Padella con verdure e funghi a tocchetti su piastra a induzione, accanto a pomodori, peperoncini, cetriolo e erba cipollina

Come il tabacco e lo zucchero, anche nel campo della produzione delle sostanze perfluoroalchiliche, i famigerati Pfas, ci sono stati reiterati comportamenti truffaldini da parte delle aziende produttrici. Le quali, come quelle che vendevano sigarette e bevande zuccherate, disposte a tutto pur di continuare a incrementare le vendite, hanno consolidato abitudini che sarebbe stato poi complicato scardinare e hanno continuato a tenere nascosti dati molto preoccupanti, negando al tempo stresso che quelle 15mila sostanze, considerate perenni, potessero rappresentare un rischio per la salute umana.

Ma, come avvenuto per gli altri due ambiti, anche per gli Pfas è arrivato il momento della verità, dopo anni di polemiche roventi, cause legali, libri e perfino film che andavano tutti nella stessa, inequivocabile direzione: quella di effetti nocivi sempre più difficili da nascondere e negare. I ricercatori dell’Università della California di San Francisco hanno infatti appena reso noto, sugli Annals of Global Health, un’analisi di documenti rimasti segreti, quasi sempre interni e confidenziali, di due delle principali aziende produttrici di Pfas, i colossi DuPont e 3M, che coprono il periodo dal 1961 al 2006, donati all’università da uno dei protagonisti fondamentali di tutta la vicenda, l’avvocato Robert Bilott, il primo a intentare una causa contro i giganti della chimica e a vincerla. Bilott, sulla cui vicenda è stato realizzato anche il film Cattive Acque, ha dato tutta la documentazione raccolta ai produttori di un documentario, che a loro volta l’hanno donata agli esperti, affinché la analizzassero a fondo, e il risultato è un rapporto dal titolo esplicito: Il diavolo che conoscevano: analisi della documentazione chimica sull’influenza dell’industria nella scienza degli Pfas. Nello studio si dimostra molto chiaramente come le due aziende fossero in possesso sia di dati epidemiologici, sui dipendenti occupati nelle linee dedicate alla produzione di Pfas, sia di risultati ottenuti internamente su modelli animali, le cui conclusioni erano chiarissime.

Donna coni guanti preleva un campione d'acqua con una pipetta da un fiume o un lago; concept: inquinamento delle acque
L’avvocato Robert Bilott ha messo sotto i riflettori l’inquinamento da Pfas delle acque circostanti uno stabilimento produttivo

Tra i molti elementi emersi, eccone alcuni:

  • Già nel 1961 il responsabile del settore tossicologia di DuPont segnalava che il Teflon faceva ingrossare il fegato dei modelli animali a basse dosi e invitava a maneggiare la sostanza con estrema cautela, evitando assolutamente qualunque contatto con la pelle;
  • Nel 1970, un rapporto commissionato dalla DuPont a un laboratorio esterno concludeva che il C8, uno degli Pfas più usati, era tossico se inalato o ingerito a dosi molto basse, e in un altro, del 1979, lo stesso laboratorio affermava che alcuni cani erano morti due giorni dopo aver ingerito una singola dose di un altro tra i più comuni Pfas, il Pfoa;
  • Nel 1980, DuPont e 3M erano venute a conoscenza del fatto che due delle otto dipendenti incinte che lavoravano al C8 avevano dato alla luce bambini con malformazioni, ma non lo avevano detto a nessuno, donne comprese, e neppure avevano avanzato alcuna ipotesi di un legame; al contrario, pochi mesi dopo avevano dichiarato che non esistevano prove della pericolosità del C8 per il feto. Secondo la DuPont il C8 era stabile e sicuro come il sale da cucina, mentre a fronte di una contaminazione ambientale, nel 1991, l’azienda sosteneva ancora che non c’era alcun pericolo alle dosi rilevate.

Poco tempo dopo, in seguito a una serie di cause intentate tra il 1998 e il 2002, la stessa DuPont aveva sollecitato l’Agenzia per la protezione ambientale americana (Epa) a dichiarare (entro 24 ore) sicuro il Teflon, perché il Pfoa (acido perfluoro-ottanoico) che esso conteneva era una sostanza appunto sicura e bisognava fugare ogni timore dai consumatori.

Poi, nel 2004, la prima battuta d’arresto: l’Epa aveva condannato la DuPont a 16,4 milioni di dollari di multa per non aver reso noti i dati sulla pericolosità del Pfoa: inezie, se si pensa che quell’anno l’azienda aveva guadagnato un miliardo di dollari dagli Pfas. Ma qualcosa, in quel momento, è cambiato (e da allora sono state perse altre cause), al punto che oggi molti Paesi si stanno interrogando su come porre limiti all’utilizzo degli Pfas e come cercare di eliminarli dall’ambiente.

Uova strapazzate in padella antiaderente con paletta accanto a cartone delle uova
DuPont e 3M sapevano da decenni che gli Pfas, usati per esempio nella produzione del Teflon, sono pericolosi per la salute

L’Epa, dal canto suo, sembra fare eccezione: i suoi vertici, tutti nominati da Donald Trump e noti per essere, come l’ex presidente, interessati molto più agli affari che alla salute dei cittadini, hanno appena preso una decisione che riporta l’agenzia indietro di decenni. Come riferisce il Guardian, che da anni segue la vicenda degli Pfas con inchieste e reportage, l’agenzia sta consentendo di continuare a produrre contenitori – soprattutto per alimenti – in plastica pieni di Pfas all’azienda Inhance Technologies, che ha seguito le orme di DuPont e 3M mentendo ripetutamente e che è tutt’ora coinvolta in numerose cause e class action. Inhance produce circa 200 milioni di pezzi all’anno e, secondo diverse associazioni ambientaliste e di consumatori, lo fa trattando le plastiche con una vaporizzazione di derivati del fluoro che genera almeno nove diversi Pfas nel tempo, direttamente nella plastica, rilasciandoli nel contenuto: per esempio, concentrazioni elevatissime sono state trovate in contenitori per pesticidi e in generale si ritrovano nelle bottiglie di plastica, al punto che la stessa Epa ha richiesto procedure più controllate. Nel 2022 Inhance ha dichiarato di aver modificato il processo fino ad avere plastiche che rilasciano una quantità trascurabile di Pfas, prontamente smentita da uno studio dell’Università Notre Dame. Ma l’agenzia sembra non avere nessuna difficoltà a permettere che la stessa azienda continui a produrre plastiche che rilasciano Pfas.

Nel frattempo, mentre aumenta la lista di prodotti di largo uso in cui si trovano concentrazioni altissime di Pfas (tra le ultime: le lenti a contatto quotidiane e gli assorbenti), crescono anche gli studi che li associano a effetti negativi sulla salute, come quello sulla fertilità femminile.

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Emilio
Emilio
15 Giugno 2023 11:43

Ottimo articolo

michela
michela
Reply to  Emilio
15 Giugno 2023 16:51

manca però il rimedio, visto che li ingeriamo ogni giorno

Roberto
Roberto
Reply to  Emilio
30 Giugno 2023 11:18

@michela, il 1° rimedio sarebbe smettere di comprare padelle antiaderenti ed indumenti impermeabili, ma siamo disposti a farlo?

Gasparre
Gasparre
15 Giugno 2023 17:16

che siamo in mano a criminali

giova
giova
15 Giugno 2023 22:10

Neppure le associazioni di consumatori hanno provato ad approfondire e così siamo rimasti nel dubbio sull’uso e la salubrità di questi materiali, nonostante alcuni – pochi e fuori dal coro – gridassero la pericolosità di questi rivestimenti. Inascoltati, forse troppo complicato raggiungere delle certezze scientifiche come quelle esposte in questo interessante articolo.

gianni
gianni
17 Giugno 2023 16:14

Basterebbe scorrere l’elenco dei moltissimi campi di applicazione per capire l’enorme forza di chi sostiene i pfas di fronte a cui gli oppositori quasi scompaiono.
Inoltre anche chi è convinto che sia male non può fregiarsi del titolo di non-utilizzatore di oggetti che lo contengono tanto pervasiva è la presenza.
Le implicazioni, sopra e sotto le righe delle denunce sono enormi ma i messaggi di allarme non passano tuttora, un allarme quieto e lento, da bradipi.
Bruttissimo messaggio ma così vanno le cose umane.

Paola Iacumin
21 Giugno 2023 18:57

Ma allora ci vogliono tutti ammalati??

gianni
gianni
23 Giugno 2023 13:13

https://grist.org/health/3m-reaches-historic-settlement-over-pfas-contamination/

3M raggiunge un accordo storico sulla contaminazione da PFAS
1 americano su 20 ha le “sostanze chimiche per sempre” nell’acqua potabile.
Il nuovo accordo da 10,3 miliardi di dollari darà il via al processo di pulizia.

Non è vero che non si fa nulla…….ma con calma e mi piacerebbe essere tra i controllori dei risultati della pulizia.

Maria Grazia
Maria Grazia
1 Luglio 2023 09:55

Ottimo lavoro, grazie grazie grazie.

panzironi claudio
panzironi claudio
1 Luglio 2023 12:08

Va bene, allora cosa facciamo? Torniamo a friggere nelle vecchie padelle in ferro? Così incrementiamo i profitti dei produttori di statine? Acquistiamo tutti friggitrici ad aria? Voglio dire che denunciare non è sufficiente: occorre anche esser chiari nel fornire valide alternative ivi compresa la raccomandazione di un uso oculato e responsabile e non una demonizzazione tout court che, immancabilmente, spinge poi verso altre abitudini altrettanto nocive.

Cecilia
Cecilia
Reply to  panzironi claudio
1 Luglio 2023 21:02

Basta usare le vecchie padelle di ferro della nonna! Ottime! Oppure usare le wok che di olio ne hanno poco bisogno!

franco
franco
2 Luglio 2023 15:27

bene l’info, penso però che tutto questo andrà a finire come i prosciutti crudi non a norma,
domanda, li abbiamo mangiati tutti lo stesso?

Lucia Ferro
Lucia Ferro
3 Luglio 2023 15:48

Di assorbenti ce n’è di tanti tipi. Contengono tutti pfas? Sarebbbe utile specificarlo.