rischiosi. Quindi la pizza non dovrebbe essere a rischio come viene invece affermato nell’articolo.
Basta cercare acrilammide max amount su Google e si trova il sito di efsa con la spiegazione dei valori MOE. Buona pizza a tutti
Secondo i dati rilevati dalla ricerca si evince un MOE di 42 per una pizza da 200 g , valore MOLTO inferiore a 10.000. Per questo la pizza dovrebbe essere considerata ad alto rischio.
L’acrilamide non è del tutto eliminabile dalla dieta e da sempre ci accompagna a tavola (e talvolta anche “con gusto”). Costituisce peraltro una delle moltissime sostanze che potenzialmente minacciano la nostra salute, in cucina e fuori, ed è giusto quindi impegnarsi per conoscerla meglio quale “nemico” e per ridurne l’incidenza negli alimenti. Per fortuna, è già nozione comune e diffusa, ad esempio, il fatto che “il bruciacchiato va evitato”. Le relative linee guida EFSA sono ricavate da studi effettuati su cavie, appositamente “bombardate” con acrilamide; attraverso i dati ottenuti si è arrivati alla conclusione che un’assunzione di 0,17 mg di acrilamide per kg di peso corporeo AL GIORNO, “probabilmente è causa di una lieve ma misurabile incidenza di tumori”. A tale evidenza l’EFSA ha applicato poi un notevole fattore di sicurezza, 10.000, pervenendo quindi ad una raccomandazione sanitaria alquanto “stringente”: un adulto che pesa 60 kg dovrebbe contenere il suo introito giornaliero di acrilamide entro 1 microgrammo. In pratica, tale raccomandazione ci ha “chiuso in gabbia” e qualsiasi alimento della categoria interessata ci porta facilmente ad oltrepassare il “limite di guardia”. Tuttavia, io credo che dobbiamo renderci conto del fatto che l’indicazione in questione intenda innanzitutto collocarci in un ambito di “sicurezza totale”; è come se ci stessero consigliando di saltare dall’aereo non con uno o con due, ma con 100 o 1000 paracadute…. Probabilisticamente, c’è poco da dire. Tale interpretazione, però, a me sembra cozzare sia col buon senso, sia con l’esperienza storica consolidata di molti (esperienza che, per quanto “anti-scientifica”, ci suggerisce ad esempio che il pane ben cotto al forno dei nostri nonni è sempre stato sinonimo di naturalezza e benessere, anziché fattore scatenante di malattie….e meno che meno a carico del sistema riproduttivo maschile….). Dunque, adesso “Il Fatto Alimentare” ci mette di fronte alla dura realtà dei 238 microgrammi di acrilamide in una pizza napoletana (ma quante pizze mangerò in una settimana?). Posso dire che “talebanamente” avete ragione a far presente la cosa; da un punto di vista di “mangiatore” amante della pizza napoletana (e non solo) però penso che occorra anche vivere in “scioltezza” e serenità e dare il giusto peso alle cose, compreso il cosiddetto “rischio alimentare” (o presunto tale). A me sembra infatti che il Vs. articolo, pur inoppugnabile “dati e calcoli alla mano”, suoni, come spesso colgo in merito a questo dibattuto argomento, un po’ allarmistico. Trasponendo esclusivamente le super-cautelative e “fredde” indicazioni scientifiche dell’EFSA, senza successivi riferimenti al buon senso ed alla “moderazione”, che sempre dovrebbero accompagnare le nostre scelte alimentari, si generano infatti soprattutto sospetti, diffidenze e ipocondrie, o peggio, si spinge all’opposto la gente a “mettere la testa sotto la sabbia”. Ed inoltre, sicuramente non si fa un buon servizio ai tanti produttori, artigiani o industriali che siano, impegnati giornalmente a preparare “in qualità” (magari grazie anche ai molti suggerimenti dati in generale dalla Vs. testata) le “bontà” di cui parliamo, molte delle quali tipicamente ed orgogliosamente italiane, e quindi sempre da difendere ad ogni costo.
Secondo la mia opinione, la questione rispetto alla presenza di Acrilammide nei prodotti da forno non dovrebbe spaventare più di tanto, poichè vi è un Regolamento Europeo che ha come obiettivo il monitoraggio e la determinazione del contenuto di Acrilammide negli alimenti, che è il 2158/2017, dove vi è anche una sezione dedicata ai prodotti da forno, e determina l’obbligo per l’OSA a monitorarne e determinarne la quantità fissandone i limiti, altro punto sul medesimo Regolamento vi sono indicazioni per prevenire l’eventuale presenza e quindi almeno ridurre la quantità di Acrilammide, come per esempio l’utilizzo di Asparaginasi, come scritto nell’articolo, per scindere l’asparagina naturalmente presente per esempio nelle patate o in altre materie prime, ancora si consiglia la temperatura di stoccaggio, sempre prendendo ad esempio le patate , il regolamento dice espressamente di mantenerle ad una temperatura di 6°C, questo per contrastare la depolimerizzazione dell’amido.
Quindi, certo che l’Acrilammide può essere presente ed è cancerogeno, ma a determinare la pericolosità rispetto alla salute è la quantità, una pizza ogni tanto cotta al forno a legna, oppure patatine fritte ogni tanto, dovrebbero essere un rischio accettabile insomma.
Se no dovremmo mangiare solo cibo cotto al vapore o a bagno maria…
Concordo pienamente con Vincenzo, ha trovato il paragone perfettamente calzante, ci indicano di buttarci dall’aereo con 1000 paracadute. Sono solo una consumatrice che cerca di restare informata, non sono una studiosa in materia, per questo ho bisogno di indicazioni semplici, ho bisogno di numeri su cui basarmi per avere una idea: proteine x grammi al giorno, carne rossa meglio se non più di x grammi a settimana, etc. per l’acrilamide ho sempre trovato assurdo l’indicazione di un livello di assunzione sicuro talmente basso da essere oggettivamente irraggiungibile, che senso ha? Penso basti una briciola di crosta di pane rossiccia per superarlo, questo non è aiutare il consumatore mantenersi in salute è terrorizzarlo.
Molto meglio un approccio, come quello sull’alcol, sempre dai vostri articoli, che porta avanti un discorso del tipo: la quantità di sicurezza è zero ma tenendo conto di abitudini alimentari e altri fattori nutizionali possiamo permetterci un x con relativa tranquillità.
Siamo sicuri che pizza, pane, biscotti ad acrilamide zero (quindi penso lessati o crudi) facciano bene?
E’ la diffusività della sostanza a preoccupare: come per l’olio di palma ci preoccupammo della sua presenza in molti prodotti, allo stesso modo dovremmo approcciarci a questo. Peraltro, nello specifico, l’EFSA è in ritardo di anni …
A Trento anni fa mi hanno servito una pizza completamente carbonizzata, cornicione e fondo, immangiabile. Dopo averla mostrata al cameriere, che l’ha mostrata ai titolari, me ne è arrivata una di identica, condita anche con un po’ di offese dei titolari, poi ripetutesi nella risposta alla recensione. Perfino nel locale c’era puzza di bruciato! (avevo mangiato all’aperto)
E’ successo anche a me, non era peggiore ma presentava bruciature estese ( e non solo sul cornicione che puoi scartare, ma sotto!)
Spesso la pizza è bruciacchiata è una cosa molto grave considerato l’alto consumo in tutta la popolazione, bisognerebbe sensibilizzare gli utenti affinché si potesse rifiutare una pizza bruciata senza sentirsi colpevolizzati, grazie dei vostri bellissimi servizi.
Milena
Volevo chiedere se l’ acrilammide si forma anche sugli ortaggi grigliati ( melanzane, zucchine, pomodori, cipolle ecc) che presentano le caratteristiche striature proprie di questo tipo di cottura
Grazie per i vostri articoli, sempre interessantissimi ed esplicativi
Raffaele
Buongiorno, l’acrilammide si produce negli alimenti amidacei e nel caffè. Nelle verdure e nella carne, nelle parti annerite, si possono trovare i idrocarburi policiclici aromatici, che sono il risultato della combustione.
Dottoressa Nardi, possiamo aggiungere che sono altrettanto tossici? Grazie.
Dai documenti del Ministero della salute:
Gli idrocarburi aromatici policiclici (IPA) sono un ampio gruppo di composti organici, per lo più non volatili, che nell’aria indoor si trovano in parte in fase di vapore e in parte adsorbiti su particolato. Le sorgenti principali sono le fonti di combustione, quali caldaie a cherosene, camini a legna e il fumo di sigaretta. Importati emissioni di IPA si hanno in occasione di cottura di cibi alla griglia. Gli IPA sono un gruppo di sostanze tra le quali diverse sono risultate dotate di attività cancerogena/mutagena. In particolare possono provocare tumori cutanei per contatto e tumori polmonari per via respiratoria. Essendo una classe di composti contenenti agenti cancerogeni si raccomanda di mantenere il livello di concentrazione il più basso possibile.
Misure per ridurre l’esposizione
Limitare la cottura di cibi alla griglia negli ambienti chiusi.
Dotare stufe, camini e grill di adeguate prese d’aria per una buona combustione.
Mantenere una adeguata ventilazione dei luoghi dove vi sono in uso stufe, camini e grill.
Assicurare un buon funzionamento ed un regolare controllo delle cappe.
Se possibile, installare un sistema di ventilazione meccanica per ricambiare l’aria nell’abitazione.
Eliminare il fumo negli ambienti confinati.
L’acrilammide è una sostanza chimica che si forma naturalmente negli alimenti amidacei durante la cottura ad alte temperature (frittura, cottura al forno e alla griglia) e anche durante le lavorazioni industriali a temperature di oltre 120° con scarsa umidità. La presenza di acrilammide è stata riscontrata in prodotti come patatine, patate fritte, pane, biscotti e caffè. Le parti bruciate di altri tipi di alimenti possono formare altre sostanze nocive come: perossidi e idrocarburi policiclici aromatici dai grassi e ammine eterocicliche dalle carni e dai pesci: queste sostanze possono avere, negli anni, un effetto cancerogeno. Le verdure invece possono possono innescare la formazione di altre sostanze cancerogene come il benzopirene. Sembra però che le verdure grigliate siano meno esposte al pericolo di contenere molecole potenzialmente cancerogene, rispetto ad alimenti come carne e pesce cotti secondo lo stesso metodo di cottura, e anzi il loro consumo durante ad esempio una grigliata apporterà preziosi antiossidanti che contrastano l’effetto delle molecole tossiche.
E che vogliamo dire dei forni a legna ove non c’è garanzia sulla qualità della legna impiegata e sappiamo che influisce sull’alimento? Io evito sempre pizzerie con forno a legna primo perchè residui finiscono nella pizza e poi gli sbalzi di calore accentuano le possibilità di bruciature. Purtroppo trovare pizze preparate con cura e cotte senza bruciature è davvero difficile.