La presenza di Pfas nel latte materno è “preoccupante”. È questo il commento dei ricercatori americani che, in uno studio pubblicato su Environmental Science & Technology, hanno trovato queste sostanze in tutti i campioni di latte materno analizzati. E secondo gli scienziati questo significa una sola cosa: negli Stati Uniti, la contaminazione del latte materno è probabilmente “universale”. Una considerazione che si può facilmente estendere a tutti Paesi dove questi composti sono largamente impiegati. Ma anche un potenziale pericolo per tutti i neonati, non solo quelli delle aree più inquinate, come la “zona rossa” che in Veneto si estende tra le province di Vicenza, Verona e Padova a causa degli sversamenti dell’azienda Miteni.
I Pfas, infatti, sono una famiglia di 9 mila sostanze chimiche impiegate da decenni per la fabbricazione di numerosi prodotti. Tra di essi ci sono anche padelle antiaderenti e contenitori per alimenti. Nel tempo, però, questi composti sono stati associati a rischi per la salute, come tumori, malattie cardiovascolari e una ridotta risposta immunitaria. Si tratta inoltre di sostanze persistenti nell’ambiente e soggette ad accumulo negli organismi. Un’indagine della Regione Veneto nella zona inquinata aveva documentato problemi nello sviluppo del feto e complicazioni durante la gravidanza. Considerando che l’allattamento esclusivo al seno è raccomandato per i primi mesi di vita dei neonati, preoccupa l’idea che la loro unica fonte di cibo sia contaminata da queste sostanze e quali effetti possano avere sul loro sviluppo.
Nel nuovo studio, i ricercatori delle Università dell’Indiana e di Washington, insieme ai colleghi dell’associazione Toxic Free Future, hanno analizzato 50 campioni di latte materno alla ricerca di 39 diverse sostanze della famiglia dei Pfas. Tutti i campioni sono risultati contaminati, a livelli che vanno dalle 0,05 nanogrammi per millilitro di latte (ng/ml) a più di 1,85 ng/ml. Nel latte materno sono stati trovati 16 diversi composti, 12 dei quali presenti nella metà dei campioni testati.
Gli scienziati hanno trovato sia sostanze ormai in disuso per via della loro pericolosità, sia Pfas di nuova generazione. Ma mentre stanno calando i livelli di sostanze ormai in corso di dismissione come Pfoa (acido perfluoroottanoico) e Pfos (acido perfluoroottansolfonico) – i principali responsabili dell’inquinamento ambientale in Veneto –, confrontando i dati raccolti in tutto il mondo tra il 1996 e il 2019, si è scoperto che sta crescendo rapidamente la contaminazione causata dai nuovi composti.
“Non dovremmo trovare alcun Pfas nel latte materno – dichiara Erika Schreder, una delle autrici dello studio e responsabile scientifica di Toxic Free Future – e i nostri risultati evidenziano che è necessaria un’eliminazione più ampia per proteggere i neonati e i bambini piccoli durante le fasi più delicate della loro vita. Le mamme lavorano duramente per proteggere i loro figli, ma le grandi aziende usano nei loro prodotti queste e altre sostanze chimiche che possono contaminare il latte materno anche se sono disponibili alternative più sicure”
Nel 2020 l’Autorità europea per la sicurezza alimentare ha stabilito un nuovo limite per l’esposizione da Pfas attraverso il cibo, pari a 4,4 nanogrammi per chilogrammo di peso corporeo alla settimana. Una soglia che dovrebbe impedire un accumulo di Pfas nel corpo delle madri in allattamento tali da causare danni ai bambini. Ma è sempre Efsa a dirci che i bambini sono la fascia della popolazione più esposta a queste sostanze e che buona parte della popolazione europea supera il limite di sicurezza. “E questo è preoccupante”.
Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.
L’articolo dà una visione distorta della problematica concentrandosi sull’allattamento al seno.
In particolare questa frase “Considerando che l’allattamento esclusivo al seno è raccomandato per i primi mesi di vita dei neonati, preoccupa l’idea che la loro unica fonte di cibo sia contaminata da queste sostanze” è fuorviante. Il fatto che siano state trovate queste contaminazioni nel latte materno dimostra che la contaminazione ambientale è talmente diffusa che anche il latte in formula e gli altri alimenti non ne sono esenti.
È una notizia che ogni tanto ritorna…non so quante volte l’ho letta..Il latte materno è da sempre l’alimento ideale per il neonato.
se il latte artificiale non ne fosse esente avremmo degli articoli a riguardo. Me ne vuole linkare qualcuno?
ecco Andrea:
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/33065506/ questo mostra l’elevata concentrazione di PFOS nella formula, tanto più alta quanto il bambino assume solo quella.
Questo studio mostra che i PFAS sono spesso presenti, anche se non in alte concentrazioni, nel latte di mucca: https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/24704228/
invece quest’altro studio: https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S2215153216300344
ha trovato che queste sostanze sono presenti in modo pervasivo, sia nel latte materno, che nelle formule lattee per l’infanzia, che nel cibo per l’infanzia (cereali, omogeneizzati).
Basta andare sul motore di ricerca PubMed con parole chiave come PFAS, Breastmilk, Cow Milk, Formula milk ecc. e si trovano tantissimi articoli così.
Il fatto che si dia ampia pubblicizzazione e si scrivano articoli divulgativi solo sul latte materno e non sulle altre fonti nutritive dei lattanti non significa che questi studi non esistano (come ingenuamente sembri pensare), ma solo che i media fanno una scelta ben precisa su dove enfatizzare l’idea di rischio.
Cosa su cui meditare.